Con la consueta penna intelligente e acuminata, nel francobollo di carta dell’Amaca sul quotidiano “la Repubblica” del 19 febbraio 2015, Michele Serra lancia un appello per l’adesione alla campagna “dillo in italiano”, appoggiata su “Internazionale” da Anna Maria Testa e su “La Stampa” da Massimo Gramellini.
Si tratta di una petizione da firmare i cui riferimenti si trovano su change.org e #dilloinitaliano.
L’oggetto? L’attacco che oggi conosce la lingua italiana, corrosa da fuoco sia nemico che amico. Il primo è l’uso di un facsimile di inglese, abborracciato e spesso non necessario; il secondo è l’aggressione (“più subdola e forse più pericolosa”, commenta Serra) portata dal macchiettistico ripiegamento vernacolare, soprattutto romanesco, nettamente percepibile perfino nei palinsesti Rai, fino a non molto tempo fa forte baluardo del corretto parlare, nella forma e nella grammatica. Un ripiegamento “ciabattone”, chiosa Serra, “che mortifica la lingua che ci ha resi (tra gli ultimi in Europa) liberi e moderni” e che “ha significato, per generazioni di italiani usciti dall’ignoranza e dalla subalternità, conquistare dignità culturale e identità nazionale”.
L’attuale sciatteria dialettizzante di questo selvaggio italiano “local” è lontana anni luce dalla coscienza con cui, invece, alcuni poeti del ‘900 hanno elevato l’uso che delle parlate periferiche e autenticamente popolari. I nomi e gli esempi non mancano e a farne alcuni è lo stesso Serra. “Il friulano di Pasolini – dice – o il romano di Trilussa o il gradese di Biagio Marin avevano dignità di lingue”. Scrittori bilingui che poi, quando ricorrevano all’italiano, erano di una adamantina purezza e semmai temevano (soprattutto Pasolini, nella conferenza Nuove questioni linguistiche, in “Rinascita”, 26 dicembre 1964) l’appiattimento di un italiano omologato e tecnologico, funzionale alla sola comunicazione, privo di espressività creativa e dunque di libertà.
Da meditare, insomma, anche perché “ogni volta che affiora, in un modo o nell’altro, la questione della lingua, significa che si sta imponendo una serie di altri problemi”. Parola, in questo caso, di Antonio Gramsci (Quaderni dal carcere, Quaderni 29, § 3). (af)
[info_box title=”Michele Serra Errante” image=”” animate=””]poliedrico giornalista e scrittore satirico, nato il 10 luglio del 1954 a Roma e trasferitosi a Milano a soli cinque anni, dopo la maturità classica al liceo “Manzoni” si iscrive alla facoltà di Lettere Moderne, interrompendo gli studi al terzo anno. Nel frattempo inizia a lavorare per l'”Unità” (ai tempi quotidiano del Partito Comunista Italiano) come dimafonista. Quindi, viene nominato dapprima redattore e poi inviato sportivo, non disdegnando, peraltro, di occuparsi di spettacoli. Serra raccoglie l’eredità del famoso corsivista Fortebraccio (lo pseudonimo con cui scriveva Mario Merloni), e mostra una penna brillante, oltre che una notevole ecletticità: spazia con eguale disinvoltura dalle recensioni discografiche alle interviste, dalle rubriche sportive alle note politiche, dalle cronache ai commenti corrosivi, senza tralasciare appunti di viaggio come quelli che vengono poi raccolti nel volume Tutti al mare (Feltrinelli 2003), un resoconto di un giro delle coste della nostra Penisola a bordo di una Fiat Panda. Dal 1997 scrive su “la Repubblica” e dal 2002 anche sull’”Espresso”. In passato ha collaborato a molte testate, tra le quali “Epoca” e “Panorama”.
Come autore, ha scritto testi teatrali per Antonio Albanese, Luca De Filippo, Beppe Grillo, Claudio Bisio, Milva, Davide Riondino e Andrea Brambilla. In televisione ha lavorato con Adriano Celentano, Gianni Morandi, Luciana Littizzetto e molti altri artisti. E’ anche co-autore della trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”.
Tra i libri pubblicati, Il ragazzo mucca (1997), Il nuovo che avanza (1989), Cerimonie (2002), Poesie per incartare l’insalata (1993), Canzoni politiche (2000), Tutti al mare (1986), Che tempo fa (1999), Tutti i santi giorni (2006), Breviario comico. A perpetua memoria (2008), L’assassino (2013), Gli sdraiati(2013).
La madre del mostro (2007) è il suo primo libretto d’opera, ma non la prima collaborazione per il teatro musicale. Michele Dall’Ongaro ha musicato il suo racconto Jekyll (1995). Marco Tutino ha realizzato, su testi di Serra, il melologo Peter Uncino (2001).[/info_box]