Una “Mancanza” di Valerio Magrelli per ricordare Pasolini

di Matteo Bianchi

www.lanuovaferrara.gelocal.it/ – 5 novembre 2013

Su “La Nuova Ferrara.gelocal.it” del 5 novembre è uscito un inedito in versi del poeta romano Valerio Magrelli, scritto per celebrare l’anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini, poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano. A margine, un interessante commento di Matteo Bianchi.

Valerio Magrelli
Valerio Magrelli

Facevano rumore, quei vicini,
per darvi l’impressione di mangiare,
di avere qualche cosa da mangiare.

E maneggiavano piatti, scodelle,
e urtavano bicchieri, spostavano posate,
scintillanti, pulite, come nuove.

Che atroce scena fu quella in cui tuo padre
piombò per sbaglio a casa loro, scoprendo
la nudità del pasto, l’amarezza
di un cibo chiamato MANCANZA.

Nato a Bologna il 5 marzo del 1922, dopo avere vissuto nella capitale per venticinque anni, che per lui divenne rifugio e al contempo bacino fecondo di scambi artistici e d’ispirazione sociale, Pasolini morì di morte violenta al Lido di Ostia, il 2 novembre del ’75. La fine di una vita che oggi, 2 novembre 2013, ricorda e commemora tutte le altre.
E proprio Moravia l’indomani commentò costernato: “La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile”.
Sebbene non l’abbia mai conosciuto, Valerio Magrelli ha composto l’inedito lasciandosi trasportare e coinvolgere da Uccellacci e uccellini (1965). Girato a seguito di pellicole importanti, quali Accattone, Mamma Roma, Il Vangelo secondo Matteo e La ricotta, Pasolini qui insisteva nella rappresentazione dell’abisso percepito tra borghesia e proletariato, denunciando le miserie e la corruzione morale della prima e dando risalto alla povertà del secondo. Sentendosi sempre più vicino alle classi umili dei luoghi dove aveva vissuto, intravedeva una salvezza negli strati sociali più bassi, nella loro esistenza pulita.
A ciò si aggiunse la crisi del marxismo degli anni Cinquanta – ora sulla cresta dell’attualità – a vantaggio di un capitalismo industrializzato e volto al progresso, che il regista subì e rimpianse. Uccellacci e uccellini appartiene alla categoria definita film della crisi che, del ripensamento e ripiegamento ideologico-politico successivo alla morte di Togliatti, fa il tema specifico. Oltre all’originalità della sua realizzazione per la formula che lo contraddistingue, secondo le stesse parole del regista, propria della favola ideo-comica, che tramite un surrealismo allegorico e allusivo cela ciò che si rivela come il senso dell’intera ripresa.
Dunque, procedendo per immagini simboliche alla maniera di un poeta, si associa parallela la lirica di Magrelli che, senza la minima ombra di ironia, tanto meno di sarcasmo, restituisce valore a una concezione di dignità travisata dai soggetti in scena: si apre su un episodio familiare narratogli dall’amica poetessa Lidia Riviello e, dall’“impressione”, dall’apparenza di avere cibo della prima terzina, scende per mezzo degli oggetti tanto freddi quanto “scintillanti” nell’“atroce scena” dell’ultima quartina, “la nudità del pasto” e la conseguente “amarezza” di chi ne prende coscienza.
Un sonetto capovolto, che inizia nell’attimo in cui vorrebbe finire, che manca del respiro conclusivo e decide di tacere per rispetto.
Una “Mancanza” – ultima parola e quindi la più incisiva per tradizione – di sostanza “da mettere sotto i denti”, ma anche di sostanza interiore con cui sfamarsi e insieme essere appagati tra gli affetti familiari.
Magrelli, immedesimandosi nell’osservatore, il padre della Riviello, si svincola dalla finzione dei suppellettili sulla tavola imbandita, delle movenze rituali, che pesa ben due terzine. A proposito, dalla sua rosa poetica, Pasolini avrebbe aggiunto: “… Io devo difendere / questa enormità di disperata tenerezza / che, pari al mondo, ho avuto nascendo”.
La coerenza e l’integrità di pensiero dell’intellettuale bolognese, congiunte a una libertà espressiva senza remore né timori, gli costarono denunce e processi. Specialmente nei confronti di quella borghesia ipocrita e conformista, superficiale e materialista, che condannò ripetutamente nelle sue opere: “Ho passato la vita a odiare i vecchi borghesi moralisti, e adesso, precocemente devo odiare anche i loro figli …” (alla tavola rotonda organizzata dall’”Espresso”, il 16 giugno 1968). Tant’è vero che l’accanimento contro la sua persona per favoreggiamento, oscenità e vilipendio alla religione di stato lo amareggiò nel profondo.
Negli anni Settanta Pasolini difese a spada tratta l’omosessualità dal ricatto morale, mentre fu contrario al divorzio e all’aborto, e per il 15° congresso del Partito Radicale dichiarò: “Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso; a scandalizzare; a bestemmiare”.
Un radicale anomalo, senza tessera né padrone, un protestante in senso universale, che avrebbe salvato il mondo a suo modo, da uomo. Il culmine della violenza ignorante nei suoi confronti avvenne con il suo brutale assassinio; infatti fu percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’idroscalo di Ostia.

[info_box title=”Valerio Magrelli” image=”” animate=””]è nato a Roma nel 1957. Traduttore e saggista, è ordinario di Letteratura francese all’Università di Cassino. Ha pubblicato Ora serrata retinae (Feltrinelli, 1980), Nature e venature (Mondadori, 1987), Esercizi di tipologia (Mondadori, 1992). Le tre raccolte, arricchite da versi successivi, sono poi confluite nel volume Poesie (1980-1992) e altre poesie (Einaudi 1996). Sempre per Einaudi sono usciti Didascalie per la lettura di un giornale (1999) e Disturbi del sistema binario (2006). Fra i suoi lavori critici, Profilo del dada (Lucarini 1990, Laterza 2006), La casa del pensiero. Introduzione all’opera di Joseph Joubert (Pacini 1995, 2006), Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry (Einaudi 2002, L’Harmattan 2005) e Nero sonetto solubile. Dieci autori riscrivono una poesia di Baudelaire (Laterza 2010). Ha diretto per Einaudi la serie trilingue della collana «Scrittori tradotti da scrittori». Tra i suoi lavori in prosa: Nel condominio di carne (Einaudi 2003), La vicevita. Treni e viaggi in treno (Laterza 2009), Addio al calcio (Einaudi 2010), Il Sessantotto realizzato da Mediaset (Einaudi 2011), Geologia di un padre (Einaudi 2013). È fra gli autori di Scena padre (Einaudi 2013). Nel 2014 ha pubblicato per Einaudi la raccolta di poesie Il sangue amaro. Nel 2002 l’Accademia Nazionale dei Lincei gli ha attribuito il Premio Feltrinelli per la poesia italiana. Collabora alle pagine culturali di «Repubblica» e tiene una rubrica sul blog “il Reportage”.[/info_box]