Il 21 marzo 1956 l’Academy Awards assegnò per la prima volta a un’italiana l’Oscar come miglior attrice protagonista. Era Anna Magnani, per la sua interpretazione di Serafina Delle Rose nel film La rosa tatuata. Dell’attrice più intensa, popolare, complessa e “vera” del nostro cinema ecco un ritratto firmato da Francesca Amè per www.vanityfair.it del 21 marzo 2016, sessant’anni dopo il prestigioso riconoscimento d’oltreoceano.
Anna Magnani, 60 anni da Oscar
di Francesca Amè
www.vanityfair.it – 21 marzo 2016
Il 21 marzo 1956, esattamente sessant’anni fa, l’Academy Awards assegnò per la prima volta a un’italiana l’Oscar come miglior attrice protagonista: era Anna Magnani. La sua intensa interpretazione di Serafina Delle Rose nel film La rosa tatuata, con Burt Lancaster, aveva lasciato a bocca aperta gli americani. Per lo stesso ruolo, si aggiudicherà anche un BAFTA e un Golden Globe. «In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonati a un essere umano», si legge sulla stampa americana dell’epoca. La «Divina» – così la chiamava il Time – non andò a ritirare la statuetta, ma dalle foto nei giorni successivi, con il prestigioso riconoscimento in mano, si vede una gioia fiera in quei suoi occhi intensi.
Carriera fulminante, quella di Anna Magnani. Costruita grazie a un considerevole talento naturale, smaniosa dedizione, qualche scelta sbagliata (la rinuncia al ruolo della Ciociara, che andrà alla Loren e le varrà l’Oscar nel ’62) e tormentate storie sul set. La sua relazione con Roberto Rossellini, che con Roma città aperta, nel ’45, siglò il capolavoro del Neorealismo Italiano e cucì addosso alla Magnani il personaggio della Sora Pina “mater dolorosa del Dopoguerra”, vale da sola un romanzo. I rotocalchi dell’epoca si contendevano le battute e le foto del tira-e-molla tra l’attrice e il regista ormai invaghito, sul set di Stromboli, di Ingrid Bergman.
E se ad alcuni grandi uomini Anna Magnani deve il riconoscimento del suo talento – Totò, ad esempio, con cui a lungo lavorò e poi Vittorio De Sica, primo a capire che a quella ragazzetta bruna dagli occhi enormi andava data una parte drammatica – da molti uomini Anna Magnani è stata colpita nella vita privata.
A parte il plateale voltafaccia di Rossellini, anche il padre del suo unico figlio Luca, l’attore Massimo Serato, l’abbandona quando è ancora in dolce attesa. Ma Anna Magnani è una che cade in piedi: sarà una delle pochissime donne della sua generazione a pretendere e ottenere di dare il suo cognome al bambino. Anni prima, nel 1908, alla sua nascita, sua madre aveva fatto lo stesso con lei.
La Bellissima di Luchino Visconti, sola attrice della sua generazione a non voler nascondere le rughe, non ebbe un’infanzia facile: cresciuta dalla nonna mentre la madre cercava di rifarsi una vita ad Alessandria d’Egitto, non riuscì mai davvero a recuperare il legame materno. Nell’età adulta questo bisogno di farsi accettare, un misto di possessività e tenerezza, non le ha risparmiato incomprensioni, anche sul set: come quelle con l’amico Pier Paolo Pasolini durante le riprese di Mamma Roma (’62) per non parlare delle ripicche con Giulietta Masina Nella città dell’inferno di pochi anni prima.
Anna Magnani, l’attrice le cui stella brilla anche sul “Walk of Fame” di Los Angeles, la donna che avrebbe sognato tredici figli da crescere nell’agro romano, la Nannarella indimenticabile per quella bellezza così vissuta, così intensa, così naturale, apparve sul grande schermo per l’ultima volta in un cameo di Roma di Federico Fellini: c’è lei, con la sua inconfondibile chioma scura, che attraversa i vicoli di Roma, dolente e potente allo stesso tempo.
Era il ’72 e l’anno dopo l’attrice sarebbe morta per un tumore al pancreas, assistita dal figlio e dal ritrovato Roberto Rossellini. Intensa e magnifica, popolare e vera, complessa e indecifrabile: nessuna più di lei ha interpretato meglio il suo essere una «donna di Roma».