Pasolini e i “Banditi di Cutro”, una storia di ostilità e di riconciliazione

Pasolini e i “Banditi di Cutro”, una storia di ostilità e di riconciliazione

www.ilquotidianodellacalabria.it / 10 febbraio 2014 – 22 luglio 2012

Nel 1959  tra Pierpaolo Pasolini e la comunità di Cutro si accese una furibonda contesa, che  finì in una querela per diffamazione, poi archiviata nel 1962. Tutto si era originato dal contenuto del reportage pasoliniano  La lunga strada di sabbia in cui i cutresi, definiti “banditi”,  avevano ravvisato pesanti elementi diffamatori nei loro confronti ed erano perciò passati alle vie legali di fatto. Quando Pasolini scese in Calabria nello stesso 1959 per il Premio “Città di Crotone”, non mancò tuttavia di incontrare un gruppo di intellettuali cutresi, che avevano chiesto un chiarimento. Ecco il racconto di un testimone di quell’incontro, Luigi Chiellino, reso durante una una conferenza a Cutro di cui dà resoconto il giornalista Antonio Anastasi (“Il quotidiano della Calabria”, 10 febbraio 2014).

Il reportage "La lunga strada di sabbia", ed. Contrasto 2005
Il reportage “La lunga strada di sabbia”, ed. Contrasto 2005

Il tratto caratterizzante della relazione su Pierpaolo Pasolini e i “Banditi di Cutro”, fatta da Luigi Chiellino nell’ambito dei corsi di storia locale promossi dall’università popolare Mediterranea e dal laboratorio culturale “Il Paese”, è stato quello della testimonianza. Perché Chiellino fu testimone diretto del chiarimento che Pasolini ebbe con un gruppo di giovani intellettuali cutresi ai quali fu spiegato che “banditi” voleva dire emarginati. Chiellino partecipò pure al servizio d’ordine organizzato dalla Fgci per scongiurare eventuali aggressioni allo scrittore in occasione del Premio “Città di Crotone” consegnatogli tra le polemiche per il romanzo Una vita violenta. La cerimonia si tenne, nel 1959, al cinema Ariston di Crotone. Era l’anno in cui la querelle infuriava.

A novembre di quell’anno, infatti, il sindaco di Cutro, Vincenzo Mancuso, su incarico del consiglio comunale, aveva querelato Pasolini per diffamazione a mezzo stampa. L’articolo “incriminato” dalla giunta Dc-Msi era contenuto nel reportage La lunga strada di sabbia, pubblicato dal periodico milanese “Successo” due mesi prima. Di Cutro Pasolini aveva scritto: «a un distendersi delle dune gialle, in una specie di altopiano, […] è il luogo che più m’impressiona di tutto il lungo viaggio. E’, veramente, il paese dei banditi, come si vede in certi westerns. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa,  che siamo fuori dalla legge, o, se non dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello». Ed ecco, immediato, l’esposto: «La reputazione, l’onore, il decoro, la dignità delle laboriose popolazioni di Cutro sono stati evidentemente e gravemente calpestati». La vicenda giudiziaria finì in una bolla di sapone con la dichiarazione di non luogo a procedere pronunciata nell’aprile 1962 dal Tribunale di Milano.

Ecco come Chiellino, ex docente di lettere in pensione, ex sindaco comunista di Cutro, ex segretario provinciale dei Ds, nel gremito auditorium della scuola primaria Di Bona, ha ricordato i fatti. «Alla premiazione dello scrittore partecipammo in massa a Crotone nel cinema Ariston. Soltanto Leonida Repaci, componente della giuria, criticò il romanzo per l’eccessivo uso del dialetto romanesco, ma il giudizio complessivo fu positivo, testimoniato da un lungo applauso del pubblico». Qualche giorno dopo, «lo scrittore venne a Cutro per conoscere gli studenti – ha ricordato ancora Chiellino – rimanendo sorpreso per il calore umano e per l’adesione alle sue tesi. Gli facemmo vedere alcuni rioni e lui, rimanendo colpito dalla via Longa, promise di dedicarle una poesia. Alcuni di noi lo sentirono sussurrare i primi versi: “Ogni metro una porta”. Ci diede in omaggio con dedica il libro premiato». Una copia del romanzo con la dedica l’hanno conservata tutti gelosamente, i ragazzi del ’59. E nella loro memoria riecheggia l’espressione pronunciata dal poeta durante quella passeggiata in via Longa, una striscia di case basse con gli esterni in calce bianca, le une attaccate alle altre. «Via Longa, ogni metro una porta». A sottolineare la peculiarità della testimonianza sono intervenuti Maurizio Mesoraca, presidente dell’Upmed, Gino Camposano, del laboratorio “Il Paese” e  Salvatore Migale, sindaco di Cutro.

Cutro - Chiesa Madre
Cutro – Chiesa Madre

Su questa poco nota vicenda “Il quotidiano della Calabria” era già intervenuto, pubblicando il 22 luglio 2012 la lettera inedita che Pasolini scrisse il 1^ ottobre 1959 a Pasquale Nicolini, ufficiale sanitario di Paola (Cosenza) che con garbo gli aveva chiesto spiegazione dei suoi giudizi negativi sulla Calabria.  In particolare, parlando di Cutro, Pasolini aveva scritto infatti  che  «è veramente il paese dei banditi, come si vede in certi film westerns. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello». Di pari garbo, ma perentoria  fu la risposta dello scrittore, di cui riportiamo alcuni stralci.

“I banditi mi sono molto simpatici. Quindi da parte mia non c’era la minima intenzione di offendere i calabresi e Cutro. Comunque, non so tirare pietosi veli sulla realtà: e anche se i banditi li avessi odiati non avrei potuto fare a meno di dire che Cutro è una zona pericolosa, ancora in parte fuori legge: tanto è vero che i calabresi stessi, della zona, consigliano di non passare per quelle famose “dune giallastre” durante la notte. Quanto alla miseria, non vedo perché ci sia da vergognarsene. Non è colpa vostra se siete poveri ma dei governi che si sono succeduti da secoli, fino a questo compreso. E quanto ai ladri, infine: non mi riferivo particolarmente alla Calabria, ma a tutto il sud. Sono stato derubato tre volte: a Catania, Taranto e Brindisi.   […] Questi sono dati della vostra realtà: se poi volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Mi dispiace dell’equivoco: non si tiene mai abbastanza conto del vostro “complesso di inferiorità”, della vostra psicologia patologica, della vostra angesi o mania di persecuzione. Tutto ciò è storicamente e socialmente giustificato. E io non vi consiglierei di cercare consolazioni in un passato idealizzato e definitivamente remoto: l’unico modo per consolarsi è lottare, e per lottare bisogna guardare in faccia la realtà. Lei è persona degna di ogni rispetto e anche affetto e, come tale, cordialmente la saluto”.