“Pasolini alla casa della madre”: reportage della vernice

Un bel reportage di immagini è stato realizzato da Mario Arpaia, amico barese del Centro Studi Pasolini di Casarsa e responsabile dell’Associazione “Memoria Condivisa”, durante l’affollata vernice della mostra di fotografie di Letizia Battaglia Pasolini alla casa della madre, inaugurata a Casa Colussi sabato 31 gennaio 2015. Una galleria di scatti che documentano il clima di sincerità umana e di partecipazione emotiva alla manifestazione, in sintonia con le intense parole che Letizia Battaglia ha scritto per il catalogo dell’esposizione e che sono state lette per l’occasione.
Le riportiamo qui di seguito, insieme ai link in cui le foto di Arpaia sono visibili.

La vernice della mostra documentata dalle foto di Mario Arpaia:
https://www.flickr.com/photos/22523260@N04/sets/72157648342190144/

Link su Youtube al documentario “Letizia Battaglia. Amore amaro” dedicato alla fotografa palermitana da SkyArte HD:
https://www.youtube.com/watch?v=uYvQ0z4Sq58

La copertina del catagolo della mostra "Pasolini alla casa della madre. Foto di Letizia Battaglia" (CSPPP, 2015)
La copertina del catagolo della mostra “Pasolini alla casa della madre. Fotografie di Letizia Battaglia” (CSPPP, 2015)

Nella casa della madre
di Letizia Battaglia

Ero sola, una emigrata palermitana tra gente sconosciuta, milanese, con una macchina fotografica  al collo, dai congegni misteriosi, e l’ardire di pormi davanti alla grandezza, di fotografarla e di portarmela  a casa. Scattai. La mia macchina  era rumorosa, disturbavo, Non usai neanche tutto il rullino, diciassette diciotto scatti. Poco sicura della luce, del  diaframma, del tempo. Poco sicura di tutto.
Ero uscita da casa ansiosa di vedere Pier Paolo Pasolini, di ascoltarlo, magari di toccarlo. Niente mi divideva da lui, né ideologie né pregiudizi. Lo amavo e basta. Non avevo letto tutto di lui, non avevo ancora visto tutti i suoi film. Non frequentavo partiti con ideologie precise. Non sapevo neanche il motivo del mio amore.  Lo sentivo grande, umanissimo, giusto. Era questo suo modo di essere giusto che ha segnato il resto della mia vita, che ha scandito le mie scelte.
Nella sala affollatissima alcuni  sbraitavano. Lo rimproveravano, lo accusavano di immoralità, di tradimento. Lui era come racchiuso dentro una corazza, gli occhi tristi e seri.
Ero giovane, allora, e non ero ancora fotografa. Lo era invece Santi, il mio compagno,  che non volle fotografare perché non gli piaceva la  luce né la situazione estetica nel suo insieme.
Quasi quaranta anni dopo, ritrovo questi negativi,  faccio stampare le foto, alcune sono sfocate o mosse, che importa, parto e vado a cercarlo ancora una volta. Non mi inginocchio dinanzi alla sua tomba, rimango immobile, soltanto una carezza, i battiti del cuore a mille. Giro per il paese, la casa dove sono ospitate le sue cose è chiusa. Scatto ancora e torno a Palermo.
Nel 2013, in un momento di pausa e di riflessione, ritorno a lui.  Ho quasi ottanta anni ed i battiti del mio cuore vanno ancora a mille. Lo amo ancora e gli sono grata. E così inizio con lui, proprio con lui, la mia serie degli “Invincibili”. Tutti coloro che hanno reso me, Letizia, invincibile. O quasi. Sto molto attenta a trovare gli altri perché essi  devono  essere assolutamente alla sua altezza. Ezra Pound, Joyce, Freud, Gesù di Michelangelo diciassettenne, Che Guevara …
Ecco, ora, dopo il tumulto di una vita intera, tutto ritorna a posto. Il mio Pasolini ritorna a casa, nella casa della madre, e a lei lo consegno.

Palermo, 25 luglio 2014