Memorandum: al “Laceno d’Oro” (1962) Premio a Franco Citti per “Accattone”

La scomparsa di Franco Citti (14 gennaio 2016) ha fatto rinverdire un lontano episodio del 1962, quasi dimenticato. Allora, per la prima volta nella sua carriera, Citti ricevette il premio come Miglior Attore per la sua memorabile interpretazione in Accattone al Festival del Cinema Neorealista “Laceno d’Oro” che, fondato dai due visionari pionieri cinefili Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio, aveva trasformato la zona  dell’Irpinia e di Avellino in una vetrina di punta del cinema d’impegno, degna di Venezia o di Cannes. Rosaria Carifano ricorda quei fatti, non senza una punta di rammarico per  lo smorzarsi di quella esaltante  stagione irpina, documentabile anche nel saggio curato da Paolo Speranza, Cominciammo con Pasolini (Mephite, 2006), da cui provengono le citazioni contenute nell’articolo.

“Accattone” al Laceno d’Oro: quel premio a Citti nell’Irpinia che guardava oltre
di Rosaria Carifano

www.irpiniafocus.it – 16 gennaio 2016

È il 1962 e all’inizio di settembre il giornalista Alfonso Salvo della testata “Il Corriere dell’Irpinia” pubblica il suo resoconto dell’appena trascorso Festival del Cinema Neorealista “Laceno d’Oro”, che ha soli 4 anni di vita ma già fa parlare di sé oltre i confini locali. Il 12 agosto, la mattina dopo le premiazioni, che in parte si sono tenute ad Avellino, Franco Citti ha già lasciato la nostra provincia portando con sé la targa come Miglior Attore per Accattone di Pier Paolo Pasolini, il primo riconoscimento ufficiale per la sua interpretazione.
Citti è morto il 14 gennaio di quest’anno, dopo 80 primavere e una lunga carriera in campo artistico ma, quando il maestro corsaro lo vuole come protagonista del suo esordio dietro la macchina da presa, è “solo” un muratore. Un ragazzo di borgata col volto segnato dalla fatica, le mani callose e i vestiti sempre sporchi di calce o pittura. Tragico ed espressivo: perfetto perché l’idea che Pasolini vuole affidare alla pellicola del destino delle classi del sottoproletariato si faccia carne.

Avellino
                                                                                                 Avellino

La voce di Accattone, infatti, sarà doppiata dal professionista Paolo Ferrari. Ma gli occhi, le rughe, il sorriso beffardo, sono del corpo di Citti, che non deve interpretare altro che tutta l’esperienza della sua vita fino a quel momento. E sarà per merito di quel corpo, anzi, di quei corpi brutalmente veri che Pasolini ha reso poesia che il film, contestato, censurato ed escluso dalla competizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, vincerà il Globo di Cristallo al Festival internazionale del cinema di Karlovy Vary, in Repubblica Ceca.
I primi a riconoscere il valore di quel lavoro e di quell’interpretazione “muscolare” in un’Italia che badava soltanto alla forma e alla quale interessava più lo scandalo che l’approfondimento, furono Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio. Fu il “Laceno d’Oro”, quella kermesse cinematografica voluta nella periferia del Sud. Insieme a Citti, quell’anno vengono premiati il regista Alfredo Giannetti e l’attore Nino Castelnuovo per Giorno per giorno disperatamente e l’attrice Daniela Rocca per Divorzio all’italiana di Pietro Germi.
Salvo racconta della stazione di Napoli (punto d’arrivo degli ospiti del festival perché, si sa, la carenza di trasporto pubblico decente in Irpinia è storia antica) piena di paparazzi e flash; della hall “Jolly Hotel” di Avellino crocevia di vip; delle telefonate fatte dalla redazione a tarda ora perché le star vengono avvistate nei Caffè della città. Il capoluogo irpino brulica di protagonisti del cinema che non rinunciano alla “dolce vita” notturna fatta di cognac, whiskey, abbracci, fiori e giri in “Giulietta”.
«La premiazione è avvenuta all’una di notte, al Tennis Club – scrive il giornalista – Presenti: quaranta giornalisti ed inviati speciali, radio e televisione. […] È stata una soirée coi fiocchi: gran gala. Qualcuno, poi, per essere in carattere col tono neorealista della manifestazione, si è presentato in casacca dorée e foulard bleu: scandalo! Una tenuta tutta cinema parisien, fra mille smoking e decolletés, che ha suscitato polemiche e dibattiti dentro e fuori il circolo».
Perché, anche se è difficile crederlo, c’è stato un tempo in cui Avellino e l’Irpinia, grazie al progetto di due visionari illuminati, sono state La Mecca del cinema di qualità. Crogiuolo e punto di incontro di idee e volti, restituiti all’esterno con pagine di reportage che ammiccano a cronache mondane quasi degne di Wolfe e Capote.
Adesso l’Accattone non c’è più. Ha dovuto affannosamente farsi spazio nelle commemorazioni, quasi schiacciato dalle più famose dipartite di personaggi del calibro di Bowie e Rickman che hanno, giocoforza, monopolizzato la gara al coccodrillo 2.0 più strappalacrime.
Ma non c’è più neanche quell’Irpinia capace di volare alto e di rischiare, di riconoscere il bello oltre le apparenze, di lottare per migliorare e migliorarsi. Non c’è se non in quei pochi e faticosi tentativi di qualche testardo sognatore.
Nessuno più ricorda quei momenti in cui a tenere banco nei dibattiti era la “polvere di stelle” e non lo sforamento della soglia d’inquinamento. Nessuno ha ricordato che il glorificato post-mortem Franco Citti, trovò qui il primo, giusto riconoscimento nonostante fosse agli esordi.
E guardando quelle vecchie foto in bianco e nero a testimonianza di ciò che è stato e poteva essere, scatti rubati ad un momento di grandezza tuttora non totalmente compreso, resta solo l’amaro in bocca di chi abita una terra capace di essere stata precorritrice dei suoi tempi quando la tradizione aveva un peso specifico enorme e che adesso, quasi immobile, sa solo arrancare e accontentarsi delle briciole che le beghe politiche ci lasciano e che non placano la fame, ma bastano a sedare la voglia di combattere. Oggi, tristemente, gli “accattoni” siamo noi.

[idea]Nota[/idea]
Le citazioni sono tratte dal testo Con Pasolini cominciammo, a cura di Paolo Speranza, Mephite 2006.