Il 13 maggio 2016, alle 21, per l’organizzazione di Piccolo Cinema America e Fondazione Cinema Roma, è stato proiettato a Roma su grande schermo sistemato sul monte Ciocci il film di Ettore Scola Brutti, sporchi e cattivi, premio per la miglior regia al Festival di Cannes del 1976. Una proiezione suggestiva anche perché il film ha permesso un confronto con le immagini reali, visto che il luogo è lo stesso scelto da Scola per l’incontro tra Giacinto Mazzatella, emigrato pugliese, cinico boss della borgata romana, e la prostituta Iside, interpretati rispettivamente da Nino Manfredi e Maria Luisa Santella. L’occasione ha dato modo di rinverdire anche il poco noto rapporto tra Scola e Pasolini, cui la tragica morte impedì di girare una sua personale introduzione al film, come ricorda Maria Pia Fusco in un articolo apparso sull’edizione romana di “Repubblica” del 9 maggio 2016.
“Brutti, sporchi e cattivi”, la Roma di Scola e PPP
di Maria Pia Fusco
http://roma.repubblica.it – 9 maggio 2016
Il confronto tra le immagini sullo schermo e quelle reali è anche l’occasione per un viaggio nel tempo nei mutamenti vissuti dalla città nel corso dei 40 anni trascorsi dalla realizzazione del film, nel quale, dopo aver raccontato gli istrionismi di Vittorio Gassman in Se permettete parliamo di donne, il film d’esordio nella regia nel 1964, e dopo aver raccontato le delusioni di una generazione e il disgregarsi delle ideologie in C’eravamo tanto amati, Ettore Scola torna all’umanità malinconica ed emarginata de Il dramma della gelosia ma togliendo ai personaggi ogni accenno di passione politica e la visionaria follia che aveva Mastroianni.
Manfredi- Mazzatella è davvero brutto, sporco e cattivo, come tutti i suoi familiari per i quali l’unica occupazione è quella di cercare in ogni modo, anche il più brutale, di impadronirsi del milione di lire pagato dall’assicurazione a Giacinto come risarcimento per la perdita di un occhio. Giacinto non cede, diventa sempre più cinico e crudele, finisce per sparare ad un figlio e viene arrestato. E proprio quando esce dalla galera che incontra Iside e la porta a casa costringendo la famiglia ad una convivenza burrascosa, tutt’altro che felice.
Il film, che vinse il premio della giuria al Festival di Cannes, è supportato da un Manfredi in grande forma, lasciato libero di improvvisare parecchio nei dialoghi, nel dialetto, nelle situazioni, perfettamente a suo agio in un cast composto da attori professionisti e da un sostanzioso gruppo di autentici baraccati. L’idea del film, raccontava Ettore Scola, veniva da lontano, «da quando avevamo tutti scoperto la verità poetica del cinema di Pasolini. Volevo raccontare quella sua umanità, con il suo stesso rigore, senza populismi, calzando semmai sui toni del grottesco».
Non a caso per la sceneggiatura, scritta con Ruggero Maccari, Scola volle la consulenza di Sergio Citti per i dialoghi. E con Pasolini, con il quale aveva parlato a lungo dell’idea e della sceneggiatura, aveva raggiunto un accordo insolito nel mondo del cinema. «Finito il film, Pier Paolo lo avrebbe visto e avrebbe girato una prefazione negli stessi luoghi, con gli stessi personaggi ma nella sua visione. Se nella letteratura succede che uno scrittore scrive l’introduzione al libro di un altro scrittore, perché non farlo con le immagini in un film?», raccontava ancora Scola. Purtroppo, stava girando una delle ultime sequenze – quella del monologo di Nino Manfredi sfuggito al tentativo di avvelenamento da parte della famiglia – quando arrivò la notizia dell’assassinio di Pasolini. È stato il rimpianto più doloroso per Ettore Scola, che ha potuto soltanto dedicare Brutti, sporchi e cattivi a Pier Paolo Pasolini.