Sul “Fatto quotidiano” del 22 luglio 2015 Renato Perina, durante una sosta in una arroventata Matera estiva, si sorprende a mettere a confronto la Città dei Sassi di ieri con quella di oggi. Tante cose sono mutate, non sempre in meglio, e il paragone è quasi al limite dell’impossibilità, ma da lì scatta una visionaria fantasia sulla Matera da vergogna nazionale che nel 1964 Pasolini, regista dell’immortale capolavoro del Vangelo secondo Matteo, trasfigurò nel fondale sacro di una Gerusalemme del Sud. Al lettore il quesito su cosa si è perduto nel tempo.
Guardare Matera con gli occhi di Pasolini e di Irazoqui
di Renato Perina
www.ilfattoquotidiano.it – 22 luglio 2015
Da Ferrandina si arriva a Matera in bicicletta dopo una estenuante salita e un’incantevole discesa. Finalmente riposo in una di quelle stanze scavate nel Sasso Caveoso, al riparo dall’aria calda che ancora cova all’esterno dopo un pomeriggio incandescente.
Il mattino dopo, un intenso street art, raffigurante Pier Paolo Pasolini che trasporta a braccia il corpo dello stesso Pasolini privo di vita, mi sorprende ed emoziona: è la Pietà di Pasolini non firmata da Ernest Pignon. I Sassi, la Matera incastonata in una sorta di favoloso emiciclo fanno da sfondo a quell’immagine da cui sembra s’irradi la magia di un luogo che si raccoglie in un solo sguardo.
Pier Paolo Pasolini, ormai più di cinquant’anni fa, filma buona parte del suo Vangelo secondo Matteo tra queste stradine di pietra, simbolo del sottosviluppo dell’Italia meridionale. Ma qui, e ben più che in Palestina, Pasolini trovò il luogo ideale “per portare non la pace ma la spada” della sua creazione, dando vita ad un Vangelo secondo Matteo che diede origine ad aspre polemiche e accuse di vilipendio della religione.
Grazie anche al racconto e alle immagini di Domenico Notarangelo, raccolte nel suo testo Pasolini Matera, posso passeggiare per Matera ricostruendo idealmente i luoghi del film, ma anche immaginando episodi e aneddoti su regista e troupe evocati nel testo: Pasolini all’hotel Jolly, le stradine dove girò le scene della Passione, l’allora PCI che s’incaricò della protezione dello scomodo intellettuale in una zona che si temeva a rischio di aggressioni e che invece intrecciò in varie forme una collaborazione amichevole con il regista.
Fuori, non più al riparo del fresco dell’interno dei Sassi, il caldo rovente di Matera stordisce: il ricordo delle giornate pasoliniane sembrano materializzarsi qua e là con un andirivieni di tecnici e comparse in un film bianco e nero. Fanno capolino nel mio immaginario Pasolini e il suo rivoluzionario attore Enrique Irazoqui, interprete di Gesù, mentre dialogano su Gramsci, sulla morte e resurrezione di Yeshua, appoggiati ad una delle tante balaustre che s’affacciano sui Sassi, paesaggio della desolazione avvolto dalla grazia.
Mi chiedo cosa penserebbero dell’Italia d’oggi Pasolini e Irazoqui, che cosa si direbbero affacciati su ciò che era simbolo del sottosviluppo meridionale e che nel 2019 sarà Capitale Europea della Cultura. Forse si direbbero parole illuminanti a proposito di un Paese che ha, per esempio, le più bassa scolarizzazione e occupazione d’Europa, un sistema previdenziale tra i più iniqui, il maggior debito pubblico e un livello di precarizzazione del lavoro (e quindi della vita) vergognoso, con politici/divi sempre a far annunci al sicuro con stipendi irreali.
Forse increduli noterebbero che le persone, e i giovani in particolare, sono stranamente sempre a capo chino, a smanettare disperatamente con telefonini onnipotenti che li rendono succubi, e forse odierebbero gli artefici di un maleficio di cui si sta sottovalutando la devastazione.
O più verosimilmente non si farebbero distogliere dal caos: Irazoqui continuerebbe instancabile a cercare sostegno contro il regime franchista e i suoi dogmi “ordine e stabilità”; Pasolini sarebbe sempre impegnato a creare lucidi simboli, narrazioni e denunce a cui continueremmo ottusamente a non dare vero ascolto. Chissà. Ma il capolavoro Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini lo abbiamo.
[idea]Renato Perina[/idea]
si definisce blogger culturale e operatore di teatro sociale. Dottore di ricerca in Pedagogia generale e sociale, collabora con la cattedra di Pedagogia generale e sociale dell’Università di Verona. Da anni conduce laboratori di teatro e svolge ricerca scientifica in ambiti quali psichiatria, carcere, scuole di periferia ecc. Il suo ambito d’interesse è la pedagogia del disagio e della marginalità che si avvale della mediazione dei linguaggi creativi. Autore di diversi articoli in riviste specializzate nazionali e internazionali. Ha pubblicato tra l’altro Teatro al limite: la passione dell’incontro e la mediazione socioeducativa ( Qui Edit, Verona 2007) e Per una pedagogia del teatro sociale (ed. Franco Angeli, Milano 2008).
Più in generale –dice – “mi guardo intorno e provo a pensare, scrivere, condividere”.