Si è tenuta giovedì 25 febbraio 2016, alla Camera dei Deputati, la conferenza stampa di presentazione del film La Macchinazione (in sala dal 24 marzo 2016), alla presenza del regista David Grieco e di Massimo Ranieri, che nella pellicola veste i panni di Pier Paolo Pasolini. Erano presenti anche Paolo Bolognesi, deputato PD, e Serena Pellegrino, di Sinistra Italiana, primi firmatari della proposta di legge Doc. XXII n. 57, presentata il 5 novembre 2015 per istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Insieme a loro l’avvocato Stefano Maccioni, che nel 2009 ha ottenuto la riapertura delle indagini sull’omicidio dello scrittore, poi archiviate il 25 maggio 2015, e Silvio Parrello, poeta e pittore, noto come “er Pecetto” di Ragazzi di vita.
La Macchinazione è ambientato nell’estate del 1975, quando Pasolini è impegnato al montaggio di Salò o le 120 giornate di Sodoma e nella stesura del romanzo Petrolio. La Macchinazione sposa tutte le varie ipotesi sulla morte del poeta, intrecciandole in un ordito semplice e verosimile, e ripercorre le tappe dei vari processi. La pellicola, che vanta la colonna sonora della suite Atom Heart Mother dei Pink Floyd, coinvolge al fianco di Massimo Ranieri gli attori Libero De Rienzo, Matteo Taranto, Francois Xavier Demaison, Milena Vukotic, Roberto Citran, Tony Laudadio, Alessandro Sardelli, Paolo Bonacelli e Catrinel Marlon. Nei cinema dal 24 marzo 2016.
Sul significato del lavoro è intervenuto il 24 febbraio, su www.globalist.it, lo stesso regista Grieco, che con questo suo film, come nel libro omonimo che l’ha preceduto, intende dimostrare tutte le assurde incongruenze dell’indagine sullo scenario dell’assassinio di Pasolini, attribuito alla sola responsabilità del reo confesso Pino Pelosi e archiviato come uno squallido fatto di cronaca nera dai risvolti omosessuali. In controtendenza con quella ricostruzione ufficiale, inalterata da quaranta anni, il film vuole portare il suo contributo alla ricerca della verità, che potrebbe essere finalmente svelata anche grazie ad una Commissione parlamentare d’Inchiesta di cui si auspica l’apertura.
Le verità nascoste e i depistaggi del caso Pasolini
di David Grieco
www.globalist.it – 24 febbraio 2016
La sera del primo novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini incontrò per caso nei pressi della Stazione Termini un giovane “marchettaro” diciassettenne che si chiamava Pino Pelosi. Lo fece salire in macchina, lo portò a cena al Biondo Tevere, (un ristorante che Pasolini frequentava abitualmente) e in seguito risalirono in macchina entrambi per andare a consumare un fugace rapporto sessuale in un luogo assai lontano, l’Idroscalo di Ostia. Una volta giunti a destinazione, Pasolini allungò le mani su Pelosi, ma quest’ultimo rifiutò le sue avances. Per sottrarsi, Pelosi uscì dall’auto di Pasolini e si allontanò per fare pipì. Subito dopo, Pasolini scese anche lui dall’auto e aggredì il ragazzo alle spalle, nel tentativo di sodomizzarlo con un bastone. Pelosi reagì. Ne scaturì una feroce colluttazione. Il ragazzo, pur essendo molto giovane e molto gracile, riuscì ad avere meglio, lasciò Pasolini esanime al suolo e saltò sulla sua auto per fuggire. Nel fuggire, Pelosi passò inavvertitamente con l’auto sul corpo di Pasolini, e ci passò più volte, facendogli scoppiare il cuore. Poco dopo, Pino Pelosi venne arrestato dai carabinieri mentre viaggiava contromano alla guida dell’auto di Pasolini a velocità molto sostenuta sul lungomare di Ostia.
Questa è la versione ufficiale della morte di Pier Paolo Pasolini. In questa versione non c’è un fatto, e neppure una parola, che abbia attinenza con la realtà. Questa versione rappresenta la più colossale, incredibile, inaccettabile mistificazione che mai sia stata ordita in Italia per trasformare un evidente delitto politico in un penoso fattaccio di cronaca nera. Negli anni, ogni passo di questa versione è stato smantellato a colpi di indizi, prove e testimonianze che ne hanno evidenziato l’inattendibilità.
Qualche esempio.
Pasolini conosceva Pelosi da mesi. Pasolini non aveva fatto il lungo viaggio fino all’Idroscalo per appartarsi con lui ma per incontrare coloro che avevano rubato il negativo del suo ultimo film Salò o le 120 giornate di Sodoma.
L’auto di Pasolini era stata ritrovata quella notte dalla polizia al Tiburtino dove qualcuno l’aveva abbandonata, ma nelle stesse ore sarebbe stata avvistata e fermata a Ostia dai carabinieri con Pelosi al volante.
Infine, sulla scena del delitto Pasolini e Pelosi non erano soli, come recentemente dimostrato dagli esami effettuati sui reperti, dove sono stati trovati altri cinque DNA oltre quelli dello scrittore e del ragazzo. Eppure, l’incredibile versione accreditata dalla Cassazione nel 1979, ma prima ancora dalla Corte di Appello della Procura di Roma, firmata dal giudice Ferdinando Zucconi Galli Fonseca, resiste ancora. È questa la versione consegnata da decenni alla storia della Giustizia del nostro Paese. Come scolpita nella pietra.
Non si finisce mai di trovare incongruenze, depistaggi e intrighi in questa vicenda. Vorrei parlare di una scoperta in cui sono inciampato mentre giravo il film La Macchinazione con Massimo Ranieri nei panni di Pier Paolo Pasolini. La racconto nel libro intitolato La Macchinazione.
«Sono le due di notte e stiamo girando l’agguato a Pasolini, appena arrivato nel campetto di calcio dell’Idroscalo con l’Alfa GT in compagnia di Pino Pelosi, quando i suoi aggressori lo tirano fuori di peso dall’auto e cominciano a picchiarlo. Subito dopo il secondo ciak, mi si avvicina pallido Salvatore Gagliano, che si occupa delle auto d’epoca, e mi dice con voce incrinata che gli attori stanno danneggiando gravemente l’Alfa GT che abbiamo preso in affitto da un collezionista palermitano. Mi avvicino all’auto e mi rendo conto che Salvatore ha ragione. Sulla fiancata sinistra, all’altezza del bagagliaio, si nota una rientranza notevole, dovuta al fatto che gli aggressori, istintivamente, sbattono sempre Pasolini (Massimo Ranieri) contro la macchina per tenerlo fermo mentre lo picchiano. Dico a tutti di fare più attenzione. Ma è inutile. Nella realtà succederebbe inevitabilmente questo, e io tengo parecchio al realismo di questa scena…».
«… All’alba, torno a casa e accendo il computer. Cerco su Internet le foto dell’Alfa GT di Pasolini dopo il delitto. Le trovo. E cosa vedo? Vedo la stessa, notevole rientranza della carrozzeria dell’Alfa GT di Pasolini nello stesso, identico punto dove l’ho appena vista sull’Alfa GT che stiamo usando per il film. Una rientranza che non può essere causata da un incidente automobilistico. Si trova troppo in alto per subire l’urto di un altro veicolo, ma soprattutto la vernice è intatta perché l’impatto è avvenuto con qualcosa di morbido. Morbido come un corpo umano. Sarebbe bastato questo a dimostrare che quella notte Pasolini è stato aggredito, picchiato e ammazzato da un gruppo di persone. A quanto pare, però, nessuno se ne è mai accorto».
Ma forse non è poi così vero che nessuno se ne è mai accorto. A giudicare da come fu ridotta l’Alfa GT di Pier Paolo Pasolini mentre si trovava custodita in un deposito giudiziario, qualcuno se ne deve essere accorto e, senza andare troppo per il sottile, ha distrattamente ma letteralmente distrutto l’auto affinché nessuno potesse più notare quel bozzo.
Queste foto, che sono apparse di recente nel libro di Simona Zecchi Pasolini massacro di un poeta, edito da Ponte alle Grazie, documentano gli ingenti danni procurati dai carabinieri all’Alfa GT di Pier Paolo Pasolini nel corso di un banale spostamento del veicolo all’interno del deposito giudiziario. Come è facile notare, le fiancate dell’auto sono state gravemente danneggiate in tutta la loro lunghezza, come se qualcuno avesse voluto farla entrare ad ogni costo in uno spazio molto più stretto dell’auto medesima.
Per quanto potesse essere goffo alla guida, il carabiniere che ha causato questo danno non può averlo fatto accidentalmente. Oltre ad essere goffo, avrebbe dovuto essere anche come minimo cieco e sordo per distruggere fino in fondo entrambe le fiancate senza accorgersi che la carrozzeria si accartocciava da ambo le parti, man mano che avanzava, contro ostacoli robusti come muri.
Su questo e su molto altro si potrà finalmente indagare non appena verrà costituita la doverosa Commissione Parlamentare per riaprire il Caso Pasolini. Meglio tardi che mai.