Una interessante iniziativa bolognese recupera dalla generazione perduta del secondo Novecento l’inquieta figura di Patrizia Vicinelli, poetessa e narratrice dalla vita breve e bruciata e dalla incandescente vena sperimentale e sensoriale. Per tangenziali, sporadici incroci questa singolare artista, non molto nota ai più, si può allacciare anche al mondo pasoliniano, in connessioni che saranno messe in luce in un momento di riflessione in programma alle ore 17 di giovedì 23 aprile 2015 all’Accademia di Belle Arti di Bologna. All’incontro, accanto a Monica Dall’Asta dell’Università di Bologna, interverrà anche Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi -Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione Cineteca di Bologna. Su sua gentile segnalazione pubblichiamo il comunicato stampa della manifestazione, insieme alle parole di Francesco Leonetti, amico e sodale di Pasolini al tempo della rivista “Officina”, voce del Corvo per il film Uccellacci e uccellini, ma qui citato propriamente in quanto autore della partecipe prefazione alla raccolta poetica della Vicinelli Non sempre ricordano, edita nel 1985.
Accademia di Belle Arti – Bologna
Comune di Bologna
ERT Fondazione
Associazione Ca’ Rossa
Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna
Omaggio a Patrizia Vicinelli.
Patrizia Vicinelli e il cinema di sperimentazione
intervengono
Roberto Chiesi
responsabile Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna
Monica Dall’Asta
Dipartimento delle Arti Università di Bologna
a cura di Francesca Ballico e Sandro Sproccati
23 aprile 2015 _ ore 17.00
Accademia di Belle Arti / Aula Magna
Bologna
Com’è noto, esistevano profondi motivi di dissidio e aspre polemiche tra Pier Paolo Pasolini e il Gruppo 63. Pochi sanno, invece, che una delle più giovani aderenti alla Neoavanguardia, la poetessa Patrizia Vicinelli (1943-1991), collaborò con Aldo Braibanti, lo scrittore e drammaturgo che venne difeso da Pasolini in un celebre caso giudiziario del 1968. Inoltre bisogna ricordare che la Vicinelli partecipò nel 1983 ad un film, Amore tossico di Claudio Caligari, che si conclude con un appassionato omaggio a Pasolini e che le opere della poetessa (di lirica e narrativa) sono edite da Vanni Scheiwiller, lo stesso editore che pubblicò varie plaquette pasoliniane.
Ma, anche senza queste e altre consonanze, il valore degli scritti di lirica e narrativa di Patrizia Vicinelli, nonché le sue collaborazioni cinematografiche, motivano il coinvolgimento ideale del Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione Cineteca di Bologna a partecipare al secondo degli incontri dedicati alla poetessa presso l’Accademia di Belle Arti, curati dalla regista e attrice Francesca Ballico e dal docente di Belle Arti Sandro Sproccati.
Nei suoi frequenti sconfinamenti di genere, Patrizia Vicinelli ha attraversato il teatro e il cinema d’avanguardia, collaborando con registi come Alberto Grifi e Gianni Castagnoli, con i quali ha condiviso l’ansia di innovazione linguistica e esperienze affettive. Il legame con Alberto Grifi li vede collaboratori di Braibanti, in una ricerca sulle nuove percezioni alla radice biologica della visione. Dalla loro storia nasce il film In viaggio con Patrizia (1965-2007), un road movie che li ritrae giovanissimi per terminare postumo con commento musicale di Paolo Fresu. Più tormentato il rapporto con Castagnoli che porta alla composizione di La nott’ e ‘l giorno, un noir inquieto, ambientato a New York, dove viene esaltato l’elemento pittorico, in una fuga dal precipizio enigmatico e lacerante. Tra gli altri, l’ironico corto surrealista di Mario Gianni e il lirico omaggio di Tonino De Bernardi alla poetessa giovane in esilio in Marocco.
L’incontro su Patrizia Vicinelli e il cinema di sperimentazione, a cura di Francesca Ballico e Sandro Sproccati, si terrà giovedì 23 aprile alle ore 17 nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti: vi interverranno Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini di Bologna e Monica Dall’Asta, docente del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.
I due incontri si inseriscono in un progetto complessivo dedicato alla poetessa Patrizia Vicinelli, realizzato con il sostegno del Comune di Bologna, ERT Fondazione, Associazione Ca’ Rossa e Accademia di Belle Arti di Bologna.
Non sempre ricordano
di Patrizia Vicinelli
(Ælia Lælia Edizioni, Reggio Emilia 1985, pp. 125)
Dalla Prefazione di Francesco Leonetti
I canti struggenti e “selvaggi” della Vicinelli seconda da dove vengono? Si può anzitutto azzardarsi a dire che vengono da Campana, che dei vociani o espressionisti italiani è il più sconnesso a livello semantico e sintattico, e il più iterativo (in quanto Jahier ha una ritmica più cantata, oppure pedante, che iterativa). E il più sublime. Ma le parentele nel filo secolare sono complicate e incertissime.
Consideriamo ora l’autore. Si sa che fra l’autore e il personaggio biografico intercorrono rapporti strani, sia secondo i buoni materialisti engelsiani sia secondo i maestri semiotici oggi viventi. Ora, il personaggio biografico, biologico e vitale, di Patrizia Vicinelli bellissima donna si presenta insieme virtuoso e vizioso: erede del famoso Gruppo 63 storico italiano, o pupilla e prima dilapidatrice, superba allora e ricorrente alla genealogia di Emilio Villa (che invece è piuttosto artista, con grafica stratificata e di totale disseminazione, lei no) sembra quindi buttarsi via. Va a perdifiato, a perdizione, a scommessa, a pura fuga, nelle passioni sfrenate che si svolgono alla fine del decennio.
Spariscono o restano sospesi, così, patrimonio passato, i suoi giochi linguistici indovinati e anche tipografici (presso Lerici nel ’67, datati da prima, con varie formulazioni iniziali della lettera “a” come in un vocalizzo della Berberian Berio, assoluto) e lei si trascura tanto da dovere essere presa su col cucchiaio… Ricordi di amici. Ricompare in scena ogni tanto con buonissime prestazioni di attrice, come le sue stesse vitali, forse. Già con Braibanti a provocare i giusti scandali. Poi con Alberto Grifi asso del film d’avanguardia e con Gianni Castagnoli che è il primo a trattare una nuova macchina (fotocopiatrice Xerox) come strumento per l’invenzione artistica.
Compie operazioni di quadri (oltre che sbavare righi e disegni sulle sue scritture, mescolando tutto e graffiando, come se lei fosse la figlia di Emilio Villa, che invece ha un figlio fisico teorico, e ciò non è – nonostante Serres – la stessa cosa). Quello che ha regalato a me è un quadro con sovrapposizioni di moduli puri a una lastra forata da buchi e inglobante forme d’insetti schiacciati fra lastre: una partenza molto interessante.
E dunque, e dunque? Se, dico, dal saussurismo spinto del ’63, per la via delle passioni sfrenate e riempitive, allegoriche e allucinanti, giunge a queste nuove e tre volte elaborate poesie lunghe epicizzanti, si deve forse dire che rappresenta un’evoluzione propriamente linguistica di ampliamento del timbro e dell’ “urlo”, decisiva oggi. E ne è portatrice letteraria e insieme generazionale unica. Infatti, o si sono buttati, questi giovani sessanta-settantenni, nel fuoco; o si sono impreziositi nauseantemente nelle poesie. Lei, la traversante e pericolosa Patrizia, con impatto dolce furibondo nella sua dissoluzione del territorio bolognese dove cresce, è la sola a fare tutte e due le cose, mischiandole, con sovrano imbroglio.
Ora, sul suo galoppante ritmo, a balzi immondi, abissi e profumi, riesce a far emergere soggetti umani veramente incredibili, incarnazioni di lei stessa vaticinante, sconfessante e in atto di vibrare la sua spada di samurai. Io, si può dire, sono come un tale che dice: “Benedetta figlia, – io che ti ho conosciuta a Porta Portese, – le tue motivazioni più intime le conosco, – e so che ti muove (…).