Il suo nome coi maestri del cinema, di Goffredo Fofi

di Goffredo Fofi, 18 luglio 2013

Vincenzo Cerami, scrittore, sceneggiatore cinematografico, autore teatrale e molte altre cose (morto ieri all’età di 72 ani), è stato una presenza forte soprattutto nel mondo dello spettacolo, anche se alcuni suoi romanzi (Un borghese piccolo piccolo, da cui il film di Mario Monicelli con Alberto Sordi, La lepre) fecero molto apprezzare il suo talento letterario. Segnato dal magistero di Pasolini, fu il collaboratore prediletto di Sergio Citti come Citti lo era stato dello stesso Pasolini, e scrisse per questo affabulatore di antico stampo popolare i suoi film migliori, Casotto, Mortacci, Il minestrone – che avrebbe dovuto chiamarsi semplicemente Fame. Film corali, di radici sottoproletarie e fiabesche, tra il comico e il grottesco, tra una vorace allegria e la beffarda presenza della morte.
Negli ultimi anni in cui il cinema italiano aveva ancora una tradizione e delle strutture solide (perché poteva ancora contare su un pubblico e su un contesto culturale e critico solido), Cerami appose la sua firma ad alcune opere memorabili, L’occhio la bocca di Bellocchio, Segreti segreti di Giuseppe Bertolucci, Porte aperte di Gianni Amelio, forte di una professionalità rara, che si era costruito negli anni come revisore di sceneggiature altrui per molti produttori e con la supervisione tecnica di film d’impronta commerciale, che non era necessario firmasse; una figura anomala (ma era stato preceduto, in questo tipo di operazioni, da Ugo Pirro), che gli permise di controllare sapientemente i meccanismi della narrazione cinematografica e certamente gli fu d’aiuto nei suoi lavori più autonomi.
Con la decadenza del cinema e la sua perdita di peso, Cerami divenne, invece che uno sconfitto come tanti suoi colleghi, un personaggio di primo piano in quel che restava di quel mondo, perfino con un ruolo politico nel governo ombra del Pd come ministro ombra della cultura. Ma si trattava ormai di un titolo onorifico.
L’occasione che lo portò alla ribalta di una stagione di grandi successi fu la collaborazione con Roberto Benigni, attore e regista, soprattutto con La vita è bella, pluripremiato. Gli fecero seguito due film tanto ambiziosi quanto fragili, Pinocchio e La tigre e la neve. Musicati da Nicola Piovani, videro l’affermarsi di una collaborazione che ebbe una notevole influenza sulle carriere dei tre, insieme o da soli, in più settori della loro attività professionale.
La professionalità di Vincenzo Cerami ha dovuto mettersi alla prova in difficili anni di svolta del sistema dello spettacolo e della cultura nel nostro Paese. Le sue incertezze sono state le incertezze di tanti, ma più che per la collaborazione con Benigni egli verrà probabilmente ricordato per i film citati di Citti, Bellocchio, Amelio, Bertolucci, e per quel suo primo grande successo, quel Borghese piccolo piccolo che, portato sullo schermo da Mario Monicelli, raccontava la crudeltà di un’Italia nuova che le fiabe di Benigni non potevano certo riuscire a esorcizzare.