di Chiara Rubin – 17 settembre 2013
Se n’è andato come altri che stimavamo, in un silenzio discreto. Rischiavamo quasi di non rendercene conto in un’estate particolarmente urlata e inconsistente. E così anche a causa della sua scomparsa ci ha colto un senso di privazione e di impoverimento che riguarda la nostra testa e la possibilità di diventare più sensibili e più intelligenti… Il contorno è così avvilente. Non sappiamo più dove mettere al riparo i pochi neuroni sopravvissuti all’incessante attacco dei mezzi di sterminio di massa.
E intanto ci lasciano i pochi poeti ancora in circolazione. Perché Cerami è soprattutto un poeta prestato al romanzo, al cinema e al teatro. Tutti lo ricordano per le belle sceneggiature firmate per e con Benigni ma non tutti, credo, sanno che è nato come poeta (Addio, Lenin) e che l’ultima opera che ci ha lasciato è appunto una raccolta di testi poetici, Alla luce del sole.
Anche da narratore in prosa non ha mai abbandonato l’abitudine di volare alto sulle miserie umane. Che non vuol dire guardarle con superiore distacco ma intravedere in esse una sorta di “grandezza nella mediocrità”, di eccellenza anche nella bassezza. Siccome Pasolini c’entra molto con la vita di Cerami, mi viene in mente la scena nel film Accattone della rissa tra il protagonista e un altro poveraccio tra le polverose baracche di una borgata, accompagnata dal sottofondo delle note della Passione secondo san Matteo di Bach. Ecco, anche Cerami riesce a prestare ai contenuti più grigi o comuni o squallidi della sua narrazione, il lessico, il suono e lo stile poetici. E in questo modo innesca un meccanismo di analisi così profonda delle debolezze umane che si traduce infine in un dolore condiviso perché comune ad un popolo o universale.
A questo proposito voglio soffermarmi sul suo primo romanzo, Un borghese piccolo piccolo. Cerami si addentra nella vita sempre uguale e pericolosamente mediocre di un impiegato del Ministero. Sarebbe stato troppo facile far nascere nel lettore una naturale distanza dal protagonista, ci avrebbe salvato dall’orrore dell’immedesimazione in quell’“italiano piccolo piccolo” dal quale vorremmo tutti sentirci affrancati. Tuttavia la descrizione poetica, quindi profondissima, delle sue giornate e delle sue infime aspirazioni, la sua spaventosa bassezza sviscerata e quindi resa umana, urla più forte di qualsiasi parola di letterale denuncia. Ognuno alla fine si chiede che cosa c’è di quel borghese in tutti noi.
Non posso dimenticare il momento in cui padre e figlio si recano di prima mattina, lavati, pettinati e col vestito buono, ma con l’animo di due patetici cospiratori, al concorso che dovrà assicurare anche al figlio un posto sicuro al ministero, anche grazie agli sforzi e agli intrallazzi del padre per favorirlo. L’ultima raccomandazione prima di lasciarlo è “Ricordati: non devi riconsegnare i fogli né troppo presto né troppo tardi… nessuno deve sospettare”. La fine della vicenda diventa un terribile e sanguinoso corollario…
E’ morto anche Vincenzo Cerami. Un’altra voce che si sottrae al compito essenziale di farci riflettere ogni giorno, nonostante tutto.
Chiara Rubin
Bentornata, Chiara! E grazie di questo contributo scritto alle pagine pasoliniane che rinnovano la lunga stagione delle tue sempre apprezzatissime collaborazioni. Grazie per il tuo presente, auguri per il tuo futuro: sia lunghissimo e sereno. [A.M.]