Convegno su Pasolini alla NYC. Il resoconto di Andrea Morreale

Pubblichiamo  un resoconto del convegno che di recente , il 13 e 14 novembre 2015, si è tenuto a New York.  Lo firma su “La voce di New York” Andrea Morreale, che sottolinea la permanente fertilità dell’opera pasoliniana, fonte di spunti di discussione tuttora attuali, anche negli Usa, ed esemplare modello di arte, specie cinematografica, capace di  folgoranti  contatti con  tutta un’epoca di cambiamenti.

Pasolini e il suo cinema ancora contemporaneo
di Andrea Morreale

www.lavocedinewyork.com – 18 novembre 2015

Analizzare in profondità l’opera cinematografica di Pier Paolo Pasolini per comprenderne appieno il messaggio e l’attualità del pensiero, a quarant’anni dalla sua morte: questo è stato lo scopo principale delle conferenze tenutesi il 13 e 14 novembre 2015 alla New York University, all’interno di un programma dal titolo evocativo Pasolini: Image, Object, Sound.
Durante i due giorni diversi relatori hanno analizzato le scene più significative del cinema pasoliniano, illustrandone il contenuto tecnico e stilistico e, soprattutto, svelandone il significato più profondo, con citazioni dai diari e precisi riferimenti storici, politici, artistici e sociali.
La prima giornata di conferenze è stata introdotta da Patricia Rubin, direttrice della Judy and Michael Steinhardt Foundation all’NYU, che ha sottolineato l’importanza artistica e culturale di Pasolini nell’Italia del ventesimo secolo, definendolo come “uno dei maggiori intellettuali di riferimento” del periodo. A seguire un intervento di David Pendleton sulla sessualità e l’uso del corpo nella filmografia pasoliniana come forma di impegno politico. “In un’epoca di movimenti di protesta che ponevano l’attenzione sul corpo e sulla sessualità – ha detto Pendleton – l’uso specifico del corpo che Pasolini fa nelle sue opere è un chiaro segno della teoria artistica che vuole il regista impegnato nelle tematiche contemporanee anche attraverso l’uso della simbologia”. Pendleton ha sottolineato più volte l’ampiezza del pensiero pasoliniano, in un continuum tra impegno socio-politico e teoria cinematografica (ovvero “estetica” e tecnica di regia utilizzata) che consente al regista di esprimere le sue posizioni sulla società che lo circonda anche senza dover narrare l’epoca a lui contemporanea in maniera diretta.

"La ricotta". Un fotogramma
“La ricotta” (1963). Un fotogramma

È stato poi proiettato il documentario Le ceneri di Pasolini di Alfredo Jaar (2009) che, ispirandosi nel titolo all’opera Le ceneri di Gramsci dello stesso Pasolini, ripercorre il pensiero dell’artista, soffermandosi in particolare sul tema della consapevolezza, tema molto caro al maestro italiano. Il video, mostrando frammenti da interviste e dialoghi, fornisce un quadro del pensiero di Pasolini riguardo i tempi in cui viveva e le diverse intuizioni, oggi tremendamente attuali, sugli sviluppi che i grandi sconvolgimenti sociali politici ed economici di quegli anni avrebbero portato. Jaar, nel suo documentario, mostra infine come Pasolini cerchi attraverso l’opera cinematografica, ma non solo in essa, di informare lo spettatore riguardo i problemi del mondo a lui contemporaneo, spesso anche in maniera indiretta, per mezzo di riferimenti e citazioni auliche, nel tentativo di coinvolgere il pubblico nella verità delle sue posizioni.
Il dibattito si è poi spostato sul cortometraggio La Ricotta, segmento pasoliniano di Ro.Go.Pa.G. (film del 1963 composto da 4 cortometraggi dei registi Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti, dalle cui iniziali la pellicola prende il nome). E’ stata messa in luce la volontà di Pasolini di abbandonare ogni distinzione netta tra sacro e profano, portando sullo schermo la sua personalissima visione degli “ultimi” del messaggio cristiano, ma stravolgendo la sacralità e la rigidità dei contenuti evangelici, anche da un punto di vista estetico e rappresentativo, con l’abbuffata sui resti dell’“ultima cena” e la morte in croce del “ladrone”.
Durante la seconda giornata, le conferenze, ospitate alla Casa italiana Zerilli Marimò, hanno approfondito aspetti più tecnici del cinema pasoliniano, mostrando come, attraverso l’uso del montaggio, della voce, della registrazione dei suoni e della fotografia, ogni aspetto tecnico dei film del maestro contribuisca alla comunicazione del messaggio dell’opera, spesso in maniera segnatamente emotiva e parlando quasi all’inconscio dello spettatore.
Illuminante in tal senso la lettura di Toni Hildebrandt sul tema Allegory, Montage and Sound con una analisi dettagliata del cortometraggio La sequenza del fiore di carta (da Amore e Rabbia, 1969), in cui si è mostrato come un sapiente uso del montaggio e delle voci fuori campo riuscissero a veicolare un messaggio di serietà ed impegno in aperto contrasto con la spensieratezza delle riprese degli attori. Nell’argomento si è inserita anche Vega Tescari con una discussione sull’uso del suono, del doppiaggio e delle performance vocali degli attori per la resa della carica emotiva di diverse scene, con particolari riferimenti al film Edipo re (1967) e alle contaminazioni con il cinema straniero dell’epoca, in cui si sperimentavano particolari tecniche di doppiaggio per accentuare l’effetto di straniamento tra l’attore in carne ed ossa e la sua performance recitativa.

Julien Beck in "Edipo re"
Julian Beck in “Edipo re” (1967)

Nel corso della discussione conclusiva, affidata tra gli altri al professor Gerhard Wolf, del Max Plank Institute, si è ricordata la centralità della figura di Pasolini come intellettuale a tutto tondo, definito “un intellettuale del ‘900” nel senso “più proprio e completo del termine”, come dimostra in pieno l’attualità delle questioni che egli aveva già sollevato più di quaranta anni fa e “la lungimiranza della sua prospettiva sugli sviluppi del mondo moderno, che spesso si è rivelata veritiera”. Si è quindi voluto ricordare come, a quaranta anni dalla sua morte, ci si possa ancora dedicare a ricerche sulla sua opera, trovando sempre nuovi spunti e nuovi significati in quanto ci ha lasciato.