E’ stato Ninetto Davoli a darne l’annuncio. La sera del 14 gennaio 2016, dopo una lunga malattia, se n’è andato via nella sua abitazione un grande amico e un grande attore, Franco Citti, 80 anni, nato il 23 aprile 1935 a Fiumicino, all’epoca borgata di baracche, sterrati e diseredati.
Scompare con lui un altro testimone e compagno d’arte di Pier Paolo Pasolini, che lo conobbe all’inizio degli anni Cinquanta, quando lo scrittore non ancora cineasta stava lavorando alla stesura di Ragazzi di vita e già frequentava il fratello Sergio, suo Virgilio di acuta intelligenza per entrare nell’umanità e nel linguaggio delle borgate.
Da ragazzo Franco faceva l’imbianchino o lavoretti così, ma l’incontro con Pier Paolo cambiò la vita a lui, come al fratello, a Ninetto e a tanti altri. A farli conoscere fu proprio Sergio, attorno al tavolo di una pizzeria di Torpignattara. E Pier Paolo, da uomo e artista qual era, ne intuì subito il valore di umanità spontanea e innocente, celata dietro l’aggressività strafottente dei modi e della parola. La grande occasione venne nel 1961 con Accattone, film-capolavoro in cui l’esordiente regista Pasolini volle proprio il “non attore” Franco per il ruolo di protagonista, il reietto delle periferie, il magnaccia non redento nemmeno dall’amore e dannato a un destino di morte violenta. Poi vennero altri ruoli e Pasolini lo chiamò ancora per Mamma Roma, Edipo re (lì fu una straordinaria icona di barbarie e disperazione), Porcile (un cannibale), Il Decameron (fu ser Ciappelletto), I racconti di Canterbury (Satana), Il fiore della Mille e una notte (un demone). Lavorò poi anche per tanti altri: recitò in teatro in Salomé (1963) per la regia di Carmelo Bene e, per il cinema, nei film del fratello Sergio (Ostia, 1970; Storie scellerate, 1973; Casotto, 1977; Il minestrone, 1981; I magi randagi, 1996; Cartoni animati,1998). Prese parte anche a varie pellicole d’autore dagli anni ’60 ai ’90, come in Dietro la facciata (1963) di Marcel Carné, Requiescant (1967) di Carlo Lizzani, Seduto alla sua destra (1968) di Valerio Zurlini, Il Padrino (1972) di Francis Ford Coppola, Colpita da improvviso benessere (1976) di Franco Giraldi, Todo modo (1976) di Elio Petri, La luna (1979) di Bernardo Bertolucci, Il segreto (1990) di Francesco Maselli e Il Padrino parte III (1990) di Francis Ford Coppola.
Tuttavia il suo volto e la sua sofferta fisicità restano intrinsecamente legati soprattutto ai ruoli demoniaci, maledetti e perturbanti che gli affidò Pasolini. Del suo cinema divenne l’indimenticabile simbolo plastico e una sorta di inquietante specchio-alter ego. Un ragazzo di vita plasmato da un poeta coltissimo e sensibile senza esserne né snaturato né plagiato. E già in questo c’è un che di numinoso.
«E’ morto –scrisse Franco Citti per la scomparsa di Pier Paolo, nella sua autobiografia Vita di un ragazzo di vita (SugarCo edizioni, 1992) – ed io mi sono accorto che la parte migliore della mia vita se n’era andata e che cominciavo a morire con lui. Sono convinto che mi sta aspettando, che gli devo andare appresso. Per questo oramai dico a tutti che sono in viaggio verso il cielo, anzi verso il Paradiso, se esiste, perché uno come Pier Paolo, uno che è stato odiato come lui, solo per aver dato alla gente tanto amore, non può essere andato che lì. Voglio morire per essere il primo ragazzo di vita che va in Paradiso”. (Angela Felice)