A  Montepulciano “Idroscalo Pasolini”, opera lirica dedicata a PPP

È stato uno  tra gli appuntamenti  più attesi del 40° Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano (Siena): s’intitola Idroscalo Pasolini,  la prima opera lirica dedicata alla figura di Pier Paolo Pasolini, commissionata dal Cantiere a Stefano Taglietti (musiche su edizione Rai Com) e Carlo Pasquini (libretto) che cura anche la regia. Entrambi sono legati all’esperienza del Cantiere e al suo fondatore Hans Werner Henze, di cui sono stati pupilli in momenti differenti, mentre ora Pasquini è drammaturgo per il Teatro Povero di Monticchiello e Taglietti è docente di Conservatorio. 
Dopo tre anni di gestazione, la prima assoluta di questa originale creazione musicale ispirata a Pasolini è andata in scena venerdì 17 luglio 2015 al Teatro Poliziano di Montepulciano, un debutto trasmesso per l’occasione in diretta da Rai Radio3  e suggellato dal patrocinio del comitato nazionale per le celebrazioni pasoliniane istituito dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. 
Sul palco quattro cantanti e cinque attori interpretano i personaggi dell’immaginario pasoliniano che assumono nuove forme in una rappresentazione guidata dalla ricerca dell’equilibrio tra codici lirici e teatrali. L’esecuzione musicale è stata  affidata all’Ensemble del Royal Northern College of Music di Manchester che per l’occasione ha avuto la direzione d’eccezione di Marco Angius, eminente personalità della musica contemporanea.
Qui di seguito l’intervista di Gregorio Moppi al maestro Stefano Taglietti, apparsa il 17 luglio 2015  nell’edizione fiorentina de “la Repubblica”. 

"Idroscalo Pasolini". Una scena
“Idroscalo Pasolini”. Una scena

Intervista a Stefano Taglietti
di Gregorio Moppi

http://firenze.repubblica.it – 17 luglio 2015

Maestro Taglietti, un intellettuale come Pasolini si può raccontare con un melodramma?
In realtà non si tratta di un vero melodramma. Questo è un lavoro teatrale crudo, asciutto  –  che si finge ambientato su un set  –  in cui canto e parlato cercano l’equilibrio. Pasolini non compare mai in scena, se non in un video, da ultimo. Ne aleggia comunque lo spirito, emanatore di poesia. Perché quel che interessava a Pasquini e a me era esaltarne il lascito artistico, non tanto tratteggiarlo come soggetto storico, con quanto di scandalistico si porta dietro. Perciò sul palco si vedranno personaggi dei suoi film ( Accattone, Stracci, il Corvo, Otello ), figure simboliche come il Cardinale e il Poliziotto, più la Callas.

La Callas in quanto musa o come innamorata senza speranza d’essere ricambiata?
Tutt’e due. Lei lo invoca spesso, quasi sognando. E a un certo punto Accattone le dice, in romanesco, che è inutile continuare a lambiccarsi il cervello con quell’uomo che non la ama; se ne faccia una ragione.

Il ruolo delle altre figure?
Il Corvo, profeta lungimirante minacciato costantemente di morte, personifica la saggezza. Nel Cardinale le verità di fede fanno schermo al cinismo politico. Stracci, come nella Ricotta da cui è preso a prestito, viene crocifisso: un povero Cristo che si identifica con Pasolini stesso, anche lui martirizzato in vita e in morte. Quasi una macchietta è invece il Poliziotto, che però non ha a che vedere con i celebri versi pasoliniani sugli scontri di Valle Giulia nel quale la simpatia dello scrittore va alle forze dell’ordine, anziché agli universitari figli di papà. Ciononostante il Ppoliziotto di Idroscalo Pasolini ha la capacità di parlare da pari a pari con gli straccioni e i poveracci gravitanti attorno alla scrittore.

Occuparsi di Pasolini significa anche prendere posizione sulle tante ipotesi che si sono succedute negli anni riguardo alla sua morte…
Non siamo cronisti di nera o storici. Noi trattiamo del Pasolini artista.

Lei è stato allievo di Sylvano Bussotti e di Henze. Cosa ha appreso da loro?
Ero troppo ragazzo quando ho frequentato Bussotti. Però già allora, e ancor più adesso, l’avanguardia da lui professata, basata sulla congenita mutevolezza che ogni performance porta in sé, suonava molto datata. Henze, l’ho conosciuto che avevo trent’anni. Invece nel suo sperimentare sonoro, fitto di allusioni al passato, filtra perennemente l’idea di bellezza. È stato un grande maestro, di quelli che danno l’esempio senza pretendere l’emulazione. La sua filosofia consisteva nel porre l’allievo come davanti a uno specchio perché potesse trovare la propria via soltanto attraverso il confronto con se stesso.