Terzo mondo, rivoluzione e sacralità. Una riflessione di Peter Kammerer (1993)

Proponiamo un’analisi dello studioso Peter Kammerer che, in uno scritto del 1993, rifletteva sul terzomondismo di Pasolini, intriso di forza rivoluzionaria, lanciato con profetica visionarietà e innervato da una originale sensibilità verso il sacro.
Il saggio è uscito in “Il Passaggio”, anno VI, n. 2, marzo/aprile 1993, e in
P.P.Pasolini, Il sogno di una cosa, in Ex Libris, Quaderni della Biblioteca Comunale “G. Salvemini” di Scandiano,  anno IV, n 1, 1993.

“Alì dagli Occhi Azzurri”. Una profezia di Pier Paolo Pasolini
di Peter Kammerer

La figura di “Alì dagli Occhi Azzurri” è una figura emblematica per il Pasolini degli anni 1962-1965, impegnato in una riflessione esistenziale sul rapporto fra Nord e Sud e fra cristianesimo e marxismo. Per Pasolini le due questioni si incrociano e il punto focale della sua analisi poetica, la poesia Profezia, è scritta in modo da formare una croce. Ma tutte le sue opere di allora, dalla Ricotta (1962) a Poesia in forma di rosa (pubblicata nel 1964), dal film La rabbia (1963) al Vangelo secondo Matteo (1964) fino a Uccellacci e uccellini (1965-66), risentono di questo travaglio. Poi Uccellacci e uccellini chiude un’epoca e ne apre un’altra (1).
Incontriamo “Alì dagli Occhi Azzurri” per la prima volta nella poesia Profezia, scritta probabilmente già nel 1962 e pubblicata nel volume Poesia in forma di rosa. Una dedica recita: “A Jean Paul Sartre, che mi ha raccontato la storia di Alì dagli Occhi Azzurri”. Poesia in forma di rosa esce nel 1964, ma nello stesso anno Pasolini scrive ancora una seconda versione della Profezia (peggiorata secondo me) e la mette nella importante raccolta di racconti, sceneggiature e progetti di film che va dal 1950 al 1965. Al volume, pubblicato nel 1965, l`autore addirittura dà il titolo di Alì dagli occhi azzurri collocando così tutto il materiale in una prospettiva sorprendente e nuova. Il titolo viene spiegato alla fine in una “Avvertenza” che descrive l’incontro con Ninetto in un cinema romano. Ninetto è un “messaggero” e parla dei Persiani. «I Persiani – dice – si ammassano alle frontiere./ Ma milioni e milioni di essi sono già pacificamente immigrati,/ sono qui, al capolinea del 12, del 13, del 409…… Il loro capo si chiama:/ Alì dagli Occhi Azzurri» (2).
Versi della Profezia ne troviamo infine nella predica di S. Francesco nel film Uccellacci e uccellini (girato nell’inverno 1965-66). La citazione fatta nel film non c’è nella sceneggiatura, ma fu inserita più tardi, probabilmente durante il doppiaggio. Nella sceneggiatura la predica di S. Francesco agli uccelli è quella della tradizione: «Molto siete tenuti di lodare e benedire Iddio……perché vedendo questo, gli eretici si possono convertire e ritornare alla vera fede…» (3). Una visione di San Francesco piuttosto scontata, arciconosciuta, quasi noiosa, direi. Pasolini probabilmente ha capito questo e gli è venuta l’idea di mettere in bocca a S. Francesco alcuni versi della Profezia. Così il Santo si rivolge agli uccelli con ben altra forza: «Voi che non volete sapere e vivete come assassini tra le nuvole e vivete come banditi nel vento e vivete come pazzi nel cielo, voi che avete la vostra legge fuori dalla legge e passate i giorni in un mondo che sta ai piedi del mondo e non conoscete il lavoro e ballate ai massacri dei grandi».
Ecco il terzo mondo nella sua crudele innocenza, nella sua feroce irrazionalità e nella sua esistenziale alterità. Come porsi di fronte a questa alterità? San Francesco coglie il problema e continua la sua predica così: «Noi possiamo conoscervi solo attraverso Dio perché i nostri occhi si sono troppo abituati alla nostra vita e non sanno più riconoscere quella che voi vivete nel deserto e nella selva, ricchi solo di prole. Noi dobbiamo sapervi riconcepire e siete voi a testimoniare Cristo ai fedeli inariditi, con la vostra allegrezza, con la vostra pura forza che è fede».
L’indicazione è precisa. Ci troviamo di fronte ad una aporia, ci scontriamo con una pietra dello scandalo. L`esistenza del terzo mondo per il mondo industrializzato è scandalo, perché pone il problema non del concepire, ma del «ri-concepire» l’altro, cambiando i «nostri occhi troppo abituati alla nostra vita», cosa che si può fare «solo attraverso Dio». Per vedere giusto ci vuole qualcosa che trascenda la nostra situazione. Dio è una specie di punto di Archimede, dal quale diventa possibile muovere il mondo. La leva della rivoluzione posa su questo punto.
Né la sinistra (ufficiale e non), né la chiesa ufficiale (nonostante gli sforzi compiuti durante il Concilio Vaticano II) erano allora pronti a riconoscere la necessità di «ri-concepire» la presenza del terzo mondo come fatto organico, non separabile dalla nostra vita. D’altra parte era difficile cogliere allora il senso del concetto pasoliniano di “sottoproletariato”. Come concetto sociologico faceva acqua da tutte le parti, ricorda Goffredo Fofi più volte (4); come concetto politico pure, sostiene Salinari, che critica nel 1966 sull’”Unità” le posizioni di Pasolini come “terzomondiste” scrivendo: «Sì al coraggio con cui Pasolini […] ci ricorda l’esistenza di tanta parte dell’umanità assillata da problemi diversi; diremo no al suo voler considerare proprio le zone sottosviluppate come i centri motori della rivoluzione». E Pasolini gli risponde: «Ma io ho fatto mai affermazioni di questo genere» e insiste sul «rapporto dialettico “scandaloso” dei popoli arretrati o sottosviluppati con la razionalità dei centri del neocapitalismo» e sul fatto che «un’unica linea così sembra unire i nostri sottoproletariati urbani e agricoli… con le tribù africane» (5). Pasolini rivendica un significato sociologico e politico al suo concetto di sottoproletariato, ma sa bene che esso non è riducibile né alla sociologia, né alla politica. Il sottoproletariato di Pasolini è un concetto altrettanto teologico. La rappresentazione del sottoproletariato nel sacrificio e nella crocefissione è rievocazione di un mito, ma anche descrizione di una attualità bruciante: un passato che non è passato, ma che ogni giorno si rinnova. In parole povere: il terzo mondo non ricorda solo il nostro passato, ma lo è nel presente della società industriale.

"Appunti per un'Orestiade africana". Danze Wa-gogo
“Appunti per un’Orestiade africana”. Danze Wa-gogo

Profezia
In questa poesia Pasolini predisse trent’anni fa una specie di invasione di “extracomunitari” la quale poi si è verificata realmente. Scrive Pasolini:

Alì dagli Occhi Azzurri
uno dei tanti figli di figli,
scenderà da Algeri, su navi
a vela e a remi. Saranno
con lui migliaia di uomini
coi corpicini e gli occhi
di poveri cani dei padri.
[…]
Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,
a milioni, vestiti di stracci
asiatici, e di camicie americane.

Sono sbarcati in Puglia ed erano Albanesi, ma la descrizione è esatta. E Pasolini l’ha fatta agli inizi degli anni ‘60, quando l’emigrazione italiana del dopoguerra verso l’estero raggiungeva il suo massimo livello e nessuno si sarebbe immaginato un’Italia paese di immigrazione e Boat people del Mediterraneo […]. Nessuno. Pasolini fu l’unico ad avere questo “fiuto sociologico”. Era l’unico a decifrare il messaggio di Ninetto, il “messaggero”. Ma anche se questi fatti si sono avverati, essi comunque non costituiscono che l’aspetto esteriore della profezia. Il suo nucleo vero indica ben altro. Seguiamo la poesia, scritta, come abbiamo detto, in forma di croce (6).
La dedica chiama in causa Sartre, al quale Pasolini deve la storia di “Alì dagli Occhi Azzurri”. Pasolini lo ricorda allo stesso Sartre in un altro colloquio avvenuto nel dicembre 1964. Ne era testimone M.A. Macciocchi, che pubblica un resoconto sull’”Unità” del 22.12.64.
Pasolini si trova a Parigi per far vedere Il Vangelo, resta fortemente deluso, per non dire offeso, dalla reazione degli intellettuali francesi marxisti. Sartre lo consola e Pasolini dice: «Ho dedicato a Lei, Sartre, una poesia, Alì dagli Occhi Azzurri, sulla base di un racconto che lei mi fece a Roma..». E Sartre: «Sono del suo avviso che l’atteggiamento (della sinistra) francese di fronte al Vangelo… è un atteggiamento ambiguo. Essa non ha integrato Cristo culturale. La sinistra lo ha messo da parte. Né si sa che fare dei fatti che concernono la Cristologia. Hanno paura che il martirio del sottoproletariato possa essere interpretato in un modo o nell’altro nel martirio di Cristo». Nel film La ricotta Pasolini ha dato proprio questa interpretazione e la reazione della destra alla demistificazione dell’iconografia tradizionale è stata violenta (7). Ma ora, nella Profezia, il poeta va ancora avanti e insiste sull’altro significato della croce, quello della redenzione/ resurrezione.
La poesia apre subito in tono biblico, racconta di “un figlio” che scende nella Calabria arida, dove

… la luna color delle feci
coltivava terreni
che mai l’estate amò.
Ed era nei tempi del figlio
che questo amore poteva
cominciare, e non cominciò.

Ci troviamo nella Calabria della riforma agraria e l’amore poteva cominciare, perché

… Era il tempo
quando una nuova cristianità
riduceva a penombra il mondo
del capitale …

Già di Engels e di Kautsky è la concezione del primo cristianesimo come precursore del movimento operaio (8). Con una delle sue tipiche forzature Pasolini la capovolge parlando di «nuova cristianità». Ma il tempo non si compie e il figlio «tremava d’ira». Conosciamo dal Cristo del Vangelo pasoliniano questa ira. Un Cristo che non sorride quasi mai.

…. Se egli non sorride
è perché la speranza per lui
non fu luce ma razionalità.

"Appunti per un'Orestiade africana". Incontro con gli studenti africani alla "Sapienza"
“Appunti per un’Orestiade africana”. Incontro con gli studenti africani alla “Sapienza”

Ex oriente lux. La «nuova cristianità» invece finisce nelle secche del razionalismo occidentale. «L’operaio di Milano» lotta con «tanta grandezza» per il suo salario, ha «procurato inutilmente» la riforma agraria al contadino del Sud (9) e lo ha «modernizzato inutilmente». Due volte e a brevissima distanza appare questa parola terribile: «inutilmente». Il sapere del figlio si scontra con il sapere “inutile” dello sviluppo e

… dei concimi chimici
della lotta sindacale, degli scherzi
degli Enti Benefattori, della
Demagogia dello Stato
e del Partito Comunista …

E così il contadino del Sud compie il suo destino abbandonando la propria terra, emigrando verso «il meraviglioso sole del Nord», sostituendo ai suoi «feticci oscuri» quelli nuovi di zecca, i frigoriferi, la televisione e la «Divinità alleata» delle Commissioni Interne. E «tre millenni svanirono, non tre secoli, non tre anni». Finisce così una storia millenaria, più grande di un’epoca?

… Ah, ma il figlio sa: la grazia del sapere
è un vento che cambia corso, nel cielo. Soffia ora forse dall’Africa.

Irrompe nel nostro mondo un altro sapere, quello dell’irrazionalità (10), sbarca il terzo mondo non addomesticato e ci costringe ad un confronto con una concezione antitetica della vita (11), arrivano«essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare/ essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi/ in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo»,ai quali si rivolgeva -come abbiamo visto – la predica di San Francesco, un santo mistico, impregnato di “oriente” (12).
Con questa irruzione la poesia espande le ali, spicca in un volo onirico e dischiude una grandiosa sintesi profetica: «Essi» insegnano «ai compagni operai la gioia della vita», «ai borghesi la gioia della libertà», «ai cristiani la gioia della morte». Il finale unisce il «dolce Papa dal misterioso paterno testone campagnolo» (13) e Trotzky, il bolscevico “industrialista”, ma anche simbolo dell’eresia.

… distruggeranno Roma
e sulle sue rovine
deporranno il germe
della Storia Antica.
Poi col Papa e ogni sacramento
andranno come zingari
su verso l’Ovest e il Nord
con le bandiere rosse
di Trotzky al vento.

Questa profezia ricorda il titolo famoso che Carlo Levi ha dato a un suo libro di viaggio in Urss, Il futuro ha un cuore antico, ma accomuna Pasolini in modo sorprendente anche ad un altro grande pensatore marxista eretico, Walter Benjamin (14). Da origini e da sponde completamente diverse, il pensiero di Benjamin era giunto a due tesi, intorno alle quali ruota il suo pensiero.  Non c’è rivoluzione senza un «nucleo ardente teologico» e, rovesciando il “prospettivismo” marxista-leninista, «il compito principale della rivoluzione comunista consiste nella liberazione del passato». Di questo bisogno e delle sue strade ci parla la profezia poetica, onirica e mistica di Pasolini.

 

Note

1) Cfr. Peter Kammerer, L’uccellaccio vola alto, in “Il Passaggio”, anno V, n. 4-5, Roma 1992.
2) Anche nel primo episodio della sceneggiatura di Uccellacci e uccellini Ninetto svolge un ruolo di “messaggero” o di “mediatore” tra la Koinè dei dialetti e la lingua ufficiale del razionalismo europeo, il francese.
3) Pier Paolo Pasolini, Uccellacci e uccellini, a cura di Giacomo Gambetti, Milano 1966, p. 115.
4) Recensendo Il Vangelo secondo Matteo, Goffredo Fofi scrive: «Ma è sempre più chiaro però che egli ha scelto il mondo del passato, un mondo che non è più il nostro, e che ha rifiutato di portarvi lo sguardo di chi abbia almeno una certa visione complessiva, di chi almeno un’occhiata abbia saputo rivolgerla anche a quello che è il mondo delle società cosiddette sviluppate, industriali». G. Fofi, La mostra cinematografica di Venezia, in “Quaderni Piacentini”, n 17-18, 1964, ristampato in Capire con il cinema, Milano 1977, p. 34. La reazione di Pasolini fu molto risentita, cfr. le due lettere scritte a Piergiorgio Bellocchio nell’ottobre 1964 in P.P. Pasolini, Lettere 1955-1975, Einaudi, Torino, 1988. Sette anni più tardi, in occasione del Decameron, Fofi insiste: «Come Napoli sta scomparendo e delle contraddizioni di questa metamorfosi, del suo intricarsi nelle fabbriche del Nord o dell’intricarsi della sua economia con lo sregolato sviluppo e la perenne crisi del Sud, dei modi in cui questo enorme processo avviene perlomeno dal ‘60 in avanti o delle sue prospettive, a Pasolini non sembra fregargliene molto. Canta dunque un popolo di ieri, una forma di “gioia di vivere” naturale…», in “Quaderni Piacentini”, n. 44-45, 1971, ristampato in Capire con il cinema, Milano 1977, p. 241.
5) “Libri-Paese Sera” del 23 marzo 1966. Non solo oggi, ma già nell’Italia del dopoguerra suonava come un insulto l’affermazione delle strette parentele culturali di vaste parti dell`Italia preindustriale con l’Africa del Nord o il Medio-Oriente ecc. Cfr.  le vicende del libro di Franco Cagnetta, Banditi a Orgosolo, denunciato e processato nel 1954-1955. Tutti vogliono essere parenti solo dei ricchi fratelli “mittel-europei”.
6) La poesia fa parte di un capitolo Il libro delle croci che antepone alla Profezia un’altra poesia, La nuova storia, della quale non teniamo conto in questa sede.
7) Cfr. Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte, Garzanti, Milano 1977, e di recente, in occasione della candidatura del magistrato Di Gennaro alla Direzione nazionale antimafia, l`articolo di Enzo Golino Di Gennaro contro Pasolini, “la Repubblica”, 13 agosto 1992.
8) Friedrich Engels, Zur Geschichte des Urchristentums, 1894; Karl Kautsky, Der Ursprung des Christentums, 1909 (seconda edizione ampliata).
9) Come una gran parte della storiografia dell’epoca, anche Pasolini vede la riforma agraria come frutto delle lotte sociali del Nord, sottovalutando il grande contributo dato dal movimento contadino meridionale; vedi ad es. Paolo Cinanni, Lotte per la terra e comunisti in Calabria 1943/1953, Milano 1977.
10) «L’elemento irrazionalistico e religioso è un antico elemento che mi accompagna come uomo e come scrittore da quando sono nato», Pier Paolo Pasolini in Una discussione del ‘64, Aa.Vv., Pier Paolo Pasolini nel dibattito culturale contemporaneo, Amm.ne Provinciale di Pavia-Comune di Alessandria, 1977, p. 93, ristampato in Pier Paolo Pasolini, Le regole di un’illusione, a cura del Fondo Pier Paolo Pasolini, Garzanti 1991, p. 103.
11) Pier Paolo Pasolini, L’Aigle, in “Vie Nuove” del 29 aprile 1965, ristampato in Le belle bandiere, Roma 1978, p. 322.
12) Pier Paolo Pasolini, Liliana Cavani, Adriana Zarri in Lo scandalo di Francesco, dibattito in “Orizzonti”, 5.6.1966; Pasolini critica il film Francesco della Cavani dicendo: «Ha “occidentalizzato” al più possibile Francesco. Ha tolto al suo Medioevo quel tanto di orientale che esso, oggettivamente, aveva nelle sue reali condizioni sociali ed economiche. Ha staccato gli elementi orientali… che erano nel mondo di Francesco…»; e ancora: «Direi che, a un non credente, piace di più un San Francesco che parla agli uccelli e fa i miracoli. La religione occidentale, permeata di laicismo che essa crede rivoluzionario rispetto al proprio spirito clericale […], tende a mostrarsi scettica e ironica rispetto ai miracoli. Ma i miracoli sono la religione».
13) In La Rabbia, film del 1963; e anche: «Il nuovo papa nel suo dolce misterioso sorriso di tartaruga pare aver capito di dover essere il pastore dei miserabili, perché è loro il mondo antico, e sono essi che lo trascineranno avanti nei secoli con la storia della nostra grandezza» (preso dalla colonna sonora inedita del film).
14) Benjamin era quasi sconosciuto in Italia fino al 1962, anno in cui esce Angelus Novus. Pasolini lo nomina mai (per quanto io sappia).