“Teorema”. I luoghi del set cinematografico

Pier Paolo Pasolini, Teorema. I luoghi del set cinematografico

A cura di Angela Molteni. Un ringraziamento a Vittorio Prina

Una delle emozioni più intense in architettura è costituita dallo scoprire e osservare “dal vero” architetture studiate precedentemente su libri o riviste. Si possono finalmente percepire e capire spazio, dimensioni reali, relazioni con il contesto, parti apparentemente secondarie, materiali. Analoga è l’esperienza relativa alla ricerca di luoghi e architetture inquadrate nei film.
A volte si avverte una sensazione di spaesamento, causata dal montaggio cinematografico che pone in sequenza spazi e luoghi spesso molto distanti gli uni dagli altri. La ricerca è assimilabile a una sorta di indagine investigativa finalizzata alla soluzione di enigmi anche complessi: una trama nascosta che corre parallela allo svolgersi del racconto filmico.
Uno degli intenti è costituito dall’indagine delle immagini di luoghi e architetture contenute nel film finalizzata al tentativo di verificare quanto le successive trasformazioni fossero già evidenti nelle sequenze filmiche. Teorema si presta particolarmente a questo tipo di indagini grazie alla perfetta struttura compositiva del film e alle caratteristiche dei personaggi indissolubilmente legati alle architetture e ai luoghi scelti da Pasolini.
I luoghi e gli edifici sono disposti per la maggior parte lungo due assi stradali: il primo inizia a Sant’Angelo Lodigiano e si conclude a Bereguardo; il secondo inizia a Milano e termina a Sant’Angelo (un terzo asse è costituito dal viaggio virtuale di Emilia a bordo dell’autocorriera dal Vigentino milanese a Villanterio).
Anche se la qualità delle foto non è eccelsa, si tratta comunque di una serie di documenti importanti che è apparso utile proporre qui e che daranno informazioni preziose sui criteri di scelta delle location da parte di Pier Paolo Pasolini: documenti che illustrano luoghi che caratterizzano in modo irreversibile gli ambienti, gli edifici, le caratteristiche salienti che appaiono in Teorema.
Alcuni esempi di luoghi “ritrovati” sono: a Milano, la Fabbrica Innocenti, la villa con parco a San Siro, la via dei Rospigliosi a San Siro, il Liceo Parini, l’Istituto Marcelline, la Chiesa di Santa Maria Segreta, il Giardino della Guastalla, via Venti Settembre, il Piazzale Giovanni Dalle Bande Nere, il Largo Marinai d’Italia, la stazione delle autocorriere in viale Bligny…

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Lungo il percorso tra Milano e Sant’Angelo Lodigiano: la Chiesa a San Donato Milanese; luoghi e architetture a San Giuliano Milanese; vie, architetture, luoghi e paesaggio a Sant’Angelo Lodigiano. Lungo il percorso che collega Sant’Angelo a Pavia: l’Oratorio della Colombina nei pressi di Copiano, il centro storico di Villanterio, la Cascina Torre Bianca nei pressi di Fossarmato, le sponde del fiume Ticino, la villa realizzata nel 1951 dall’architetto Guglielmo Mozzoni alla Zelata di Bereguardo.

«Penso che Teorema ambisca ad essere un film perfetto, cioè abbia una perfezione formale esteriore, si presenti come un insieme completamente risolto da un punto di vista formale e stilistico […]. Negli altri film mi buttavo con la seconda macchina a girare improvvisando […] e poi nel montaggio, naturalmente sceglievo anche i momenti improvvisati, i mo­menti ispirati. Per Teorema non ho nemmeno tentato dì farlo: né nel montaggio, né mentre giravo.» [P.P.Pasolini, in Laura Betti, Michele Gulinucci (a cura di), in Pier Paolo Pasolini. Le regole di un’illusione. I film. Il cinema. Associazione “Fondo Pier Paolo Pasolini”, Roma, 1991]

Pasolini in Teorema, realizzato nel 1968, a differenza di altre sue regie adotta una struttura compositiva che egli stesso definisce perfetta. Sia l’intero film che le singole parti e le inquadrature sono attentamente studiate e composte.
L’unica sequenza caotica, ripresa con la macchina da presa che si muove ca­sualmente e confusamente, è costituita dal preludio che mostra l’intervista del cronista agli operai della fabbrica. Anche i dialoghi sono una sommatoria di stereotipi e luoghi comuni enunciati in forma di domanda dall’intervistatore e ripetuti acriticamente dagli operai.

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L’Etna

II primo leit-motiv è costituito da una sequenza prolungata delle pendici dell’Etna caratterizzata dall’ombra delle nuvole che si muovono sul ter­reno: è collocata all’inizio del film successivamente all’in­tervista; a metà circa del film, prima dell’annuncio della par­tenza da parte dell’Ospite (Terence Stamp); al termine, caratterizzata da Paolo, il padre/proprietario dell’industria (Massimo Girotti), che cammina e urla nudo.

«Ho una vecchia passione per la geografia. Da ragazzo mi inebriavo sull’Atlante a misurare con uno sguardo le dimensioni del Mediterraneo o, quanto meno, la campitura verde della pianura padana. […] Devo confessare che certe combinazioni tra l’azzurro perfido del Pacifico e il rosa da calcomania dell’Australia […] erano quelle che suscitavano con più veemenza la mia Sehnsucht geografica. Ciò non toglie però che assai spesso […] mi decidessi a sfogliare l’Atlante fino alla figura dell’Italia e lì cercassi con avidità insana i cerchiolini delle città a me più care. Mi sentivo allora crudelmente offeso che Bologna non fosse segnata col bel quadrato irregolare di Roma, Milano o Genova […], del resto ero molto compensato dal fatto che Casarsa fosse segnata, anche se con un anello minuto, nel centro del Friuli e che da essa dipartissero fili di una grossa ragnatela, i simboli delle linee ferroviarie. Tutto questo costituisce uno dei luoghi della mia infanzia senza ignoto, senza tempo perduto: sono nitidissimi nel panorama del mio passato, la loro gioia non resta affatto incomunicabile, anzi mi si rinnova nella memoria con tutta la sua purezza». [P.P.Pasolini (1947), in Itinerario nei luoghi del poeta, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, Casarsa della Delizia]

Contrasti

In Teorema edifici e luoghi comunicano caratteristiche contrapposte: monumentali e aulici, simbolo del potere della chiesa o di una borghesia in disfacimento, quali la fabbrica, la villa con parco a San Siro, il Liceo Parini, l’Istituto Marcelline, la chiesa di Santa Maria Segreta a Milano; la chiesa a San Donato Milanese, l’Istituto scolastico religioso a Sant’Angelo Lodigiano. [v. sotto a sinistra, com’era l’edificio dell’Istituto Missionario del Sacro Cuore Scuola Materna Madre Cabrini  e come lo stesso è, oggi…]

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Le citate architetture sono costituite da edifici monumentali il cui prospetto principale è caratterizzato da una composizione a simmetria centrale. Per contrasto la Cascina Torre Bianca, l’Oratorio della Colombina e la Cascina omonima sullo sfondo, il paesaggio lungo le sponde del Ticino, le lunghe strade contornate da fossi e da filari di alberi, così come – in Edipo Re – la Cascina Moncucca e l’edificio a corte in Sant’Angelo Lodigiano. i lunghi filari di alberi e i grandi prati della pianura… costituiscono una sorta di evocazione dell’infanzia, della tradizione contadina e della sua autentica sacralità, dei luoghi e delle architetture legate alla tradizione stessa e del paesaggio ancora rispettato dall’uomo. La contrapposizione architettonica corre parallela a quella relativa ai caratteri dei personaggi e alle loro storie.

Periferie e squallore

Alcune sequenze sono riprese in luoghi marginali che mostrano squallide periferie in espansione, cantieri in corso lungo i confini degli antichi borghi destinati a essere sostituiti dalla costruzione della nuova città che si espande inesorabilmente: i grandi palazzi circondati dai vuoto privo di consistenza spaziale nel piazzale Giovanni Dalle Bande Nere e la demolizione in corso dell’antico Mercato Ortofrutticolo – si nota unicamente una porzione del muro di recinzione dal quale emerge la scultura del Somaini – in Largo Marinai d’Italia entrambi a Milano; l’osteria nella campagna presso la quale il padre e l’Ospite sostano e lo sfondo costituito da grandi edifici di residenza popolare, limite verso nord di Sant’Angelo Lodigiano; gli scavi di cantiere nei quali Emilia si fa seppellire e i nuovi quartieri informi che avanzano e che si notano sullo sfondo.

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La fabbrica

La fabbrica precedentemente citata non è collocata, secondo quanto ri­porta la scheda tecnica del film, in una zona industriale tra Lainate e Arese. In realtà la sequenza iniziale relativa all’intervista agli operai e le sequenze successive, mostrano l’ingresso con pensilina e muri curvi di seguito descritti e in parte ancora identificabili. E’ l’Industria Innocenti (nella quale è stata prodotta anche la mitica Lam­bretta) a Lambrate, a fianco della via Rubattino. Il complesso industriale è attualmente quasi completamente demolito.

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Il Liceo Parini

L’edificio inquadrato diagonalmente in ragione della stretta sezione della via, è il Liceo Ginnasio Giuseppe Parini – scuola frequentata dal figlio – al numero 4 della via Goito: tuttora esistente presenta il fronte sulla via Goito. L’angolo tra le vie Goito e San Marco, che nel film appare vuoto, attualmente è occupato da un edificio realizzato in seguito.La planimetria del complesso è costituita da corpi in linea posti secondo una maglia ortogonale a determinare corti chiuse interne. Il Regio Liceo Ginnasio Parini, inaugurato nel 1935, è stato costruito nell’area precedentemente occupata dal Monastero di San Marco (demolito).

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La villa a San Siro

La grande villa con parco, residenza della famiglia, è ancora esistente e ben conservata: si trova al numero 16 della via Palatino in zona San Siro. Un muro di recinzione caratterizzato dal profilo superiore a porzioni curvilinee e una cancellata metallica centrale tripartita, con pilastri bugnati ai lati e colonnine in pietra sormontate da sfere al centro, separano la via dalla corte d’ingresso.

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La moglie e l’Ospite: la villa in campagna

La villa nella quale la moglie si concede all’Ospite si trova alla Zelata di Bereguardo, nei pressi di Pavia, circondata dai boschi e dalla campagna del fiume Ticino. La casa isolata al centro di un vasto prato poco distante del fiume è la dimora progettata e realizzata nel 1951 dall’architetto Guglielmo Mozzoni per sé e per la moglie, Giulia Maria Crespi. L’edificio – un unico volume composto da due corpi laterali collegati da uno minore centrale – è concepito, al fine di fronteggiare le piene del fiume, quale grande volume su palafitte che appare “sospeso” nella campagna sostenuto da grandi pilastri e ritmato da esili montanti.

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La Cascina Torre Bianca

A pochi chilometri da Pavia lungo la via Trovamala in direzione di Sant’Angelo Lodigiano, oltrepassata la frazione Fossarmato nel comune di Cura Carpignano, troviamo sulla destra il luogo nel quale sorgeva l’antica Cascina Torre Bianca, demolita negli anni Settanta. Originariamente un viale alberato, al di là della strada Trovamala, proseguiva l’asse longitudinale della cascina e conduceva a un ulteriore portale. Attualmente una scritta (Azienda Agricola Torre Bianca) sulla sommità arcuata di un’inquietante struttura metallica (alla quale è appesa la campana originaria della cascina) segna l’ingresso a un vasto spiazzo in cemento sul quale sono state edificate alcune squallide casette in serie, un capannone e alcuni silos.La cascina è completamente esplorata dalla macchina da presa: entra lungo il portale di ingresso principale segnando il percorso longitudinale che attraversa la cascina stessa, si ferma in posizione centrale, inquadra Emi­lia che entra nella corte (controcampo) e, al centro, guarda di lato; ruota di 90 gradi seguendo lo sguardo di Emilia e propone la vista di un vuoto nei corpi perimetrali verso la campagna; in realtà a lato è presente una panca sulla quale sosterà Emilia. Il controcampo è costituito dalla porta della casa padronale alla quale si affaccia la famiglia di Emilia. Le inquadrature mostrano ancora una volta l’asse longitudinale principale – campo e controcampo – e l’asse tra­sversale perpendicolare.Successivamente la macchina da presa collocata al centro della cascina compie una rotazione completa di 360 gradi – unico esempio in tutto il film – descrivendo interamente la corte interna.

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Quando Emilia “compie il mi­racolo” e levita a mezz’altezza, la macchina da presa si alza verticalmente verso il cielo: un’ulteriore croce, tridimensionale in questo esempio. Il portale d’ingresso inquadra l’ampia corte interna secondo l’asse lon­gitudinale principale che prosegue, lungo il fronte opposto, con un se­condo portale inglobato nella cortina edilizia, continuando il percorso esternamente alla cascina.Al centro della corte vediamo alcuni grandi silos cilindrici in cemento; il lato est è costituito da un basso volume porticato, da un vuoto e dalla casa padronale (in sommità la piccola cella campanaria: la campana comincia a suonare quando Emilia inizia a levitare); il lato ovest è delimitato da una stalla con grandi portici lungo i lati maggiori, un vuoto (adiacente alla posizione in cui Emilia si siede) e dai corpi minori in linea, di servizio o de­stinati ai braccianti, che proseguono lungo il lato sud. L’inquadratura della folla che si raduna nella corte della cascina richia­mata dai miracoli e dalla levitazione di Emilia allude al dipinto Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo; a questo proposito scrive Laura Betti:

«Ricordo che, al momento della levitazione, come al solito man­cavano i soldi per la piccola folla di comparse che dovevano assistere al miracolo della santa.. Franco Rossellini, il produttore, non si perse d’animo e fece irruzione in un ospizio di vecchietti vicino a Pavia ur­lando per le corsie: “venite! Presto venite! Ci sta una santa che fa i mi­racoli!”. Caricò i vecchietti nel furgoncino e cominciò subito a far circolare un po’ di fiaschi dì vino e insomma i vecchietti, disposti sotto il tetto da dove io me ne partivo in volo, ci credevano sul serio. Arrivati all’ultimo ciak, mentre i tecnici tentavano di farmi scendere, Franco si mise a urlare al megafono: “Correte! Correte! Ci sta la santa che scende e si vede tutta la … ” Ecco il cinema è anche questo.»

Le citate comparse sono state “reclutate” presso il Pio Albergo Pertusati di Pavia, una casa di riposo per anziani nel viale Matteotti.

Il percorso della moglie
La moglie, successivamente alla partenza dell’Ospite, si avvia a bordo di un’autovettura (una “Mini” Innocenti) e intraprende il suo tormentato viaggio durante il quale adesca giovani ragazzi. Esce dalla villa, percorre la via Palatino, prosegue lungo la via Rospigliosi sino a piazzale Segesta e gira a destra verso sud lungo il viale Mar Jonio: l’immagine successiva mostra uno squallido piazzale con pianta a raggiera e grandi edifici prospicienti il largo: si riconosce un alto edificio situato nel piazzale Giovanni Dalle Bande Nere.
La corsa prosegue lungo un anonimo viale alberato sino alla sosta presso il Largo Marinai d’Italia: l’autovettura percorre il viale Umbria che delimita un lato del Largo, accosta lungo il lato definito dal corso 22 Marzo accanto a un edificio con alcuni negozi: il controcampo mostra una scultura di Francesco Somaini. L’autovettura svolta a sinistra lungo la via Cadore e si ferma nuovamente a fianco di un filare di alberi e di un alto palazzo il cui prospetto è caratterizzato dall’alternanza di fasce verticali intonacate o a bugnato, da negozi al piano terra e massicci balconi aggettanti. Nell’inquadratura perpendicolare alla via si intravede la scultura del Somaini circondata da lavori in corso e parzialmente coperta dal muro di recinzione che è in fase di demolizione (probabilmente i lavori di demolizione dell’antico Mercato).  Quando l’autovettura riparte, l’inquadratura collima con l’asse della via Cadore in direzione degli alti palazzi prospicienti la via Anfossi.

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L’Oratorio della Colombina

Percorrendo la strada che collega Sant’Angelo Lodigiano a Pavia (Strada Statale 235 di Orzinuovi) troviamo la chiesetta della Colombina, oratorio della cascina omonima situata a breve distanza. L’edificio è isolato nella campagna e collegato alla strada da un breve vialetto in terra battuta.
La moglie raggiunge il luogo in automobile dopo aver adescato due giovani: ha rapporti sessuali con uno di loro in un fosso asciutto limitrofo alla chiesetta. La macchina da presa inquadra ancora una volta l’edificio secondo gli assi principali perpendicolari. Un’inquadratura effettuata dalla strada mostra la chiesa e sullo sfondo la cascina omonima.

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La chiesa è a navata unica con abside a pianta semicircolare; il prospetto principale mostra un timpano a coronamento, quattro lesene, un oculo centrale; l’ingresso è contraddistinto da un nartece delimitato da bassi muretti. Il piccolo edificio collocato al termine del citato vialetto sterrato, attualmente delimitato da un filare di alberi, a margine di ulteriori filari alberati e della rete dei fossi, costituisce un punto di riferimento nella piatta pianura lombarda. Successivamente la moglie, dopo la sosta a Sant’Angelo, ritorna ed entra nella chiesa osservando l’altare e il crocefisso.

«Teorema è già stato deriso e questo mi è molto dispiaciuto. Son cose che feriscono. Vedere che della gente ridacchia volgarmente di fronte alle cose per cui uno si è speso, si è offerto, ha offerto il fianco… Vedere della gente che ride dispiace, benché io sappia che non può che ridere. E ride di fronte al rigore formale perché è abituata allo stile illustrativo dei film, ad avere tutto spiattellato, tutto chiaro, tutto banale; di fronte alle difficoltà reagisce ridendo. O protestando, o ridendo.» [P.P.Pasolini, “In margine. (A proposito del cinema d’élite) Gennaio 1969”, in Laura Betti, Michele Galinucci (a cura di), in Pier Paolo Pasolini. Le regole di un’illusione. I film. Il cinema. Associazione “Fondo Pier Paolo Pasolini”, Roma, 1991]