PPP e Eduardo. Un incontro mancato per un film solo sognato

Sulle pagine web dell’ultimo numero di “Diari di Cineclub” (dicembre 2015, n. 34), insignito ad Assisi il 28 novembre 2015  del Premio “Domenico Meccoli  ScrivereDiCinema” quale migliore magazine online di cinema, sono usciti alcuni interventi in ricordo di Pasolini, intellettuale e regista. Col consenso del direttore della testata Angelo Tantaro, pubblichiamo qui l’articolo di Marino Demata, che ripercorre il legame che negli anni Settanta unì Pasolini e Eduardo De Filippo, nel segno di una profonda consonanza umana, artistica e ideologica cui la tragica morte del regista impedì il concreto approdo cinematografico. E’ noto infatti che Pasolini pensava a Eduardo quale interprete di Epifanio in Porno-Teo-Kolossal, il film che aveva in animo di girare dopo Salò e che invece la brutalità assurda del destino ha lasciato allo stato di un progetto d’arte solo sognato.

Pasolini e Eduardo per “Porno-Teo-Kolossal”: il film sognato e mai girato
di Marino Demata

  www.cineclubromafedic.it/images/ccroma/diaricineclub_034.pdf  –  dicembre 2015

Nel 1975 Pasolini scri­ve la bozza di sceneg­giatura del film Por­no-Teo-Kolossal che aveva intenzione di girare subito dopo Salò: doveva esser un film sull’ideologia vi­sta in tre varianti in corrispondenza di al­trettante forme di utopia, e cioè il passato pa­leo-industriale, il presente neo-capitalistico e il futuro tecnocratico, tutte destinate al falli­mento attraverso catastrofi apocalittiche, che avrebbero coinvolto nel fallimento l’ultima utopia, quella della fede. Per il regista doveva trattarsi di un’opera epica grandiosa, la vera e propria conclusione della sua carriera cine­matografica, che purtroppo le tragiche circo­stanze del suo assassinio hanno fatto conclu­dere prima di girare quest’ultima opera.
Pasolini aveva già stabilito chi dovesse essere l’interprete principale del nuovo film: Eduar­do De Filippo, col quale si intrattiene spesso sul progetto, in cantiere fin dal 1973. Perché Eduardo? E perché il film doveva iniziare da Napoli?
Per Maurizio Giammusso «Pasolini vedeva nell´attore la maschera vivente di Na­poli» (Vita di Eduardo) e Napoli rivestiva per lui, per le sue idee, una importanza simbo­lica straordinaria, in quanto ultima e unica città a non farsi omologare linguisticamente dal neo-capitalismo attraverso la televisione, la città che riesce, al contrario del resto della realtà italiana, a conservare la propria identi­tà linguistica e culturale originaria. Nell’ulti­ma lettera inviata, assieme a un nastro regi­strato, a Eduardo il 24 settembre 1975, Pasolini è esplicito con Eduardo: “Caro Eduardo, ecco­ti finalmente per iscritto il film di cui ormai da anni ti parlo. In sostanza c’è tutto. Manca­no i dialoghi, ancora provvisori, perché conto molto sulla tua collaborazione, anche magari improvvisata mentre giriamo. Epifanio lo af­fido completamente a te: aprioristicamente, per partito preso, per scelta. Epifanio sei tu…”.
Eduardo aveva capito bene il valore straordi­nario che Pasolini aveva attribuito alla sua Napoli, e contemporaneamente la stima pro­fessionale e l’affetto che lo legavano a lui. E perciò alla tragica morte di Pasolini, Eduardo volle parlare, al di fuori di ogni ritualità, defi­nendolo un “amico angelico”. Di lui dice di aver amato «la sincerità, la libertà assoluta del suo pensiero, la lucidità nell´analisi sociale, la ribellione all´ipocrisia e alla falsità. Perché –disse-« io so distinguere morti da morti e vivi da vivi. E Pasolini era veramente un uomo adorabile, indifeso; era una creatura angelica che abbia­mo perduto e che non incontreremo più come uomo; ma come Poeta diventa ancora più alta la sua voce e sono sicuro che anche gli opposi­tori di Pasolini oggi cominceranno a capire il suo messaggio».
Più tardi a Pasolini Eduardo dedicherà una meravigliosa poesia, La spal­liera di Cristo, 32 versi di affetto e sincero rim­pianto, dove per spalliera di Cristo si intende la Croce. Ma a mio giudizio, al di la della reci­proca ammirazione artistico-professionale e della stima come uomo e poi come amico, c’è un al­tro aspetto veramente fondamentale del loro rapporto sul quale forse poco finora la critica si è soffermata: una grandissima consonanza ideologica. Mi riferisco alle posizioni di Eduardo sul sacro, sulla fede e soprattutto sui valori del Cristianesimo delle origini e sul tra­dimento storico di essi da parte della Chiesa cattolica, verso la quale l’artista napoletano oscilla tra un “fragoroso silenzio” e una cri­tica sempre abbastanza esplicita, allorché da un lato i personaggi delle sue commedie, tito­lari di una religiosità immediata e popolare, si affidano ad essa sperando invano di trovare vero conforto, e dall’altro lato lui stesso, diret­tamente, quando ha parlato di vero messag­gio religioso, ha sempre fatto riferimento, proprio come Pasolini, soltanto all’insegna­mento diretto di Cristo e a San Francesco.
L’anticlericalismo e il radicalismo  marxi­sta, anch’esso così comune a Pasolini, è evi­dentissimo soprattutto nell’ultima parte dell’opera edoardiana. E non è certamente un caso se la poesia cui si faceva cenno sopra, scrit­ta per la morte del regista, termina con le parole, anch’esse polemiche, quel tipo di polemica indiretta che sapevano fare entrambi molto bene,  “Cristo povero”.

Eduardo e Pasolini
Eduardo e Pasolini

Altro dato comune: en­trambi erano amici o comunque non disde­gnavano rapporti con religiosi, ai quali spesso confidavano le loro così simili posizioni laiche sul sacro e le loro perplessità sulla funzione storica della Chiesa cattolica. Pasolini aveva come interlocutore Don Cordero e poi, dopo la morte di questi, gli ambienti soprattutto della Cittadella di Assisi; Eduardo aveva come amico Monsignor  Donato De Bonis. A quest’ultimo Eduardo scrive due anni dopo la morte di Pa­solini una lettera su Le voci di dentro in cui ancora una volta, proprio come nella poesia dedicata al regista morto, Cristo viene citato con un aggettivo. Nella conclusione della poe­sia a Pasolini l’espressione era “Cristo pove­ro” ;qui è la “VERA parola di Cristo” (“VERA” polemicamente tutto in maiuscolo nella lettera) : «Queste voci che strillano, lasciando smarrire le coscienze innocenti delle generazioni di og­gi, al mio caro Donato dedico, affinché egli – sacerdote del pensiero limpido, responsabile e cosciente di un futuro aperto verso la VERA parola di Cristo – condanni senza pietà alcuna i remoti peccati commessi da remotissimi re­sponsabili. Il suo Eduardo, Roma 25 dicem­bre 1977».
Si tratta dunque di una strana, per­fetta consonanza ideologico-religiosa che ha portato Pasolini e Eduardo a conclusioni molto simili, pur partendo da premesse diver­se e con percorsi naturalmente differenziati. Per entrambi esistono e hanno valore Cristo e San Francesco. C’è poi la Chiesa come istitu­zione, in tanti passaggi storici veramente im­barazzante, che quasi mai è stata degna di es­si. Dunque Eduardo e Pasolini sono portatori di una cultura laico-marxista che non contrad­dice, ma anzi avvalora l’altezza rivoluzionaria del messaggio del “Cristo povero”. E infine per entrambi il “sacro” ha un grande fascino, che cercano di interpretare e spiegare laicamente.

[info_box title=”Marino Demata” image=”” animate=””]già docente di Filosofia, è da anni Presidente dell’ Associazione di Cinema e Cultura denominata “Rive Gauche – ArteCinema” con sede a Firenze, per la quale organizza eventi, convegni, cicli di pro­iezioni per tema o per autori.
Dirige un Blog di ci­nema ( http://rivegauche-artecinema.info/) che ha attualmente all’attivo oltre 400 recensioni, articoli e saggi in massima parte scritti da lui, molti dei quali pubblicati anche su altre riviste. Ha recente­mente completato il saggio su Il destino nel cinema e nella realtà, su “Lo sguardo critico” per la rivista Nuovo Fedic Notizie n. 25. E’ in pubblicazione il suo romanzo I due soli, storia di un affermato re­gista in crisi creativa. Sta attualmente lavorando ad un ampio saggio sui film sognati e mai realizza­ti da parte dei più importanti registi di tutto il mon­do.[/info_box]