PPP artista della comunicazione “multimediale” e fraterna, di Massimo Puliani

Pubblichiamo un breve scritto di Massimo Puliani, regista teatrale, saggista e oggi docente all’Università di Bologna, su un aspetto portante che rende uniche e intramontabili l’opera e la figura di Pasolini: ossia il motivo della sperimentazione “multimediale” che tra i primi fu sottolineato nel 1977 da Tullio De Mauro.
Queste considerazioni sono apparse in un post della pagina facebook dello stesso Puliani.

  Perché Pasolini possa definirsi multimediale
di Massimo Puliani 
 

https://it-it.facebook.com/massimopuliani/posts/10207845987609926 – 26 ottobre 2015

Oggi in Italia (ma anche in Francia, in Germania, in Spagna ecc.), il riaccendersi continuo di interessi per la figura e l’opera di Pasolini è segno che c’è ancora spazio per la dialettica sulle arti e sui linguaggi espressivi, per la ricerca di verità e per gridare no all’omologazione.
Scrive Tullio De Mauro nella prefazione a Le belle bandiere di P.P.Pasolini (Editori Riuniti-l’Unità 1977) «che oggi c’è (e come ogni anniversario c’è ancora e ci sarà – speriamo – ancora) un ribollimento della coscienza comune dinanzi a un caso che si sente culturalmente, socialmente, umanamente non archiviabile. Non archiviabile sia per quel che fu il trattamento riservato a Pasolini in vita, sia per quello che fu la sua morte nel desolato Idroscalo di Ostia e per quello che è stato poi il comportamento della meditabonda (meditante?) e archiviante magistratura. Ma un altro motivo ancora, meno specificamente legato alla vicenda di “un paese orribilmente sporco», più vastamente sentito anche nelle culture di altri paesi, ci riconduce oggi a Pasolini. E il motivo è la trama stessa della sua esistenza. Esso è la filigrana di ogni sua opera artisticamente creativa, dei lavori di critica e studio, degli interventi saggistici e giornalistici, delle sue scelte politiche, civili, umane: l’ansia e la gioia di comunicare».

Pasolini con i suoi disegni sulla laguna di Grado
Pasolini con i suoi disegni sulla laguna di Grado

Siamo pienamente d’accordo (tralasciando però l’affermazione del “primato”) con il linguista De Mauro quando definisce «Pasolini il primo artista di grande livello internazionale che possa definirsi multimediale in modo adeguato alle tecnologie contemporanee della comunicazione e dell’espressione. Egli è stato un infaticabile sperimentatore di linguaggi diversi: parola e disegno, teatro e cinema, canzone e musica, corporeità e sport».
Pasolini è una di quelle figure che appartiene sì a quella categoria novecentesca dei multimediali non intesi nel senso stretto di chi utilizza tecniche e strumenti tecnologici, ma di chi ha capacità di scrivere con diversi linguaggi. Nel suo modo di essere artista l’incontro/scontro in Pasolini fra la Tradizione e la Sperimentazione ha generato nuovi scenari e nuovi linguaggi audaci e innovatori. Pasolini intendeva la multimedialità come una necessità creativa, come un forte pungolo espressivo. E anche oggi i nostri giovani, i nativi digitali, guardano a lui e alle sue opere con ammirazione.
Se con il cinema Pasolini è facilmente riconducibile alla scrittura multimediale per la varietà delle tecniche utilizzate (fiction, docu/film, interviste-documentario e interviste giornalistiche) la capacità comunicativa da lui assunta e proposta attraverso i diversi codici linguistici e comunicativi come la ricerca della forme musicali sia letterarie (Canzoniere italiano) che cabarettistiche (di stampo brechtiano) per la Betti, ma anche per altri interpreti nazional- popolari come Modugno o Endrigo, o le sue incursioni televisive con Biagi o i suoi articoli corsari sul “Corriere della Sera”, ci consegnano una figura di artista/intellettuale eclettica e provocatoriamente efficace che difficilmente si potrà ritrovare oggi e in futuro.
Pasolini, lo diciamo con convinzione, è unico.

Laura Betti e Pasolini
Laura Betti e Pasolini

Scrive Pasolini in Le belle bandiere: «Io cerco di creare un linguaggio che metta in crisi l’uomo medio, nei suoi rapporti con il linguaggio dei mass media, per esempio. Nel momento in cui odio le istituzioni e lotto contro di esse, provo un’immensa tenerezza per questa istituzione della lingua italiana in quanto koinè, per questa lingua italiana nel senso più esteso del termine, perché è proprio dall’interno di questo quadro che mi viene concesso di innovare, ed è tramite questo codice istituito che fraternizzo con gli altri. Quel che più mi importa nell’istituzione è il codice che rende possibile la fraternità. Il codice, soprattutto il codice linguistico, è la forma esterna indispensabile a questa fraternità umana che provo sempre in me come qualche cosa che ho perduto».
Ancora De Mauro: «Queste linee di frattura, le sue mani di artista sensibile, la sua intelligenza non sazia di orizzonti intellettuali e tecnici nuovi, la sua vita mite e indifesa le hanno cercate e percorse per sperimentare e farci intendere che esse possono essere non motivo di lacerazione e contrasto, ma ragioni di identità, di differenza e perciò di potenziale reale scambio e comunicazione: luogo di fratellanza. Ed è questo, a me pare, che ci porta in tanti, qui da noi, in Italia, e fuori, nel mondo più vasto, a tornare e ritornare alla sua opera, alla sua vita e alla sua morte. Se il nostro è il secolo del linguaggio e della comunicazione, Pasolini ne è simbolo e interprete tra i più profondi. Della speranza di ritrovare nella diversità le possibilità di mettere in comune, fraternamente, un senso – di ciò la sua opera, la vita, la stessa sua morte hanno altamente testimoniato».

[info_box title=”Massimo Puliani” image=”” animate=””]Da sempre interessato alla ricerca di nuovi linguaggi artistici, con particolare attenzione alle forme espressive del teatro e delle nuove tecnologie dell’arte, sviluppa la sua attività  simbioticamente sia nel campo della produzione (come regista e promotore di festival) che nell’analisi e nello studio della fenomenologia dell’arte contemporanea (come docente e autore di saggi critici).
Laureato in Lettere all’Università di Bologna, Puliani frequenta il teatro di Pasolini dagli  anni Ottanta grazie all’incontro con gli intellettuali urbinati Paolo Volponi, Gualtiero De Santi, Donatella Marchi. Sviluppa così una progettualità pluriennale su Pasolini che produrrà un festival a Urbino il 15-18 aprile 1991 dal titolo Teatro in forma di rosa con Laura Betti: da lì un recital con Paolo Volponi (le luci e lo spazio scenico a cura dello stesso Puliani), un convegno con Dario Bellezza, Naldini, Zigaina, Scalia, Quadri, Nicolini (quest’ultimo recitò Calderón in sostituzione di Judith Malina che successivamente venne a Urbino per una cerimonia sotto i Torricini di Palazzo Ducale), Leo De Berardinis, il quale dedicò un concerto a Pasolini. Tra gli  spettacoli, Il padre selvaggio con Fabrizio Bartolucci e musiche del contrabbassista degli Area, Ares Tavolazzi; Episodi da “Orgia”, regia di Lorenzo Loris; Parole di Edipo di Dark Camera con Marcello Sambati. Da menzionare anche una pubblicazione sulla «centralità della parola nel teatro dello scrittore friulano» (Il mistero della parola, capitoli critici sul teatro di Pier Paolo Pasolini, in collaborazione con Gualtiero De Santi, Edizioni Il Cigno, 1995)
In particolare l’attività filologica e l’interpretazione del teatro di Pasolini fu approfondito grazie all’incontro con l’attrice Marisa Fabbri con la quale Puliani terrà una serie di laboratori, tra cui uno stage a Napoli (Università e Teatro Nuovo nel 1992) con la messinscena di Bestia da stile.
La ricerca sul teatro di Pasolini si è poi sviluppata attraverso la multimedialità espressa in particolare nei confronti dei testi minori (tra cui Vivo e Coscienza) e della variegata produzione documentaristica pasoliniana, oggetto di un corso monografico all’Accademia di Macerata, con interessanti progetti realizzati dai videomakers/studenti.
Per il quarantennale della morte di Pasolini realizza il docu/drama  Vivo e Coscienza, tratto dal testo per musica e danza scritto da Pasolini nel 1963 (ma mai rappresentato), utilizzando le musiche di Bruno Maderna, tratte da Hyperion(1964), e con una citazione da La rabbia (1963) di Pasolini con la voce di Giorgio Bassani. Nel 2016 realizza il documentario dedicato al fotografo-giornalista Mario Dondero, dal titolo Mario Dondero Honoris Causa: discorsi, canzoni e immagini di un uomo che voleva raggiungere la luna (30′). [fonte wikipedia][/info_box]