Da Socrate a Pasolini e Wallace, di Davide Speranza

Per gentile concessione della rivista online “Milena.com”, pubblichiamo volentieri una riflessione di Davide Speranza, già presentata all’interno della maratona letteraria Notte Pasolini- Atto primo  (31 ottobre 2014 al Teatro Ghirelli di Salerno) di cui anche questo blog ha  già dato notizia.  L’autore, che è giornalista e scrittore, vi attiva uno straordinario confronto  tra le figure di Socrate, Pasolini e David Foster Wallace, accomunati non solo dai modi tragici della  morte esemplare  ma soprattutto dalla radicale  requisitoria contro il Potere, pervicace strumento di dominio dell’uomo sull’uomo fino alle attuali manifestazioni del vuoto neocapitalistico.

Da Socrate a Pasolini e David Foster Wallace: supplizio della libertà, clonazione del potere
di Davide Speranza

www.rivistamilena.com/#!“Da-Socrate-a-Pasolini-e-David-Foster-Wallace-supplizio-della-libertà-clonazione-del-potere – 27 marzo 2015

Questo il lungo titolo che consegnai al mio intervento. Era la sera del 31 ottobre 2014, quando andò in scena il I Atto dell’omaggio al Poeta. Ciò che mi interessava, attraverso la figura di Pasolini – alla base delle mia triangolazione -, era uno sguardo semplice e lineare sul concetto di “potere”. Dimostrare come l’unico e inestinguibile testimone che l’uomo è capace di darsi, nel corso dei millenni, fosse il desiderio assoluto di dominare il presente, azzerando i necessari contraddittori e le menti pulsanti. Pier Paolo Pasolini era un intellettuale, uno scrittore e soprattutto, più di ogni altra cosa, egli era un poeta. Grazie alla sua capacità di coordinare “fatti anche lontani”, alla tridimensionalità storica della sua scandalosa analisi antropologica, Pasolini ha sempre scandagliato il Potere, e non solo quello degli anni ‘60  e ‘70.
Il Potere di cui parla il poeta è il potere di sempre, quello esercitato dai magistrati corrotti, che hanno portato Socrate a bere la cicuta; quello dell’omologazione mediatica e sociale, simboleggiata da un gruppo di corpi vecchi e decrepiti, bruciati dal sole cocente su di una crociera extralusso diretta ai Caraibi, descritta con ironia tagliente da David Foster Wallace: più simile al Paese dei balocchi di Pinocchio che ad una nave che trasporta esseri umani. Wallace, in particolare, è stato uno di quei pochi autori ad aver saputo descrivere, con una lucidità disperata, il Nuovo Potere legato al Neocapitalismo, individuando “nuove droghe” che annebbiano le masse. Quello stesso nuovo potere – non quello politico-fisico, né quello giudiziario, ma più perverso, legato al vuoto, all’insensata vacuità della cultura contemporanea occidentale – che ne minerà l’equilibrio psicologico, fino a portarlo alla depressione e quindi al suicidio.

David Foster Wallace
David Foster Wallace

Resta qualcosa di buono in questo magma caotico, fatto di lotta per la libertà ed esaltazione della diversificazione culturale. Resta la lezione pasoliniana, la vivace forza di non chinare mai la testa e di guardare in faccia la classe dominante corrotta, sulla scia di un’unica e dirompente affermazione: Io So! Le Belle Bandiere, Scritti Corsari, Il Caos, Lettere Luterane. Pasolini ha percorso la sua esistenza dando un volto all’ombra di una nazione smarrita. Con il romanzo/saggio Petrolio e la pellicola Salò o le 120 Giornate di Sodoma, firma la propria condanna a morte e consolida la scelta di vivere da uomo libero. Un paradosso, morte-vita, contro cui Pier Paolo Pasolini ebbe a scontrarsi fin dai tempi de Il Vangelo secondo Matteo, sfidando il banale “scandalizzarsi” del Vaticano e della borghesia italiana.
Non si può comprendere Pasolini se lo si leggerà lungo le righe e non dietro le parole. Pasolini può riassumersi attraverso il trattatello pedagogico intitolato Gennariello. Leggetelo. Godetevi questo falso dialogo tra il poeta e uno scugnizziello napoletano. Non è affatto un caso che Pasolini abbia scelto un partenopeo.
Nel quarto paragrafo, Pasolini espone, a Gennariello e al lettore, il suo essere fuori da ogni struttura codificabile, come Napoli. “Gennariello […] ricorda che io, tuo maestro, non credo in questa storia e in questo progresso […] bisogna avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata […] chi accetta realisticamente una trasformazione che è regresso e degradazione, vuol dire che non ama chi subisce tale regresso e tale degradazione, cioè gli uomini in carne e ossa che lo circondano”.
Ed è questo il punto in cui mi pongo una domanda: cosa amiamo noi uomini del Terzo Millennio?