Nel dicembre 1973, per la Commissione Cinema del Comune di Bologna e la Mostra Internazionale del Cinema Libero di Porretta Terme,Vittorio Boarini, allora direttore della Cineteca di Bologna, e Pietro Bonfiglioli, critico di arte, letteratura e cinema, curarono un convegno che avrebbe avuto un ruolo storico nella vita culturale della città e che si intitolava Erotismo, eversione, merce.
Erano gli anni di film quali Trans-Europ- Express (1966) di Robbe-Grillet, L’armata a cavallo (1966) di Jancsò, Storia segreta del dopoguerra (1970) di Oshima, Trash (1970) di Morrissey, I diavoli (1971) di Ken Russell, Il Decameron (1971) e I racconti di Canterbury (1972) di Pasolini, Arancia meccanica (1971) di Kubrick, Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, La grande abbuffata (1973) di Ferreri e di molti altri. Pellicole che trasgredivano le convenzioni moralistiche e sfidavano i codici della censura. L’Eros, come scrivevano Boarini e Bonfiglioli, «non è un tema tra gli altri, ma la stessa coscienza erotica dell’immagine cinematografica come sensibilità e corporeità».
A Bologna, in una tavola rotonda curata dal Centro Studi – Archivio Pasolini della città, giovedì 21 gennaio 2016, alle ore 18 (presso la Biblioteca Renzo Renzi della Fondazione Cineteca, piazzetta Pasolini 3/b), Marco Antonio Bazzocchi, critico letterario e professore di letteratura italiana contemporanea, Vittorio Boarini, fondatore della Cineteca di Bologna, critico e docente cinematografico, e Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi – Archivio Pasolini di Bologna e critico cinematografico, si soffermeranno sui temi di quel memorabile convegno (da cui nacque il libro omonimo, edito da Cappelli) e sul contesto culturale dell’epoca, ripercorrendo anche alcuni dei contributi di allora, tra i quali si ricordano quelli di Félix Guattari, Ado Kyrou, Fernanda Pivano, Gianni Scalia, Elémire Zolla e Pier Paolo Pasolini.
Pasolini, nell’intervento intitolato Tetis, dichiarò, tra l’altro: «Come autore di film, in questi ultimi anni, ho indubbiamente compiuto uno di quegli sforzi individuali di cui dicevo per allargare lo spazio espressivo che la società mi concedeva a rappresentare il rapporto erotico. Sono giunto, per esempio – cosa mai accaduta fino a quel momento – a rappresentare il sesso addirittura in dettaglio. Devo dire anzitutto che io stesso, negli anni precedenti – sia con le opere che con gli interventi esplicitamente politici – e, inoltre, col mio stesso essere e comportarmi -, avevo dato il mio contributo perché la società italiana mi concedesse quello spazio entro cui io potessi esercitare lo sforzo necessario per aumentare ancora di più le possibilità del rappresentabile.
Sono state le lunghe lotte – ormai arcaiche se non mitiche – degli anni Cinquanta e quelle, ancora ribollenti, dei primi anni Sessanta a preparare il terreno a questa inclinazione alle riforme e alla tolleranza da parte della società borghese italiana. La censura, che un tempo censurava un seno scoperto, ora è giunta a lasciar passare, appunto, il dettaglio di un sesso in primo piano; e la magistratura, che un tempo condannava per una semplice illazione, oggi è costretta a rendere molto più elastica la nozione sacra del “comune senso del pudore”. C’è, in questi mesi, è vero, la minaccia di un ritorno all’ordine (non citerò gli esempi). Ma io penso che ciò che si è stabilizzato si sia stabilizzato, ciò che è passato sia passato».
L’intervento Tetis è leggibile in Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, “Meridiani” Mondadori, Milano 1999, pp. 257-264.