A Gorizia, per èStoria con CSPPP, Massimo Popolizio legge “Ragazzi di vita”

“I giovani, si sa, amano poco la storia. Li annoia, la storia. E la storia si è presa nei loro confronti quasi una sorta di rivincita culturale, considerandoli per secoli una presenza priva di rilevanza sociale. Forse anche per scongiurare i traumi connessi a un passato segnato dall’alta mortalità infantile? È vero che l’istituzione scolastica, la disciplina pedagogica, la fioritura della letteratura per l’infanzia e la rilevanza assunta dalla famiglia – pur con le sue crisi – nel mondo odierno hanno contribuito a modificare il sentimento della giovinezza, ma ancora oggi non cessano attacchi da più parti al mondo dei giovani, coperti a ripetizione da epiteti a dir poco non compiacenti. Come è possibile allora porre al centro di un evento effimero come un festival di storia un apparente ossimoro, una riflessione che non può possedere la profondità di pensiero e di analisi come quella impiegata da Philippe Ariès in Padri e figli nell’Europa medievale e moderna (Parigi, 1960), ma non deve nemmeno scivolare nell’ovvietà o nel cliché superficiale? Tenteremo di farlo ugualmente tracciando una linea di evoluzione temporale che renda conto del progresso della nozione dei giovani dall’antichità fino ai giorni nostri, senza la pretesa di esaurire un argomento di storia degli affetti, sterminato nelle sue relazioni letterarie, politiche, scientifiche e sociologiche. Ponendo i giovani al centro del dibattito, ma rendendoli il più possibile protagonisti e, speriamo, annoiandoli meno del solito. La sfida è difficile: correremo il rischio. Lo fa chiunque insegua, stupito, incantato, generosamente impulsivo anche se un po’ impaurito, il sogno di una Storia che non c’è”.

Massimo Popolizio
Massimo Popolizio

Con queste parole il curatore Adriano Ossola introduce èStoria 2015,  il Festival internazionale della Storia che a Gorizia, da undici anni, raccoglie nella tarda primavera una schiera di  intellettuali, giornalisti e studiosi, chiamandoli a riflettere intorno ad un tema centrale di discussione che sia suscettibile di agganci pluridisciplinari e di spunti problematici di attualità. Per la nuova undicesima edizione al centro del dibattito sono appunto i “Giovani”, argomento verrà proiettato in particolare nel presente, con riferimento alle sfide e prospettive future dal punto di vista sociologico, antropologico, scolastico e politico e nel mito della gioventù attraverso la letteratura, le arti figurative, il cinema, la musica e il teatro.
Fitto il calendario di incontri che si snoderanno dal 22 al 24 maggio, in vari luoghi della città isontina e che sabato  23 alle ore 17.30, presso la Tenda Erodoto Giardini pubblici di corso Verdi, saranno sigillati dalla consegna del Premio FriulAdria “Il romanzo della storia” a Roberto Saviano, che a seguire interverrà sul tema “Leggere per resistere al Male”.
Dal ricco programma, leggibile sul sito di èStoria (www.estoria.it), segnaliamo un immancabile appuntamento dedicato a Pasolini, organizzato in collaborazione con il Centro Studi a lui dedicato a Casarsa della Delizia. Riflessione d’obbligo, non tanto perché quest’anno ricorrono i 40 anni dalla scomparsa dello scrittore, quanto perché Pasolini rivolse un persistente e appassionato interesse alla gioventù, categoria della purezza, della innocenza e della verità  irriducibili al conformismo degli adulti  e mito che  alimentò la sua sensibilità acuta di poeta, scrittore, cineasta e  polemista. Questo focus pasoliniano speciale sarà presente venerdì 22 maggio, alle ore 20.30, al Teatro Verdi, dove l’attore Massimo Popolizio leggerà passi dal romanzo Ragazzi di vita, un testo su cui ha esercitato più volte la sua perizia di sensibile lettore, come nel 2012 per le trasmissioni  di “Fahrenheit” su Radiotre. Introdurranno la serata Paolo Medeossi e Angela Felice, che tracceranno alcune possibili consonanze tra i “pischelli” picari delle borgate romane e la “meglio gioventù” friulana, la cui epopea di formazione, fino al disincanto finale, è consegnata particolarmente alla pagine del romanzo Il sogno di una cosa, edito a Roma nel 1962 ma progettato e steso in Friuli per buona parte già alla fine degli anni Quaranta.