Per www.espoarte.net Silvia Conta intervista l’artista Michele Spanghero, che per il quarantennale della morte di Pasolini ha realizzato l’installazione acustica site specific ppp-pianopianissimo negli spazi della casa materna del poeta a Casarsa della Delizia. L’iniziativa è stata inaugurata il 30 ottobre 2015 (durata fino al 30 novembre) a latere del tradizionale convegno di studi promosso dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini, che è partner di Cinemazero, primo ideatore per la cura di Marianita Santarossa di questa suggestiva opera d’arte contemporanea che evoca il fantasma sonoro della voce di Pasolini nella casa della sua giovinezza, sulla traccia dei ricchi materiali dell’archivio di Cinemazero.
pianopianissimo: quando la sound art restituisce Pasolini
intervista a Michele Spanghero
di Silvia Conta
www.espoarte.net/ppp – 5 novembre 2015
Casa Colussi, la casa materna di Pier Paolo Pasolini a Casarsa (Pn), ora museo e sede del Centro Studi, accoglie la mostra personale di Michele Spanghero, a cura di Marianita Santarossa, che, con l’installazione site specific ppp – pianopianissimo, rende omaggio alla figura di Pasolini. La mostra è stata inaugurata il 30 ottobre scorso in occasione di un convegno internazionale tenutosi al Centro Studi per il quarantennale dalla tragica morte dell’intellettuale, ottenendo un unanime consenso da parte degli studiosi pasoliniani lì intervenuti, che hanno apprezzato la delicatezza ed il pathos dell’installazione ma anche la cura filologica nella scelta del materiale usato (in parte inedito) – proveniente dall’archivio di Cinemazero – in grado di restituire la complessità delle figura di Pasolini attraverso alcuni tratti fondamentali della sua personalità. Abbiamo incontrato Michele Spanghero per farci raccontare la nascita di questo lavoro.
In occasione del quarantesimo anniversario della morte di Pasolini Cinemazero di Pordenone e il Centro Studi Pasolini di Casarsa ti hanno invitato a realizzare un lavoro site specific. Da quali elementi sei partito?
Cinemazero mi ha offerto l’occasione di lavorare sull’enorme archivio che conserva nel Fondo Pasolini. La mia attenzione si è concentrata sulle decine di ore di registrazioni, in parte ancora inedite, in cui Gideon Bachmann ha intervistato Pasolini. Queste interviste ricoprono un ampio periodo, dal 1961 al 1975, e sono materiale prezioso anche perché nel corso degli anni tra i due si è instaurata un’amicizia e quindi le ultime interviste hanno un tenore meno formale e diventano un confronto sincero tra questi due intellettuali.
Come ti sei orientato tra la grande quantità di materiale, in parte ancora inedito, conservato da Cinemazero?
L’occasione di ascoltare direttamente la voce di Pasolini è stata una grande emozione e mi sono approcciato con rispetto davanti alla complessità di questa figura capitale. Nelle interviste conservate vengono affrontati molti argomenti e ho deciso di concentrarmi sulle parti in cui Pasolini rivelava la fonte della sua ispirazione ed il proprio dissidio interiore nel rapporto con il pubblico, perché ritengo sia una delle chiavi di lettura di questo pensatore, forse il più importante del secondo Novecento italiano. A tal proposito trovo emblematica l’intervista in cui Pasolini afferma “di non essere receduto di un passo” davanti alle “reazioni scomposte, violente e incivili da parte del pubblico italiano”, ma, poco dopo, afferma anche di essere rimasto “molto infantile” e quindi vulnerabile di fronte alla malafede delle persone. Questo passo mostra come l’opera di Pasolini nasca da una lotta interiore tra la fiducia verso il prossimo e la disillusione che ne deriva. Per questo motivo ho deciso di usare all’ingresso della mostra, come introduzione al mio lavoro, una frase in cui Pasolini confessa di essere costantemente tentato di “chiudersi nella propria intimità” per fuggire da un mondo “così sgradevole”.
Hai fatto risuonare la voce di Pasolini nell’edificio in un modo molto particolare e suggestivo. Come sei riuscito a creare la tensione emotiva che l’opera suscita?
Il Centro Studi Pasolini comprende la casa materna di Pasolini dove egli ha trascorso molti anni dell’infanzia fino al periodo della guerra e dove ha composto le sue prime raccolte poetiche. Si tratta di un luogo che ha rappresentato gli affetti più cari per Pasolini e mi sono voluto confrontare con l’assenza del poeta. Ho fatto perciò suonare la voce di Pasolini nuovamente all’interno della casa materna, operando in particolare al secondo piano, nel grande stanzone dove egli aveva ricavato un angolo di silenzio per lavorare. Ho registrato la risonanza della voce di Pasolini fino a farla diventare un suono quasi fantasma, una litania in cui le parole perdono consistenza, sono indecifrabili. La mia idea era però di portare lo spettatore a confrontarsi con quelle potenti parole (e con l’assenza di Pasolini) attraverso il contatto fisico con il luogo. Il pubblico può infatti, appoggiando l’orecchio alla trave, udire la flebile voce di Pasolini che scorre all’interno come fosse una resina di cui si è impregnato il legno ed ascoltare distintamente le parole che nella stanza risuonano.
Questo è l’aspetto acustico della tua installazione, c’è anche una forte componente visiva…
La stanza è vuota, ho voluto lasciare pochi elementi che assumessero un valore simbolico. Quattro grandi lampade sono state abbassate fino a terra creando un cerchio di luce molto intensa sotto cui sono posti dei libri di Pasolini e, tra le pagine, quattro fotografie di Deborah Beer (compagna di Bachmann e unica fotografa ammessa sul set di Salò) che lo ritraggono su una scala mentre dirige il film Salò o le 120 giornate di Sodoma. La scala, quasi un simbolo del Pasolini sul set, qui diventa elemento di congiunzione tra artista e pubblico, perché nella stanza ho posto una scala su cui lo spettatore deve salire per ascoltare le frasi che suonano nella trave.
Il titolo può sembrare la citazione dell’acronimo del nome del poeta, invece allude a precise indicazioni musicali. In questa fine sovrapposizione tra significati è come se tu apponessi una chiosa al modo entusiasta ma insieme rispettoso in cui ti sei avvicinato alla figura di Pasolini, ai materiali sonori e al luogo…
Il titolo nasce dal cortocircuito tra il celebre acronimo di Pier Paolo Pasolini composto dalle 3 “P” maiuscole e la notazione musicale, dove ppp indica il piano pianissimo, ossia una dinamica sonora delicata, come i suoni derivati dalla voce di Pasolini che risuonano nella casa materna.
[idea]Info[/idea]
Michele Spanghero. ppp – pianopianissimo
a cura di Marianita Santarossa
30 ottobre – 30 novembre 2015
Centro Studi Pier Paolo Pasolini /Casarsa della Delizia (Pn)
t 0434 870593
info@centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it
www.centrostudipierpaolopasolinicasarsa.it