L’Italia è diventato un paese abominevole, orribile. Io vorrei non viverci, in Italia. È tanto che lo dico, ma vivo in un paese mostruoso, perché la borghesia è quella che è sempre stata. Cioè veramente meschina, inetta ed incapace. Non ha fatto la rivoluzione borghese, non ha fatto la rivoluzione industriale, non ha fatto niente, questa borghesia italiana.
Ha fatto soltanto delle piccole speculazioni, miserabili, e ha sempre avuto una cultura provinciale, sciocca, stupida, clerico-fascista, accademica. Questa borghesia italiana non ha mai dato niente.
Prima esisteva il popolo italiano. Che era un grande popolo, perché era un popolo che aveva prodotto una grande civiltà e che comunque dentro il suo intimo la conservava. Era un popolo adorabile, forte, intelligente, semplice, buono, pietoso, non religioso in un senso convenzionale. Ora questo popolo non c’è più.
Sono parole di Pier Paolo Pasolini e appartengono ad un’intervista inedita che lo studioso e sociologo Peter Kammerer presenterà martedì 15 dicembre alle 18 al Centro Studi – Archivio Pier Paolo Pasolini della Fondazione Cineteca di Bologna (piazzetta Pasolini 3/b), al termine della conferenza che lo stesso Kammerer terrà con Giorgio Passerone e René Schérer. L’intervista è stata appena pubblicata in collaborazione con il Centro Studi Pasolini bolognese, con il titolo Il potere è cambiato all’insaputa dei politici, sull’ultimo numero del mensile “Cineforum” diretto da Adriano Piccardi, uno dei più importanti e ‘storici’ periodici di cultura cinematografica, nell’ambito di un numero speciale dedicato a Pasolini, autore che la rivista ha seguito fin dai tempi dell’esordio di Accattone e che ha anche intervistato in varie occasioni.
L’intervista della durata di circa un’ora fu realizzata da Kammerer con la giornalista Carlotta Tagliarini per la radio tedesca Südwestfunk di Baden-Baden, che ne trasmise soltanto degli estratti audio di pochi minuti.
Siamo nel maggio del 1975, Pasolini ha appena terminato le riprese di quello che rimarrà il suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma (presentato postumo il 22 novembre 1975), e i suoi articoli “corsari” e “luterani” stanno sollevando da oltre due anni forti polemiche.
Nell’intervista Pasolini, sollecitato da Kammerer, si sofferma nuovamente su alcuni temi fondamentali della sua critica della modernità (come l’omologazione consumistica, il degrado provocato dalla televisione, il ruolo negativo della scuola dell’obbligo) e sulla degradazione politica, sociale, urbanistica ed ecologica dell’Italia, ribadendo in particolare la condanna di una classe politica collusa con la criminalità organizzata, già espressa nel celebre scritto Cos’è questo golpe? Io so (“Corriere della sera”, 14 novembre 1974).
Eccone un altro, breve passaggio:
Se fosse esistito un governo intelligente, forte, un governo che avesse veramente amato la gente – non come hanno fatto i governanti italiani, che hanno odiato la gente – avrebbe saputo arginare questo sviluppo voluto dai piccoli industriali, dai padroni delle fabbriche, diciamo così produttrici di beni superflui. Avrebbero saputo porre un argine e dare la precedenza a tanta industria primaria, diciamo così. E poi avrebbero dovuto contrapporre una sana politica agraria, prima di tutto, al disordinato, caotico, odioso, orribile sviluppo dovuto all’industria terziaria. Cioè proteggere il mondo contadino dal disfacimento totale. E poi avrebbero dovuto organizzare uno sviluppo nel senso del progresso. Cioè avrebbero dovuto dare la precedenza alla costruzione di ospedali, di scuole, di asili e affrontare i problemi concreti del Paese: il problema dei vecchi, il verde, il paesaggio italiano, i problemi urbanistici, i problemi ecologici, tutte cose che i democristiani non si sono mai sognati neanche lontanamente di fare. Cioè essi hanno supinamente accettato lo sviluppo, così come la crescita di beni superflui. E basta. Non hanno fatto altro.