A Luino (Varese) una trilogia “pasoliniana” anomala

A Luino un omaggio controcorrente al cinema di Pasolini, evocato attraverso tre pellicole di Aurelio Grimaldi.

www.varesereport.it – 16 novembre 2015

A 40 anni dalla sua morte, a Varese sono stati esili e scarsi i momenti per ricordare Pier Paolo Pasolini. Un silenzio che del resto non può stupire: il poeta di Casarsa, scrittore e regista, ancora oggi è motivo di spiazzamento e imbarazzo, come è accaduto quando era in vita.
Dunque è da accogliere con attenzione la nuova iniziativa organizzata a Luino dall’Associazione Culturale FreeZone e dal Cinema Teatro Sociale di Luino, che presentano un ciclo di pellicole Pasolini secondo il Cinema. La trilogia pasoliniana di Aurelio Grimaldi, a cura del critico e filmaker Maurizio Fantoni Minnella.
Mercoledì 9 dicembre alle ore 21 ecco  Nerolio-Sputerò su mio padre, 1996 (La morte del poeta); giovedì 10 dicembre alle ore 21 Rosa Funzeca, 2002 (Omaggio a Mamma Roma); infine, venerdì 11 dicembre alle ore 21 Un mondo d’amore, 2003 (La gioventù del poeta). Alla proiezione dei film sarà presente in sala lo stesso regista.
Chiediamo al curatore del ciclo, Maurizio Fantoni Minnella, il senso di questo ciclo che legge Pasolini attraverso il cinema del pasoliniano Grimaldi.

Perché, per parlare di Pasolini, la scelta è caduta proprio su Grimaldi?
Semplice: innanzitutto perché non volevamo ricordare Pasolini nel modo più ovvio, proponendo sue opere (sebbene sarebbe forse opportuno che si conoscessero meglio i suoi bellissimi reportages terzomondisti!). In secondo luogo per il fatto che nessun altro regista italiano, prima di Grimaldi, aveva trovato ispirazione per ben tre volte rileggendo la vita del grande poeta e regista di Casarsa, nessuno si era calato nell’anima di Pasolini con tale convinzione e personalità di regista non omologato al mercato. 

Tre le pellicole scelte per la rassegna: emblematiche del percorso cinematografico di Grimaldi?
Penso si tratti di film importanti nel percorso artistico dell’autore, che pubblico e critica hanno ingiustamente sottovalutato, sebbene contengano una forza espressiva e un’autonomia stilistica, assai rari, oggi, nel cinema italiano. Anche Le buttane, forse la sua opera più ispirata, presenta taluni elementi pasoliniani, come “pasoliniani” erano Meri per sempre e Ragazzi fuori, entrambi scritti da Grimaldi ma diretti da Marco Risi. Sono questi, in definitiva, i film in cui va ricercata la poetica di questo autore, la sua migliore ispirazione, più che in quelli successivi. 

Qual è il rischio più grande nel parlare oggi di Pasolini, rischio assolutamente da evitare?
Certamente la retorica, la santificazione che, in un paese conformista e ipocrita come questo, è sempre dietro l’angolo. Perfino la riproposizione nelle sale, per un giorno, di Salò o le 120 giornate di Sodoma, capolavoro pasoliniano, da parte della Cineteca di Bologna che lo ha restaurato, risulta forse un po’ imbarazzante per un pubblico che da sempre e in gran parte lo ha avversato. E’ imbarazzante trovarsi quasi costretti a riformulare un giudizio davanti ad un evento culturale e mediatico in cui ci si trova coinvolti.

"Salò" (1975)
“Salò” (1975)