Sullo scaffale. “Tra lucciole e palazzo. Il mito Pasolini dentro la realtà”, di Enzo Golino

Tra lucciole e palazzo. Il mito Pasolini dentro la realtà

di Enzo Golino (Sellerio Editore, Palermo 1995)

Recensione di A. Papuzzi, da «L’Indice» 1996, n. 3

A vent’anni dalla tragica morte, il richiamo di Pasolini non si è sfocato ma è cresciuto, travolgendo i pregiudizi ideologici e politici, come documenta la prima parte di questo libro, affollata di citazioni sulla “presenza” di una “assenza” (un collage impressionante, e anche divertente, di brani tratti da elzeviri, articoli, saggi, memorie, interviste, lettere, polemiche, e così via). Ma quali sono le ragioni di questa “dimensione postuma”? Come distinguere l’eredità di Pasolini dall’uso che se ne fa? “Il grande merito di Pasolini scrittore, che volle sempre essere insieme uomo dello scandalo e moralista – diceva Calvino in un articolo sul «Corriere», l’aver posto il problema di una morale nuova che inglobi anche le zone del vissuto considerate oscure…”. È questa la ragione dell’attualità di Pasolini? Oppure è vero che “il richiamo è cresciuto – domanda Golino – perché l’industria culturale si serve di Pasolini come di un feticcio da sfruttare, complici la spettacolarità intellettuale del personaggio, la sua scandalosa diversità, la morte per omicidio in circostanze ancora non del tutto chiarite? Pasolini insomma sarebbe ormai assurto a modello di fruttuoso acchiappa-sponsor?”.
Per cercare le risposte a questi interrogativi, Enzo Golino, vicedirettore dell’«Espresso», autore dieci anni fa di Pasolini, il sogno di una cosa, affronta un’analisi del mito pasoliniano, attraverso l’immagine che di Pasolini riverberano Franco Fortini “l’amico-nemico”, Nico Naldini, “il cugino complice”, Pino Pelosi “il borgataro assassino”, nei tre capitoli del tutto inediti, scritti appositamente per questo libro, di cui compongono la seconda parte, con il suggestivo L’ombra dell’Altro.

Fortini è passionale quanto Pasolini, scrive Golino, “affascinato e respinto da un carisma che egli, nell’immediato avverte superiore, sia pure con tutti gli equivoci che non si stanca di rammentare”. Di Pelosi e del suo libro Io, angelo nero, Golino isola, nel marasma in cui sono affondati, “un imbarazzante suono di moneta falsa, un tocco assai sgradevole di insincerità espressiva”. Quanto a Naldini, la nudità lieve, con cui si specchia l’omosessualità del cugino, è la via di una risalita da buio: “L’Ombra non vive più di luce riflessa, ma è diventata essa stessa Luce”. L’analisi del mito pasoliniano si trasforma in una ridefinizione dell’immagine di Pasolini, mantenendone i caratteri di ambiguità, non cancellandone gli elementi di contraddizione. La terza e ultima parte del libro, Frammenti di visione, ripropone due testi inediti, su una sceneggiatura ispirata a L’histoire du soldat e sull’ideologia vitalistica del Decameron di Pasolini. A quale meta approda questo itinerario che procede per confronti: con Fortini, con Naldini, con Pelosi, coi Citti, col Boccaccio? Come diceva Fortini nell’incipit di Attraverso Pasolini, “aveva torto e non avevo ragione”. Nel libro di Golino, Pasolini e più che mai l’ospite misterioso di Teorema, che scompiglia la quotidianità, che sovverte la normalità, senza che si capisca chi è veramente, se non quello che noi non siamo.