Sullo scaffale. “Pier Paolo Pasolini. Il cinema come forma di letteratura”,
di Giuseppe Panella (Clinamen Edizioni, 2009)
Una recensione di Stefano Perosino
La produzione di Pier Paolo Pasolini, letteraria e cinematografica, è stata oggetto di studio da parte di molti critici che non sempre hanno captato il reale significato (innovativo, premonitore) delle opere del poeta, romanziere e regista di Casarsa. E soprattutto non è stata compresa (o compresa male) la ragione del suo passaggio dalla forma-romanzo alla forma-cinema. Prova a spiegarla – in maniera piuttosto dettagliata e convincente – Giuseppe Panella, poeta e filosofo, docente presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel suo saggio Panella parte dalle origini, ossia dall’insuccesso del secondo romanzo – dopo Ragazzi di vita – di Pasolini, Una vita violenta, fallimento che lo porterà ad occuparsi di cinema. Almeno questo è ciò che pensava la maggior parte della critica.
Ma Panella, prendendo tra le varie fonti anche l’intervista rilasciata da Pasolini a Jon Halliday nel 1969, rivela come l’autore di Empirismo eretico abbia trovato nel cinema una forma espressiva capace di esprimere la realtà attraverso la realtà stessa e non utilizzando un linguaggio simbolico, ma un autonomo sistema di segni. Il saggista definisce il regista di Mamma Roma un “regista della realtà”, ma non lo associa al neorealismo (e di conseguenza a una certa ricerca formale sul piazzare la mdp davanti agli attori, ossia l’inquadratura, il movimento di macchina) definendolo piuttosto un “ri-produttore di cinema naturale così come lo è la vita”. Panella prosegue nel descrivere ed esplicare l’evoluzione di Pasolini regista, analizzando cronologicamente film come Accattone, Teorema, Appunti per un’Orestiade africana e Medea.
Si passa dal cosiddetto “cinema di poesia” di Accattone – fondato “sull’esercizio di stile come ispirazione sinceramente poetica” secondo la definizione data da Pier Paolo stesso – ad un cinema che descrive le contraddizioni del ’68 – Teorema – “sull’impatto del sacro su una società ormai de-sacralizzata e de-mitizzata come quella che la borghesia prepara all’interno della cultura italiana di quegli anni” (Panella), per arrivare infine al dramma di un individuo (che rispecchia il dramma di un intero popolo) al momento del passaggio da una cultura tribale ad una moderna democrazia formale (Appunti per un’Orestiade africana) e ad una profonda riflessione riguardante il mito e la sua rappresentazione attraverso l’immagine (Medea).
Panella dunque traccia una mappa, analizzando con sagacia e sensibilità le tappe fondamentali del percorso cinematografico di uno dei più grandi uomini di cultura del Novecento italiano (e non solo), contestando alcuni interventi critici (Asor Rosa, Adelio Ferrero) e mettendo in risalto la voglia e la necessità dell’artista di sperimentare nuovi linguaggi in grado di dar corpo alla sua idea di cinema, di letteratura e di poesia. Completano il lavoro due brevi saggi dedicati alle teorie linguistiche di Pasolini e al tema del paesaggio (legato all’umana dimensione interiore) nella poesia italiana del Novecento, con interessanti e necessarie deviazioni su Petrarca e Leopardi.
[idea]Pier Paolo Pasolini. Il cinema come forma della letteratura
dI Giuseppe Panella (Clinamen Editore, 2009)
INDICE
Premessa. Ritorno a Pasolini.
Dal romanzo al cinema (e ritorno)
La poesia, il corpo e la pratica del cinema
Teorema. Dalla logica della narrazione alla narrativa per immagini
Desolate colline d’Africa. Sacralità e sovversione del soggetto nell’Orestiade pasoliniana
Dal “cinema di poesia” al film sul mito
Appendice I. È mai esistita una letteratura “italiana”?
Pasolini e la lingua della Koinè
Appendice II. Natura e paesaggio nella poesia italiana del secondo Novecento. Letture da Pasolini a Zanzotto[/idea]