Sullo scaffale. “L’ultimo Pasolini (1968-1975)” in un saggio di Andrea Di Berardino

Nel 2014, per i tipi di Rocco Carabba, è uscito un cospicuo saggio di Andrea Di Berardino, dal titolo Il potere sovversivo delle parole. L’ultimo Pasolini (1968-1975) che indaga e interpreta con minuziosa e acuta precisione l’impegno civile di Pasolini nel campo della pubblicistica e del giornalismo militanti e polemici.  Un genere di scrittura, destinato a confluire negli scritti corsari e luterani, che trova le sue premesse negli interventi legati al ’68 e alle contestazioni studentesche del Movimento.
Qui di seguito pubblichiamo il testo che compare nella quarta di copertina e un profilo dell’autore.

"Il potere sovversivo delle parole. L'ultimo Pasolini" di Andrea Di Berardino. Copertina
“Il potere sovversivo delle parole. L’ultimo Pasolini” di Andrea Di Berardino. Copertina

Il potere sovversivo delle parole. L’ultimo Pasolini (1968-1975)
di Andrea Di Berardino
Rocco Carabba editore, Lanciano, 2014

Nel Pianto della scavatrice, il poemetto più ampio delle Ceneri di Gramsci (1957), nelle folgoranti battute d’avvio si legge: «Solo l’amare, solo il conoscere | conta, non l’aver amato, | non l’aver conosciuto. Dà angoscia | | il vivere di un consumato | amore. L’anima non cresce più». Questa urgenza del presente è la molla che ha spinto continuamente Pasolini ad analizzare, a cercare di capire, a proporre di migliorare il mondo: in altri termini a re-interpretare il ruolo gramsciano dell’”intellettuale organico”.
Varie forme espressive di carattere artistico, in base a questa concezione, vengono sperimentate dall’autore: dalla letteratura al cinema, passando per il teatro; e, restringendo il campo alle humanae litterae, la prosa e la poesia s’avvicendano e costantemente si scambiano la leadership . A partire dal 1968 si fa strada un saggismo da pubblicista polemico, militante, civile: questo genere letterario, che culminerà nei testi confluiti negli Scritti corsari e nelle Lettere luterane, trova i suoi prodromi negli articoli usciti nell’annus mirabilis delle rivolte studentesche e della contestazione giovanile.
Siccome nel fragoroso universo dei tardi anni Sessanta, già monopolizzato dai mass media, la “vecchia” parola scritta non basta più, Pasolini non esita a chiamare in causa il gesto, cioè a «gettare il proprio corpo nella lotta», in una compromissione della persona “fisica”, assoluta, che non ammette ripensamenti. E che infine condurrà, come estrema conseguenza, ad una sorta di sacrificio di sé.

[info_box title=”Andrea Di Berardino” image=”” animate=””]laureato in lettere moderne nel 1999 presso l’Università di Chieti, poi dottore di ricerca in italianistica presso l’Università di Romatre nel 2010 con una tesi sull’ultimo Pasolini, , insegna attualmente italiano e latino al liceo scientifico “Galilei” di Pescara. Ha collaborato con riviste quali “Oggi e domani”, “Vernice”, “Itinerari”; nel 2003 ha curato una raccolta degli scritti del giornalista abruzzese Vincenzo Bucci; nel 2004 ha pubblicato una piccola monografia dedicata alle figure femminili nella poesia pascoliana (Genesi). Ha scritto saggi su Myricae, Canti di Castelvecchio, Ossi di seppia e sul Croce lettore di Shakespeare.[/info_box]