Sullo scaffale. “La peggio gioventù”, romanzo di Francesco Crispino

«Roma, 18 ottobre 1972. In un bar del quartiere popolare di Tor Marancia è radunato un gruppo di amici, la piccola malavita che controlla i traffici della zona. Sergio, ex promessa del pugilato, è il capo indiscusso. La sua parola è legge nella borgata. Improvvisamente una Fiat 125 si ferma davanti al locale e i colpi di arma da fuoco saturano l’aria. Un episodio di cronaca nera che occuperà le prime pagine dei giornali dell’epoca, destando allarme in una città che si è ormai lasciata alle spalle gli anni della dolce vita ed è attraversata da una spirale di violenza incontrollabile. A infiammare lo scontro tra le bande ci pensa lo spietato e sanguinario Danilo, detto il Camaleonte, che anni dopo compirà un salto decisivo nella sua carriera criminale, entrando a far parte della famigerata Banda della Magliana. Alle vicende dei due rivali si intrecciano, anche sentimentalmente, quelle drammatiche di Chiara e Fabiana, ragazze perdute dal destino già segnato. Un romanzo unico e straordinario che racconta la storia della peggio gioventù, i protagonisti di quella generazione spregiudicata che, tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta, ha trasformato per sempre il volto della città eterna».
Questa la scheda che compare sul sito dell’editore Newton Compton (www.newtoncompton.com) a corredo del romanzo d’esordio di Francesco Crispino
La Peggio Gioventù. La genesi della Banda della Magliana. Un romanzo che, fin dal titolo, dichiara il suo debito verso Pasolini, non solo mutuando e rovesciando di senso il titolo della raccolta poetica del 1954 La meglio gioventù, ma soprattutto riprendendo le sconfortate premonizioni dell’intellettuale corsaro sulla «mutazione antropologica» che nel contesto di un inedito capitalismo consumistico  stravolgeva l’Italia, in particolare corrompendo e deturpando irrimediabilmente le nuove generazioni.
Sul romanzo, pubblichiamo qui di seguito una recensione firmata da Davide Turrini per “Il Fatto Quotidiano” del 12 dicembre 2016.


Una nuova generazione di criminali cresce nelle periferie.
Sono quelli della peggio gioventù, e vogliono conquistare Roma

di Davide Turrini
www.ilfattoquotidiano.it  – 12 dicembre 2016

"La peggio gioventù" di Francesco Crispino. Copertina
“La peggio gioventù” di Francesco Crispino. Copertina

Non è il solito libro sulla Banda della Magliana. La Peggio Gioventù (Newton Compton), scritto da Francesco Crispino, è uno di quei romanzi pacati, diretti, ficcanti, che vanno al cuore del problema, all’anima del proprio spunto creativo: qui la mutazione antropologica della piccola criminalità romana, che si farà poi fin troppo grande, nel passaggio temporale tra metà anni Sessanta e fine anni Settanta. C’è chi l’ha definito un prequel di tutti i tasselli alla De Cataldo, che si sono succeduti inesorabili sul filone aurifero del libro, più film, più serie, pensando magari più all’effetto che facevano sul contatore dell’audience, che a quell’intima e peculiare amorevolezza dello scrittore verso la propria creatura letteraria. Ecco allora che Sergio, Danilo, Chiara e Fabiana, i quattro giovani protagonisti de La Peggio gioventù che intrecciano vite, pugni, sesso e pallottole in pieno viso, e si passano il “testimone” letterario capitolo dopo capitolo, lasso di tempo triennale/quadriennale, pulsano di un’umanità sostanziale e di un verismo formale tra i più spontanei.
All’autore non paiono interessare le infinite trame di nera che hanno avviluppato e stretto il collo all’Italia politica e finanziaria di quei giorni, anche se il Danilo del libro è quell’Abbruciati che tutti conosciamo dalle cronache giudiziarie, e Fabiana è l’altrettanto conosciuta sua compagna Fabiola Moretti. L’orizzonte criminale più ampio, l’oramai abusata storia dalla s maiuscola, spesso appare trasversalmente dentro al racconto di Crispino. Mafia, colpi di stato, eventi sportivi, brani musicali, rievocazioni cinematografiche con sala illuminata dal fascio di luce del proiettore, hanno però solo il valore accessorio di specifica nel racconto di quei quattro protagonisti di borgata che sono trasmutati da crisalidi di un naturale bene popolare, in farfalle di un male sempre più prepotente, distruttore e autodistruttore, mentre Roma diventava il centro della bagarre criminale nazionale rispetto alla territorialità malavitosa del dopoguerra. Non a caso Crispino ha spiegato in diverse interviste che l’ispirazione per La Peggio gioventù sia stato un articolo di Pasolini, scritto agli inizi del 1975, quando di fronte alla messa in onda in Rai di Accattone il regista sostenne come sarebbe stato impossibile per lui rigirare quel film negli stessi luoghi e con le stesse facce di appena quattordici anni prima, vista l’irriconoscibilità di quei corpi di borgata [Il riferimento è qui all’articolo di Pasolini  Il mio “Accattone” in Tv dopo il genocidio, apparso su “Il Corriere della Sera” l’8 ottobre 1975 e poi pubblicato in Lettere luterane, ndr.].
In questa scompaginazione della rappresentazione funzionale, in questo rude e obbligatorio sfogliare di una pagina storica, politica e culturale, il racconto de La Peggio Gioventù si adagia come una foglia autunnale che cade in un’aiuola per farsi poi rimirare nei suoi ipnotici colori melanconici. Soprattutto la storia iniziale di Sergio Maccarello, il personaggio che apre il romanzo, con una sua laconica sicumera predestinata al peggio, è forse il momento più alto nella resa stilistica dell’opera. L’ex pugile, che diventa capo indiscusso della gang zonale di Tor Marancia, che canta stonato a squarciagola Cuore Matto, mena fendenti come una belva e si scioglie, corpulento e tonante, per l’amata fanciulla incrociata per caso in strada, poi picchiata a sangue e da vendicare a mani nude, è il lato più puro dell’avvincente racconto romano. La spietatezza di Danilo guida poi la narrazione verso il suo nucleo centrale, il trapasso antropologico criminale spiegato con un simbolico ricambio musicale tra rock e dance music, per poi sovrapporsi, sdoppiarsi e di nuovo sovrapporsi con la risoluta sete di sopravvivenza di Fabiana: da pedina sessuale di secondo piano a punto di riferimento dello spaccio capitolino, passando dalla galera e dalle infinite pippate di cocaina. In ultimo, chiude il racconto, la morte di Demetrio Stratos, sepoltura di quei cantati “pugni chiusi”, ora espediente funzionale per il “buco” della bella e sfiorita Chiara che dei quattro è quella che ha perso con più devastazione e dolore l’innocenza di una (peggio) gioventù più vera di un’epica artificiale qualsiasi.

Francesco  Crispino
Francesco Crispino

[info_box title=”Francesco Crispino” image=”” animate=””]nato a Roma nel 1967, si occupa di cinema da anni in qualità di film-maker, studioso e docente di linguaggio audiovisivo. Ha realizzato alcuni documentari e diversi cortometraggi, ha scritto numerosi saggi critici e due volumi sul cinema (con il primo ha ottenuto la menzione speciale al premio “Pier Paolo Pasolini”). La peggio gioventù è il suo primo romanzo.[/info_box]