Sullo scaffale. “Intervista a PPP” per la prima a Torino di “Accattone” (1961)

Un’interessante riflessione di Pasolini sul proprio esordio nel cinema con Accattone compare nella pubblicazione   Intervista a Pier Paolo Pasolini (Torino, 1961), di recente curata da Angelo Gaccione e Giorgio Colombo (Orizzonti Meridionali, pp. 64). Il libretto, nato da una bella iniziativa di ricerca, parte dal recupero  di una registrazione fatta a Torino nel settembre 1961 in occasione della presentazione di Accattone da parte di Pasolini, e accompagnata da un articolo di Carlo Levi. Una edizione che è innanzitutto la conferma della inesauribile miniera pasoliniana, con la precisazione che stralci di questa rara intervista sono già usciti nel libro “Accattone”. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato dai documenti (a cura di Luciano De Giusti e Roberto Chiesi, ed. Cineteca di Bologna-Cinemazero, 2015, p. 2016).
Qui di seguito una analisi delle parole di Pasolini, firmata da Gian Carlo Ferretti per “il Manifesto” del 9 dicembre 2016. 

Lo scandalo del contraddirsi
di Gian Carlo Ferretti

http://ilmanifesto.info/ – 9 dicembre 2016

Come è ben noto, da anni continuano a uscire in Italia e all’estero le pubblicazioni di inediti spesso preziosi. Lo si può spiegare con la straordinaria complessità delle esperienze intellettuali di Pasolini, e con la molteplicità dei suoi interventi, presentazioni, dibattiti, partecipazioni pubbliche.
Questa sua intervista è caratterizzata (come tante altre) da un tono vivace, discorsivo, diretto, e al tempo stesso da una varietà e ricchezza di problemi. Vi si parla molto di cinema, naturalmente, per l’occasione da cui nasce. Interessanti per esempio le riflessioni sulle analogie e differenze tra romanzo e film, tra scrivere e girare, che ci fanno entrare nel suo laboratorio creativo. Ma nell’intervista vengono affrontati importanti temi generali, tra fasi superate e anticipazioni di fasi future.

"Intervista a Pier Paolo Pasolini". Copertina
“Intervista a Pier Paolo Pasolini”. Copertina

C’è un’evocazione del suo Friuli contadino e della poesia dialettale degli anni Quaranta, che vedono nascere l’eresia del peccato innocente. C’è la contrastata tensione razionale, che sottintende il motivo centrale delle Ceneri di Gramsci (1957), con la celebre terzina rivolta alla tomba di Gramsci, appunto: «lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere». E c’è un motivo insistente, quasi ossessivo, sollecitato anche dai suoi giovani interlocutori, e cioè la ricerca di una formulazione nuova della categoria di “avanguardia”, che anzitutto esclude l’ “avanguardia sperimentalistica”, anticipando così la sua condanna del Gruppo 63.
Pasolini cerca di ipotizzare, di definire e di far propria l’idea di un’avanguardia impegnata, civile, democratica, con uno sforzo che si rivela poco producente, per la carenza teorico-critica del suo discorso e per un’oggettiva difficoltà: la natura intrinsecamente elitaria di ogni avanguardia rispetto alle istanze popolari.
La sua ricerca (paradossalmente e sorprendentemente) lo porta a sottovalutare la dirompente carica innovativa di Ragazzi di vita (1955), e a sopravvalutare la struttura tradizionale e la programmaticità ideologica di Una vita violenta (1959).
Molto più significativa la lucida analisi della contraddizione interna alla crescente diffusione della cultura in Italia, negli anni del boom economico. Diffusione che, dice Pasolini, reca in sé due fenomeni opposti: la democratizzazione ed emancipazione delle masse, con un ruolo attivo dell’intellettuale di opposizione, e il consumismo del mercato neocapitalistico con una sostanziale integrazione della sua produzione.
Questa contraddizione Pasolini si trova a viverla fino alla morte, nella sua stessa personale e complessiva esperienza intellettuale, che lo vede muoversi sempre più tra persecuzione e successo, tra ritornanti attacchi, censure, processi giudiziari, aggressioni contro di lui, e una contemporanea affermazione e fortuna delle sue opere e del suo personaggio pubblico nei mass media, nella società e sul mercato. In questo senso il suo scandalo è al tempo stesso provocazione, contestazione, trasgressione, e accettazione (se non ricerca) di una attenzione, enfatizzazione, successo da parte del mondo dell’informazione, del pubblico e della critica.

[idea]I fatti[/idea]In occasione della presentazione del primo film di Pier Paolo Pasolini Accattone a Torino nel settembre del 1961, un gruppo di giovani, interessati al rapporto tra produzione artistica da loro stessi praticata, e mondo operaio incontravano l’autore in uno storico bar del centro città e registravano l’intervista.
In quel settembre del 1961, in una delle sale del “Norman”, sotto i portici di via Pietro Micca, Pier Paolo Pasolini accettava di mettersi a confronto, in una vera e propria intervista collettiva, con alcuni giovani esponenti del Cras (Centro di Ricerca Applicazione e Studi) di Torino. Quei giovani poco più che ventenni erano Luciano Boglietti, Lucio Cabutti, Giorgio Colombo, Carlo Dodero, Giorgio Olivetti, Anna Paci, e altri. L’atmosfera, come testimonia il tono della conversazione, è molto amichevole e Pasolini risponde volentieri alle varie domande che non riguardano esclusivamente il rapporto tra scrittura e macchina da presa, ma spaziano in un campo più ampio dei suoi interessi di intellettuale e del suo lavoro di artista.
Angelo Gaccione

*Foto in copertina: © Angelo Pannoni, Pasolini durante le riprese di Accattone (1961).