Su www.huffingtonpost.it del 14 dicembre 2015 è uscito un commento della scrittrice Marilu Oliva del libro Ragazzo a vita (Elliot edizioni, 2015) con cui lo scrittore e studioso Renzo Paris torna sui luoghi degli incontri romani con Pasolini, raccontando un’amicizia durata dal 1966 al 1975. Nel suo vagabondaggio a ritroso nella memoria, Paris si spinge fino a Nuova Delhi e a Nairobi, per le celebrazioni pasoliniane, commentando parallelamente la versione non censurata del dramma Affabulazione, che Pasolini gli donò in dattiloscritto, conservato come una reliquia. Un post-romanzo nel quale sfila al completo la “famiglia” romana di Pasolini: da Moravia a Laura Betti, da Ninetto Davoli a Elsa Morante, con i loro viaggi, le estati a Sabaudia, i dibattiti televisivi sul ’68. Un testo intenso, sofferto e malinconico, alla ricerca di un senso che colmi il vuoto lasciato da quella morte così atroce avvenuta nel novembre del 1975.
Paris racconta Pasolini, una storia di amicizia e malinconia
di Marilu Oliva
www.huffingtonpost.it – 14 dicembre 2015
“Cos’è questo eccesso di retorica attorno alla figura di Pasolini e alla sua morte tragica?”. Questo si chiedeva Luigi Pintor, dopo l’omicidio efferato del 2 novembre 1975, rifiutandosi di cedere alla logica dell’accaparramento del “patrimonio di un defunto”, ribaltabile a piacimento. Non so se l’intento del professor Renzo Paris fosse restituire, pur con lo sfumato del ricordo, l’esattezza della percezione dell’uomo e dell’artista, ma in questo prezioso libro ho trovato qualcosa, di Pasolini, mai incontrato in nessun romanzo di critica né in alcuna biografia. Pasolini ragazzo a vita si apre nel cimitero di Casarsa della Delizia, davanti alla tomba del regista, dove Paris prende coscienza dell’impellenza di quei ricordi:
Sono tornato a fumare dopo anni di astinenza, proprio quando ho pensato di scrivere un libro di ricordi su Pasolini. Ormai quei ricordi, cristallizzati nella mia mente, non possono essere più dilazionati nel tempo. O adesso o mai più.
A quarant’anni dalla morte di Pasolini, Paris ripercorre i luoghi della memoria e quelli in cui vide il poeta. Dalla prima volta all’Eur, alla villa sulle dune di Sabaudia, fino alla Casa della cultura di Largo Arenula, il giorno dei funerali, «tra una selva di occhi che sembravano aver pianto tutte le loro lacrime». Ma non sono solo i luoghi, che pure hanno un ruolo fondamentale di ancoraggio e commemorazione. Duecentoquaranta pagine di tasselli di vita, incontri con il tempo che fu, riflessioni, citazioni tratte da articoli di giornale e altri documenti, in un rimando tra il passato e un presente straniato, multietnico, ineffabile e allora l’autobiografia lambisce l’altra storia, quella che svela come, attraverso lo spaccato di un’Italia contraddittoria, venisse accolto il passaggio di Pasolini o come venisse tradotto il suo lascito.
Il narratore ricorda anche lo studente che lui stesso fu, il lettore che trascorreva ore dentro la libreria Feltrinelli di via del Babuino, il poeta e il romanziere. Figlio adottato da una comunità di intellettuali vivacissima ed eterogenea, il giovane conobbe molti frequentando il bar Rosati di Piazza del Popolo: Carlo Emilio Gadda, Elsa Morante, Mario Monicelli. Le presenze di personaggi di spicco della letteratura italiana, del giornalismo e del cinema ci restituiscono, dell’epoca, un ritratto significativo e non sopito, da Alberto Moravia a Rossana Rossanda. Personalità e voci introdotte o con brevi pennellate o attraverso le loro dichiarazioni, come nel caso di Carlo Bo che così scrisse, sul “Corriere della Sera”, la mattina del ritrovamento del cadavere straziato:
Lo scrittore non faceva soltanto della letteratura, ma si immetteva senza riserve e senza calcoli nel fiume anonimo della miseria umana, trasformando il registro del “miserabilismo” classico in una confessione di chiara natura religiosa, fondata sulla nozione di peccato.
Dalla criminalizzazione che la critica letteraria attuò nei confronti di Pier Paolo alla devozione dell’eterna amica Laura Betti, fino all’amore per Ninetto Davoli. Di questo parla il dodicesimo, bellissimo capitolo, L’hobby del sonetto, titolo, non a caso, del canzoniere che Pasolini scrisse tra il 1971 e il 1973, che racconta di un adulto innamorato perso di un ragazzo il quale, dopo otto anni, interrompe la loro relazione sentimentale per sposare una ragazza.
Pier Paolo, ormai in preda alla disperazione, prima confidò lo sconforto agli amici – e non tutti presero le sue parti -, poi allargò il suo dolore alla società italiana. Anche in questa costernazione si spiega la reiterazione sessuale portata all’estremo su cui si interrogava Moravia. La risposta, come Paris delucida avviandosi alla conclusione del capitolo, sta in questi oltre cento sonetti e in quest’amore interrotto: l’imbroglio tra passione e distruzione era così potente che avrebbe potuto sciogliersi solo con la morte.
[info_box title=”Renzo Paris” image=”” animate=””]nato a Cesano nel 1944, è uno scrittore e poeta italiano. Trasferitosi a Roma, dove si laureò in Letteratura italiana con Alberto Asor Rosa, ha insegnato nelle scuole medie, poi all’università di Salerno e infine a Viterbo, dove attualmente ha la cattedra di Letteratura Francese. Ha collaborato con quotidiani e riviste, tra cui “il Manifesto”, “Liberazione”, “Corriere della Sera”, “l’Espresso”. Oltre a importanti studi sull’amico Alberto Moravia, come saggista e traduttore si è dedicato, tra gli altri, a Flaubert, Apollinaire, Prévert.[/info_box]