Cattivi soggetti
di Mario Bonanno – http://www.sololibri.net/
Torno a rimarcare (rivendicare) l’imprescindibilità storica del Sessantotto, a seguito del quale niente e nessuno è stato più lo stesso e come prima. Il memoir di Renzo Paris che Iacobelli riedita in edizione più corposa (contiene, fra l’altro, alcuni versi inediti di Pier Paolo Pasolini) si intitola, in modo provocatorio, “Cattivi soggetti” e discende in maniera scoperta dall’annus mirabilis. Avercene di neo-ideologues, intellettuali scomodi, giornalisti-scrittori irreggimentati, della specie che affolla le pagine (poco più che 160, fitte) del libro, quando politica e cultura erano i poli convergenti di un binomio inscindibile, andavano a braccetto sfrontatamente, tra riunioni femministe e altre assembleari, vangeli laici, scioperi, controinformazione, sedute di autocoscienza e sembrava proprio che la storia non dovesse mai finire (sono gli scherzi che a volte giocano i lampi del sol dell’avvenire). Fatto sta che quando mai si è più rivisto in giro un gruppo tanto ideologizzato/agguerrito di critici-scrittori-attori-registi-poeti militanti (gramsciani, lacaniani, marcusiani che siano stati) che “lo faceva per passione”: più o meno come la Bocca di rosa di De Andrè, ma col valore del marxismo e della rivoluzione aggiunto.
Nel ritratto di gruppo (con diverse signore) redatto da Paris si avvicendano senza quasi soluzione di continuità mostri sacri e nuovi mostri dell’intellighenzia italiana, ripresi in un tic, un faccia a faccia, un’illuminazione, un tradimento, un aneddoto, un’idiosincrasia, una poesia, nel “qui e allora” della vita quotidiana, divisa tra penne (all’arrabbiata) e realtà. Si fa presto a smarrirsi nell’indice di “venerati maestri” (per dirla con Edmondo Berselli) frequentati all’epoca dall’autore: fra essi si rintracciano Moravia, Morante, Pasolini, Asor Rosa, Fofi, la Rossanda, il “deamicisiano” Scalzone, il “corvo” Tony Negri, e persino l’agit prop culturale Bifo e il già autarchico (ma ai tempi più simpatico) Nanni Moretti.
“Cattivi soggetti” è un album di ricordi che interseca il saggio, che interseca il romanzo, che interseca la diaristica vintage, resoconto di un tempo e un’Italia che non tornano più. Indicativo, in tal senso, il sottotitolo del libro, “Gli ultimi fuochi del Novecento”, come dire: dopo di che il diluvio, il vuoto a perdere, l’irrompere del millennio senza slanci né idee.
Le doti narrative di Renzo Paris non le scopro io: la prosa è asciutta ma elegante, affinata da decenni di militanza intellettuale, capace di immortalare come pochi – a distanza di sicurezza dagli scivolamenti nostalgico/celebrativi, il Sessantotto e il tanto che ci girava (e ci è girato) attorno, quando tutto era da fare e farlo sembrava possibile.