A Torino debutto di “MA”, omaggio di Latella alla Madre-Scrittura di PPP

Al regista Antonio Latella si possono ascrivere alcuni dei più folgoranti esempi degli ultimi decenni di trascrizione della drammaturgia pasoliniana. Restano infatti agli annali della storia recente della scena italiana gli allestimenti di Pilade (produz. OutOff, 2002), Porcile (produz. Nuovo Teatro Nuovo, in collaborazione con Festival di Salisburgo, 2003) e Bestia da stile (Biennale di Venezia, 2004). Una trilogia memorabile cui ora Latella, ritornando a scavare nella biografia di Pasolini, aggiunge un nuovo lavoro, MA, fresco di debutto al Festival delle Colline Torinesi per il quale, al Teatro Astra di Torino, è stato presentato il 17 e 18 giugno 2015. Si tratta di un monologo affidato a Candida Nieri (Premio Ubu come migliore attrice 2013) e incentrato  sul legame tra Pasolini e la madre o, meglio “ma”, prima sillaba della parola “mamma”, qui trasfigurata in “Madre-Scrittura”. «Tutta la letteratura e il teatro di Pasolini – ha spiegato Latella – sono pervasi dalla presenza di quella madre che lo ha accompagnato nella fuga dalla banalità coatta del vivere quotidiano».
Sullo spettacolo, che sarà replicato anche nel cartellone di Mittelfest 2015 di Cividale del Friuli, riportiamo due recensioni apparse in rete.

Un viaggio mistico e doloroso
di  Michela Bottanelli

 www.teatro.persinsala.it – 20 giugno 2015

All’interno del Festival teatrale Colline Torinesi, quest’anno incentrato sulla figura femminile, debutta al Teatro Astra di Torino lo spettacolo MA, ultima fatica del regista Antonio Latella, nel quale si esamina il ruolo della madre dentro l’opera di Pasolini, onnipresente come figura-salvatrice dalla banalità del vivere quotidiano.
Quello che ne scaturisce è uno spettacolo crudo e intenso, che per mezzo di voci, suoni e immagini, accompagna lo spettatore nell’universo più viscerale dell’opera dell’intellettuale tramite il filo conduttore della figura materna, che diviene simbolo della forza e della violenza della procreazione, ma anche del dolore e della creazione artistica.
Sul palco totalmente vuoto e spoglio del Teatro Astra si sussegue l’intenso monologo di Candida Nieri che, immobilizzata da enormi scarpe maschili che le impediscono di camminare, scorta il pubblico in sala in un viaggio mistico e doloroso.
Partendo quasi naturalmente dall’immagine della Vergine Maria ai piedi della croce nel film Il vangelo secondo Matteo, Antonio Latella affida alla protagonista il compito di incarnare le madri, i figli e i padri presenti nell’opera del maestro, tanti quanti sono le possibilità della parola e del pensiero, realizzando un percorso quasi sacrale che anatomizza il dolore in tutte le sue sfaccettature, sino ad arrivare al momento finale in cui l’attrice chiede rivolta al pubblico: «come faccio a dire addio a chi non c’è più?».
La forza dello spettacolo risiede sicuramente nell’interpretazione di Candida Nieri, premio Ubu 2013 come migliore attrice, che dona al pubblico una performance che tocca punti e nervi sconosciuti: muscoli tesi, sforzo, saliva e smorfie ci restituiscono l’immagine di un male profondo e acuto come solo può essere quello materno di fronte alla morte di un figlio, e che colpisce sul piano estetico per il totale abbandono dell’attrice dal proprio corpo, che viene offerto al personaggio per realizzare un’interpretazione violenta e autentica.
Molto interessante risulta infine l’operazione condotta da Latella, che non cerca di inquadrare l’opera di Pasolini in uno scontato e latente complesso d’Edipo, ma analizza invece quelli che l’autore offre come spunti, per utilizzarli in uno spettacolo completamente nuovo che è in sé memoria biografica e accurato resoconto sul dolore e sulla forza della creazione.

"Ma". Antonio Latella e Candida Nieri. Foto di Andrea Pizzalis
“Ma”. Antonio Latella e Candida Nieri. Foto di Andrea Pizzalis

Madre sì, MA… Il debutto del nuovo spettacolo di Antonio Latella
di Vittoria Lombardi

www.klpteatro.it  – 21 giugno 2015

Un’essenzialità sfrontata propone il suo profilo solipstistico, solo. E’ MA, madre in e di Pier Paolo Pasolini e anche congiunzione avversativa in Antonio Latella per la drammaturgia di Linda Dalisi: una figura di donna, seduta lateralmente, offre a stento il suo volto ad una parete di lampade espropriate ad interni e salotti, ora adibite a fari d’interrogatorio posti su una fredda grata di metallo.
E’ la società dello spettacolo che, sotto una plurima e forte luce bianca, riporta la figura di Pasolini sul suo tavolo operatorio e pretende di rivivificare uno dei suoi oppressi, salvando la Storia? Lo pretende sviscerando aggressiva i conati di rabbia di una madre, violentata nella spettacolarizzazione, poiché – a quarant’anni dalla scomparsa dello scomodo P.P.P. – si può, e qui poniamo il quesito, parlare della sua (po)etica provocatoria fino a celebrarne la figura in un film (recente il tentativo di Abel Ferrara e Willem Dafoe)?
Come in un interrogatorio, l’immaginata Susanna Colussi, madre di Pasolini e figura paradigmatica dell’esperienza biografica dello scrittore-regista, mette a nudo (per inevitabile coercizione? per voyeurismo sociale?), in una condizione di isolamento (il volto dell’attrice Candida Nieri non si rivolge mai al pubblico), la drammatica intimità della “storia sbagliata” (di una morte “mica male insabbiata”) del figlio.
La sua voce, amplificata dal microfono, è quella del racconto doloroso di una dolorosa progenie: “Addio. A – Dio: perché mi hai fatto madre di un Cristo comunista?”, chiede il pianto rassegnato di colei che si definirà la “madre sorda di un figlio lottatore”.
La scena spoglia si fa specchio di una resistenza materna, sposatasi (per amore, utero e viscere) alla resistenza di un figlio in “avversione” al suo tempo: “Madre, a ma’, mi stanno uccidendo, ma… senza luce”. Il giogo di Susanna Colussi, l’inadeguatezza del figlio, l’avanguardismo delle sue contraddizioni e della sua libertà, pagate anche con l’emarginazione, sono rappresentate da un paio di scarpe nere esageratamente, comicamente, ben più grandi dei suoi piedi.  Pesantemente ancorata a terra, la Nieri-madre di Pasolini si fa metaforicamente Madonna, come nell’opera cinematografica de Il Vangelo secondo Matteo, madre di Cristo, Pietas, sincretica figura dell’umanesimo sofferente di un mondo contadino in erosione, così come descritto in Mamma Roma, Accattone o nei romanzi Petrolio e Ragazzi di vita.
“Ti sono figlia dopo che madre”, pronuncia la sua bocca in monologo: madre come generatrice, il cui procreare è contemporaneamente dono e condanna, madre che ha donato parola al figlio ed ora, di fronte al figlio morto per l’uso fatto della parola donatagli (“il tuo utero è stato la tua macchina da scrivere”), desiderosa di sottrargliela.
Punto d’origine e punto di ritorno dei gesti delle proprie creature libere, in MA, al suo debutto assoluto al Festival delle Colline Torinesi, la madre di Pasolini è, oltre che omaggio a P.P.P. e alla donna cui lui dedicò la sua struggente Supplica (“è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia”), simbolo di testimonianza.

Chi più di coloro che possono dare la vita  può comprendere la vita che la violenza del mondo sottrae? Di queste madri è piena la cosiddetta “Storia” (un parallelismo affatto forzato con le madri di Plaza de Mayo, le madri delle vittime di mafia, la madre di Federico Aldovrandi):

– Madre mi stanno uccidendo, a ma’!
– Ma quale madre stai chiamando?
Lo Stato? La Società? La Ragione? Dio?

Ecco che si comprende l’uso dell’onomatopeico ed ancestrale richiamo “Ma che ricorre nell’intero monologo: “Mamma”. “La prima sillaba della parola mamma. Ma. Sillaba ripetuta tra le labbra che diventa culla e supplica. Il “Ma” del discorso adulto contrappone, aumenta, sminuisce, rinnega, esalta ma è “particella disgiuntiva” che è sempre legame. Cordone ombelicale tra due frasi-pensieri”, spiega Linda Dalisi.
Certo, si potrebbe obiettare che sia forse facile costruire uno spettacolo sulla madre di Pasolini, uno spettacolo già messo in scena da lui stesso e da lui stesso trasfigurato e mitologizzato. Antonio Latella e Linda Dalisi tessono quindi l’abbondante materiale che l’intellettuale ha già offerto a noi posteri su questa madre/sacerdotessa del dolore ancestrale dei Cristo che produce l’umanità; MA lo fanno con eleganza, offrendo alcune immagini di grande suggestione (forse un po’ troppo inflazionata l’uscita finale, ripresa da Tempi moderni di Charlie Chaplin): la già ricordata grata di lampade accese, le scarpe d’esagerata misura, il gocciolare lento delle lacrime della Nieri, lei, nuovamente brava e nuovamente acclamata da lunghi e calorosi applausi.

[idea]Info[/idea]
Lo spettacolo è andato in scena dal 17 al 18 giugno 2015 al Teatro Astra, via Rosalino Pilo 6, Torino

MA
drammaturgia  Linda Dalisi
regia  Antonio Latella
con  Candida Nieri
scene  Giuseppe Stellato / costumi  Graziella Pepe / musiche  Franco Visioli / luci  Simone De Angelis
assistente alla regia  Francesca Giolivo
production  Brunella Giolivo / management  Michele Mele
produzione  stabilemobile compagnia Antonio Latella
coproduzione  Festival delle Colline Torinesi in collaborazione con  Centrale Fies, NEST