Pasolini a breve in mostra nella «sua» Roma
di Paolo Cervone
www.corrieredellasera.it – 7 gennaio 2014
Dopo Parigi, dove è stata inaugurata alla Cinémathèque Française il 16 ottobre 2013 (chiusura il 26 gennaio 2014) , arriverà in primavera anche a Roma, al Palazzo delle Esposizioni, la mostra “Pasolini Roma”. Un retrospettiva organizzata come una drammaturgia della vita del poeta-cineasta: dal primo amore per la Capitale alla delusione e al disincanto per la perdita dell’innocenza.
Sull’esposizione parigina scrive Paolo Cervone su corrieredellasera.it.
Quel gusto flagellante del provocare – scriveva Cesare Garboli a proposito di Pier Paolo Pasolini. «Rome par l’artiste italien le plus scandaleux du XX siècle»: un grande manifesto di Mamma Roma con Anna Magnani accoglie i visitatori alla Cinémathèque française, a Parigi Bercy, che ospita fino al 26 gennaio la mostra «Pasolini Roma». Ritrovare Pasolini – «cinéaste prolifique, artiste engagé, chroniqueur virulent», poeta, romanziere, regista, pittore, politico alla sua maniera, omosessuale – suscita, per noi italiani, prima di tutto imbarazzo, e un senso di colpa.
Non a caso – «con nostra sorpresa» dicono a Parigi – è arrivata dalla Spagna, non dall’Italia, la proposta di questa mostra che riunisce quattro istituzioni: Centre de Cultura Contemporània di Barcellona, Cinémathèque di Parigi, Palazzo delle Esposizioni di Roma, Martin-Gropius-Bau di Berlino, con la collaborazione della cugina di Pasolini, Graziella Chiarcossi. Dopo la Spagna e ora la Francia, la mostra sarà poi a Roma e da settembre a Berlino. I curatori sono Alain Bergala (ex rédacteur en chef dei «Cahiers du cinema»), Jordi Ballo (saggista), Gianni Borgna (ex assessore alla Cultura di Roma, amico e collaboratore di Pasolini).
«Roma è divina» diceva Pasolini, che con la città ebbe un rapporto forte, di amore e odio. La mostra segue la «drammaturgia» della sua vita – «è come se lui stesso ci guidasse, un percorso imprevedibile, aperto a incontri, occasioni perse, abiure, nuovi inizi». «25 ans de passion», dal giorno dell’arrivo nella capitale alla notte della sua uccisione all’idroscalo di Ostia. Oggetti personali, luoghi di vita, luoghi di romanzi e film, lettere, manoscritti, appunti, foto, filmati, locandine, le polemiche sul “Corriere della Sera”, la macchina da scrivere, quadri dipinti da lui e dai pittori amati: Morandi, Mafai, De Pisis, Rosai, Guttuso.
All’inizio, come in una soggettiva, si guarda dal finestrino di un treno: l’addio a Casarsa e al Friuli, solo con la mamma, dopo essere stato accusato di corruzione di minori ed espulso dal Partito comunista; l’arrivo alla stazione di Roma Termini nel 1950, «povero come un gatto del Colosseo». Ha 28 anni, va a insegnare in una scuola nei pressi del carcere di Rebibbia, scopre le borgate miserabili, il sottoproletariato con il suo linguaggio e la sua sottocultura; vive a Ponte Mammolo non per snobismo intellettuale ma perché povero, come spiegava alla tv francese. Uno «choc émotionnel et esthétique», incontra i «mauvais garçons» e le prostitute, è affascinato da quella vitalità violenta.
Scrive nel 1955 Ragazzi di vita, fa scandalo, finisce in tribunale. Ritroviamo la periferia romana, i set dei film che gira negli anni ‘60: Accattone, Mamma Roma – c’è una registrazione di una nervosa discussione in cui la Magnani si dice a disagio fra tanti attori improvvisati –, Uccellacci e uccellini. Ecco la moviola usata durante il processo per La ricotta, per constatarne l’indecenza, – secondo la pubblica accusa – l’oltraggio alla religione. «Roma sarà anche teatro di persecuzioni, da parte dei poteri di tutti i tipi e la furia dei media per i quali in vent’anni Pasolini sarà il capro espiatorio, l’uomo da abbattere, a causa della sua diversità e delle sue prese di posizione», dice Bergala.
Le polemiche, gli scontri, ma anche gli amici. Sandro Penna, Alberto Moravia, Elsa Morante, Bernardo Bertolucci, che racconta il primo incontro: si presenta alla porta uno sconosciuto che somigliava a un operaio con l’abito scuro della festa, dice di avere un appuntamento con il poeta Attilio; Bernardo quattordicenne lo lascia fuori, diffidente («poteva essere anche un voleur»), sarà il padre a spiegargli che era «un grande poeta» e viveva nello stesso palazzo, a Monteverde. Ecco Ninetto Davoli, l’amore «prezioso», «au visage farceur», birbante, innocente; e Laura Betti, terribile, protettiva, la sua «sposa non carnale», come scrisse a Godard.
Ecco la Fiat 1100 con cui girò per l’Italia, «nuda e vivace», per Comizi d’amore, la sua inchiesta nei primi anni ‘60 sulla sessualità e i tabù in un paese in trasformazione. Dagli schermi, che accompagnano il percorso, i filmati di Bergala mostrano la Roma di oggi, come si sono trasformati i luoghi e i giovani che raccontava Pasolini, testimonianze dell’omologazione, del «genocidio culturale»: «C’è una Roma prima, e una Roma dopo, per Pasolini; con il tempo arrivano la delusione e il disincanto, un rifiuto radicale della cultura di massa, mutazioni che lo allontanano sempre più da una città che ha perso l’innocenza. A 38 anni dalla sua morte, Pasoliniè più che mai attuale, aiuta a comprendere il mondo in cui viviamo oggi».
La «scomparsa delle lucciole» porta all’ultima tappa, i bidoni di Petrolio, il romanzo incompiuto, una visione pessimistica a cui fanno da contrappunto le immagini di una performance di Fabio Mauri, il 31 maggio 1975 a Bologna: seduto, vestito di una camicia bianca su cui è proiettato il Vangelo secondo Matteo, Pasolini diventa «oggetto di una transustanziazione». Il 2 novembre viene ucciso, le foto del corpo disteso sono appena mostrate, per pudore, per il dolore. L’ultima immagine è Nanni Moretti che in Caro diario arriva in Vespa all’idroscalo: «Non so perché, ma non ero mai stato nel posto dove è stato ammazzato Pasolini».