A Matera si è chiusa il 1 marzo 2018 la mostra Matera 1953, che ha esposto cinquanta foto scattate da Federico Patellani durante le riprese del film La Lupa girato nel 1953 da Alberto Lattuada nello scenario dei Sassi della città lucana, luogo di bellezza allora primordiale, povera e misteriosa. Della mostra resta ora il catalogo (edito da Humboldt), a documento del lavoro di un grande fotografo e di un luogo che dieci anni dopo, nel 1964, sarebbe stato trasfigurato in Gerusalemme da Pasolini con il capolavoro Il Vangelo secondo Matteo.
Foto d’autore per i Sassi del ’53
di Eliana Di Caro
www.ilsole24ore.com – 20 febbraio 2018
Un bianco e nero elegante, al tempo stesso primordiale come l’oggetto inquadrato: le case consumate, la sacra festa con Sant’Agata che svetta verso il cielo in cima al carro, lo sguardo provocante e selvaggio della Lupa. Nel ’53 l’obiettivo di Federico Patellani ha documentato – prima ancora che le scene del film di Alberto Lattuada, La Lupa, appunto – un pezzo di Sud tra i più potenti e riconoscibili per la sua identità. Tanto da essere scelto come set di diverse pellicole: i Sassi di Matera. Poco importa che la novella di Verga fosse ambientata in Sicilia. L’inestricabile accrocco di case grotta aveva una sua universalità e si prestava a raccontare un soggetto tragico dal climax ascendente come quello verghiano. Lo dice bene il regista, fondatore della Cineteca Italiana con Luigi Comencini: «Matera aveva queste rupi dentro le quali era scavata la città. Aveva questi paesaggi dalla bellezza dura, terribile. Mi sembrava l’ideale per ambientarvi una storia di passione: quelle voragini che sembrano spalancarsi sotto i piedi dei personaggi … era l’inferno in terra».
Matera 1953, il libro pubblicato da Humboldt, raccoglie oltre 50 immagini, selezionate tra quelle che il fotografo scattò durante i sopralluoghi per gli esterni e quelle fatte durante le riprese, e testi a cura di Matteo Pavesi, Alberto Crespi, Luisa Comencini, gli stessi Patellani e Lattuada, Giovanna Calvenzi, Kitti Bolognesi (proposti anche in inglese).
Pagina dopo pagina, s’incontrano i volti degli abitanti, i bambini che giocano nei vicoli o che si sporgono da un muretto a guardare il set, i momenti del film che ne restituiscono la trama con altrettanta intensità se non maggiore perché – è ancora Lattuada a dirlo – «la foto raccontava la stessa scena ma vista da un occhio capace di cogliere certe sfumature impercettibili». Patellani, che si era fermato tre mesi per fare uno studio del luogo (lui era anche aiuto regista) gironzolando tra osterie e cortili, chiese e processioni, viuzze e animali, scrisse un testo di accompagnamento alle foto per alcuni giornali, concludendo con profetica crudezza: «Si può prevedere che fra qualche anno si farà visitare ai turisti qualche esempio di abitazione troglodita, conservata per il suo aspetto pittoresco, con le sue grandi cassapanche scolpite, i suoi letti drappeggiati di bianco e le immagini dei santi inchiodati ai muri di tufo». Nel luglio del ’50 l’allora primo ministro Alcide De Gasperi era andato a Matera ed era rimasto sbigottito dopo essersi addentrato in una casa del Sasso Barisano, che prendeva aria e luce dalla sola porta d’ingresso e dove, in pochi metri quadrati, vivevano animali e persone; due anni dopo avrebbe firmato la legge che prevedeva l’evacuazione dei rioni ( si svuotarono lentamente nel corso degli anni 60), mentre venivano ultimati i nuovi quartieri costruiti ad hoc per accoglierne i circa 15mila abitanti.
Ma quel che Patellani aveva intuito si è avverato, perché oggi i Sassi – con la progressiva rinascita avviata con la Legge Speciale del 1986, sancita con l’ingresso nella lista dell’Unesco nel ’93 e consacrata dalla nomina di Matera a capitale europea della Cultura nel 2019 – sono meta di turisti in arrivo da tutto il mondo, rapiti dalla loro unicità. La Lupa aprì la strada a tanti film, come Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964). Dalla Sicilia a Gerusalemme, è l’aura dell’universalità.