Martedì 18 febbraio 2020 verrà celebrato a Casarsa della Delizia il 75° anniversario della fondazione dell’Academiuta di lenga furlana con una cerimonia ricordo in programma alle ore 17.30 nella sala consiliare di Palazzo Burovich, intitolata L’Academiuta di lenga furlana e il suo “trepido desiderio di poesia”. Dopo i saluti delle autorità interverranno Francesco Zambon (Università di Trento), che traccerà un profilo di Nico Naldini, poeta e scrittore che prese le mosse proprio da quell’esperienza adolescenziale, Elio Ciol e Giuseppe Bertolin rievocheranno quella domenica di fine febbraio, mentre Francesca Cadel (Università di Calgary, Canada) e Rienzo Pellegrini, già docente di Lingua e letteratura friulana all’Università di Trieste, si soffermeranno sugli altri protagonisti di quella straordinaria scuola poetica.
Domenica 18 febbraio 1945 in occasione di uno degli incontri con i ragazzi che si trovavano abitualmente a Versuta per partecipare alle lezioni della “scuola” animata da Pasolini viene fondata l’Academiuta di Lenga Furlana. I componenti, secondo un ordine dettato da Pasolini sono: Pasolini, Cesare Bortotto, Nico Naldini, Bruno Bruni, Ovidio ed Ermes Colussi, Fedele Ghirart, Pina Kalc, Rico De Rocco e Virgilio Tramontin. L’evento verrà immortalato dal giovane fotografo Elio Ciol che scatterà una foto con tutti i ragazzi davanti la chiesa di San Antonio abate. Nelle foto si riconoscono Umberto Pasut, Luigi Bertolin (Tamaiot), Ovidio Colussi, Tonuti Spagnol, Pasolini, Bruno Bruni, Cesare Spagnol, Livio Colussi, Rizieri Cesarin, Giuseppe (Nini) Bertolin, Giovanni Krevatin, Pietro Colussi (Masena), Fedele Girardo, Dante Spagnol, Oreste Pasut, Alfredo Bertolin, Antonio Fantin.
Il logo – un cespo di dolcetta o ardilut in friulano – viene schizzato con tratti essenziali da Rico De Rocco. La pubblicazione ufficiale dell’Academiuta diventa lo Stroligùt e sotto l’egida delle edizioni dell’Academiuta verranno pubblicati anche i volumetti Diarii (1945), I pianti (1946) e Dov’è la mia Patria (1949) di Pasolini, Seris par un frut (1948) di Nico Naldini e A Sonia (1946) di Luciano Serra.
«Le riunioni dell’Academiuta avvengono ogni domenica pomeriggio nella stanzetta di Versuta – racconta Nico Naldini nel suo libro Pasolini, una vita (Einaudi, 1989) – e ciascuno degli accademici legge le sue nuove poesie; Pina suona il violino e Pier Paolo legge i versi di un poema in ottave Il Tancredi, una delle tante opere inedite finite nella nota cassapanca.»
Prosegue Pasolini: «Ma che dolcissime Domeniche passammo quell’inverno e quella primavera in grazia della poesia friulana e della musica di Pina. Io e mio cugino Nico le ricorderemo spero come le più belle che abbiamo mai trascorso (per quanto potessimo contarvi ogni volta almeno “sei pericoli di vita ben contati, imminenti e realizzabili di ora in ora”). Ci si riuniva nella mia camera, o nel piccolo retrocucina di Cicuto, dove erano alloggiati i nostri amici, o, da ultimo nel casello in cui facevo scuola. Nessuno mi toglie ora dalla mente che quello sia stato il nostro Decamerone, o, più concretamente [illeggibile] di quel mio eremo interiore dove sapevamo rifugiarci, e dove non giungeva neppure l’eco di quei tremendi scoppi che notte e giorno scuotevano la terra. Discutevamo di musica, di poesie; ma con estrema gaiezza, con molte risa, con molte interruzioni per fare della maldicenza sui nostri comuni amici borghesi di Casarsa. Ci aiutarono moltissimo, io e Pina, a entrare nel cuore ingombro dei contadini che ci ospitavano: è strano, parlavamo soprattutto di questo. In materia di poesia io ero la guida accettata; e mi era dolcissimo parlarne, perché, mentre di solito la mia timidezza (causata dalla mia malinconia) mi fa parlare male, quando invece sono allegro posseggo tutti gli elementi dell’eloquenza: divengo perfino brillante. Mi piace ricordare quelle nostre riunioni poetiche come una specie di Arcadia, o con più gioia, una specie molto rustica invero, di salotto letterario. Si pensi che è nato in una di quelle domeniche il nostro félibrige friulano! … La gioia con cui ci trovavamo, dava dunque, una fisionomia particolare, addirittura commovente a quei nostri meriggi domenicali; e tutto questo mi conferma ancora una volta che io vivrei (oh, questo condizionale!) in uno stato di inalterata gaiezza».
*Fotografia in copertina: Elio Ciol (1945)