Commemorazione di Guido Alberto Pasolini, fratello minore di Pier Paolo, a 75 anni dall’eccidio delle malghe di Porzus

Nella mattinata di mercoledì 12 febbraio 2020 una delegazione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini, della Pro Casarsa della Delizia e dell’associazione Forum Democratico si è recata prima al Bosco Romagno, a pochi chilometri da Cividale del Friuli, e successivamente al cimitero di Casarsa per commemorare Guido Alberto Pasolini, a 75 anni dalla sua tragica scomparsa.

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Il 7 febbraio 1945, avvenne infatti l’eccidio legato alle malghe di Porzûs, nel Friuli a un passo dal confine con l’attuale Slovenia. Episodio atroce e tuttora ferita aperta in cui un gruppo di partigiani garibaldini, comunisti e filotitini, comandati da Mario Toffanin, detto “Giacca”, si macchiò dell’omicidio di un altro gruppo di partigiani, comandati da Francesco De Gregori “Bolla”, ma dal fazzoletto verde, per lo più azionisti e di fede italiana. Tra le vittime di quel massacro, le cui origini si situano nella questione dei confini e delle mire annessionistiche dei comunisti jugoslavi, ci fu anche il fratello minore di Pier Paolo Pasolini, Guido Alberto, arruolatosi a diciannove anni nella brigata “Osoppo” con il nome di battaglia ”Ermes” e ucciso il 12 febbraio in località Borgo Romagno, divenuto oggi un Parco naturale pubblico.

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Proponiamo di seguito un estratto della lettera inviata da Pasolini a Luciano Serra da Versuta il 21 agosto 1945.
«La disgrazia che ha colpito mia madre e me è come un’immensa, spaventosa montagna che abbiamo dovuto valicare, e quanto più ora ce ne allontaniamo tanto più ci appare alta e terribile contro l’orizzonte. Non posso scrivere senza piangere, e tutti i pensieri mi vengono su confusamente come le lacrime. Dapprincipio non ho potuto provare che un orrore, una ripugnanza a vivere, e l’unico, inaspettato conforto era credere nell’esistenza di un destino a cui non si può sfuggire, e che quindi è umanamente giusto. Tu ricordi l’entusiasmo di Guido, e la frase che per giorni mi è martellata dentro era questa: Non ha potuto sopravvivere al suo entusiasmo. Quel ragazzo è stato di una generosità, di un coraggio, di una innocenza, che non si possono credere. E quanto è stato migliore di tutti noi; io adesso vedo la sua immagine viva, coi suoi capelli, il suo viso, la sua giacca, e mi sento afferrare da un’angoscia così indicibile, così disumana».
[Da “Pier Paolo Pasolini. Lettere agli amici (1941-1945)”, Guanda, 1976]

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Casarsa, 21 giugno 1945. Funerale di Guidalberto Pasolini. Pier Paolo è riconoscibile in abito chiaro.