A Casarsa una mostra sul Pasolini degli anni Sessanta con le storiche fotografie di Carlo Riccardi
comunicato stampa
Sabato 9 settembre 2017, alle 18, presso il Centro Studi Pasolini di Casarsa, vernice della mostra “I tanti Pasolini” con la partecipazione di Roberto Ippolito, Filippo La Porta, Piero Colussi, presidente del Centro studi Pier Paolo Pasolini, e Angela Felice, direttore. Realizzati da Carlo Riccardi, il primo “paparazzo” della dolce vita romana, e provenienti dallo storico Archivio Riccardi di Roma, cinquanta scatti che svelano le molteplici sfaccettature dell’anima del poeta.
Pier Paolo Pasolini torna da Roma negli spazi di Casa Colussi dove la sua presenza si materializza con l’esposizione delle storiche fotografie di Carlo Riccardi. Alle 18.00 di sabato 9 settembre 2017 sarà così inaugurata la mostra “I tanti Pasolini” a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, realizzata dall’Archivio Riccardi e ora promossa dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini, con il sostegno di Regione Fvg e Comune di Casarsa. Alla vernice, interverranno lo scrittore Roberto Ippolito e il critico letterario Filippo La Porta, accanto ai responsabili dell’Archivio Riccardi e di Casa Colussi.
«È l’avvio delle attività autunnali del nostro Centro Studi- dichiara il presidente Piero Colussi- che poi saranno arricchite da tante altre iniziative, a partire dall’annuale Convegno di studi di novembre. Ora è significativo che la partenza sia data da una ricca mostra di immagini documentarie, alcune delle quali saranno acquisite dal Centro ed entreranno a far parte del suo archivio fotografico». Una mostra dal significato molto particolare anche per il direttore Angela Felice: «Si tratta di un vero e proprio rientro a casa del poeta, nel luogo d’origine da dove tutto è partito. In chiusura del film Edipo re, uscito esattamente cinquanta anni fa, il 7 settembre 1967, è lui ad affermare che tutto finisce dove comincia».
In una delle cinquanta immagini visibili fino a domenica 12 novembre (apertura dal lunedì al venerdì dalle 15.00 alle 18.00, il sabato 15.00-19.00 e la domenica 10.00-12.00 e 15.00-19.00), Pasolini appare proprio con l’amata madre Susanna Colussi al Ninfeo di Villa Giulia a Roma, nella serata finale del Premio Strega 1964.
Andando al di là dei diversi approcci dell’artista, che è stato poeta, scrittore, regista, attore, drammaturgo, saggista, il titolo “I tanti Pasolini” anticipa al visitatore che lo sguardo di Carlo Riccardi è riuscito a catturare la straordinaria varietà di espressioni, posture, modi di porsi e perfino di vestirsi, e una grande varietà di sentimenti eccezionalmente complessi. Indiscusso testimone con i suoi scatti delle vicende culturali, sociali e politiche nel nostro Paese, dall’immediato dopoguerra in poi, è anche il maestro Riccardi (91 anni il prossimo 3 ottobre), il primo paparazzo della “dolce vita”, amico di Ennio Flaiano, Federico Fellini, Totò e tantissimi altri personaggi della cultura e della vita pubblica italiana, autore di fotografie ora esposte in mostre permanenti a Roma, Pechino e San Pietroburgo. In oltre settanta anni di attività ha costruito un immenso archivio fotografico riconosciuto dalla Soprintendenza Archivistica del Lazio come Patrimonio di interesse nazionale per la qualità, il numero di negativi conservati (almeno un milione ma secondo alcune stime molti di più) e la vastità dei temi trattati.
Maurizio Riccardi, figlio di Carlo, scrittore e lui stesso fotografo, non nasconde cosa abbia rappresentato per lui realizzare la mostra pasoliniana con le foto del padre: «Ritrovare quelle immagini è stato un po’ come ritrovare il nostro Archivio, ma nessuno dei personaggi a cui ci siamo dedicati con le nostre ricerche ci ha colpito come Pasolini. Lui raccontava con forza e trasparenza come stanno le cose, ci descriveva la realtà senza omettere nulla, nemmeno i problemi. Ci manca un Pasolini oggi».
I primi passi della mostra sono avvenuti con il ritrovamento quasi casuale delle immagini del set del film di Carlo Lizzani “Il Gobbo” (1960). Il curatore Giovanni Currado, anche direttore della collana “I fotografici” dell’editore Armando, fu stupito e si appassionò all’istante: «Eravamo increduli, poiché avevamo tra le mani due fotogrammi del momento esatto in cui veniva ucciso Leandro detto”‘er Monco” interpretato da Pasolini». Da lì è cominciata «la nostra ossessione di riuscire a trovare altre foto di Pasolini sparpagliate nelle buste da lettera predisposte per vari eventi esistenti nell’Archivio messo in piedi originariamente in modo artigianale, come era normale un tempo. I negativi via via trovati sono stati selezionati. Quelli considerati più interessanti sono stati digitalizzati e restaurati. Ma è stato anche necessario avviare delle ricerche per individuare luoghi e anno degli scatti».
La mostra, centrata essenzialmente sugli anni Sessanta del secolo scorso, grazie al lungo e scrupoloso lavoro di recupero e restauro delle immagini conservate nell’Archivio Riccardi, “I tanti Pasolini” propone momenti della vita di Pasolini che sono momenti anche della storia culturale italiana: nelle fotografie esposte, Pasolini è in tribunale accusato di vilipendio alla Religione di Stato per il film “La ricotta” (1963), oppure all’esterno del Palazzo di Giustizia a Roma insieme a Dacia Maraini, Laura Betti e Alberto Moravia, o con Maria Callas all’aeroporto di Ciampino nel 1969 o al Premio Viareggio con Ungaretti e a Venezia durante la Mostra internazionale del cinema.
«“I tanti Pasolini” sono le tante emozioni che Pasolini ci trasmette; le fotografie in mostra sono pezzi del travaglio di un poeta e di uno scrittore così tanto amato dopo oltre quattro decenni dall’uccisione, e anche del travaglio del Novecento» osserva Roberto Ippolito, che nota inoltre «l’estrema mutevolezza di Pasolini così inserito nel mondo culturale eppure così capace di non essere aristocrazia culturale».
La mostra ha generato anche un piccolo catalogo omonimo, pubblicato da Agr, che sarà disponibile a Casa Colussi. Nelle conclusioni Filippo La Porta scrive: «La cosa che bisognerebbe dire di Pasolini è che amava la vita. E questo mi sembra trasparente anche nelle fotografie della mostra, che lo ritraggono nei contesti più diversi e stranianti. Certo, la amava a modo suo, con quella furia e tensione totale, e a volte in modi decadenti, ma la amava, e amava di un amore straziante la cultura, la tradizione, la grande civiltà del nostro Paese, la felicità reale (che si disperde nel vento, senza lasciare tracce), e ancor di più le persone umili del popolo, quelle che non sanno nemmeno di avere dei diritti”.
*Fotografia in copertina: di Antonio Riccardi / @ Archivio Riccardi