Il 1 aprile 2017 è scomparso negli Usa, dove si era trasferito nel 1991, il poeta Evgenij Evtushenko, figura altamente esemplare, nel bene e nel male, del secondo Novecento russo, tra adesione all’esperienza sovietica, specie nei suoi possibili momenti di disgelo, protesta antitotalitaria e disillusione. Autore versatile in più generi, contrario al diktat estetico del socialismo reale, ma noto soprattutto per la produzione poetica, tanto da essere candidato al Nobel nel 1963, Evtushenko ha visto crescere nel tempo i suoi detrattori per gli aspetti controversi della sua personalità istrionica, presenzialista, incline all’autopromozione. In occasione della sua scomparsa ha scritto Serena Vitale (“Il Sole24ore”, 1 aprile 2017): «Il giudizio sull’opera di Evtušenko, che negli anni Sessanta e Settanta fu il poeta sovietico più famoso all’estero, quasi l’ambasciatore di un Paese che voleva dare di sé l’immagine più positiva e “ democratica”, non può oggi prescindere da alcuni difetti (superficialità, retorica, lunghezza) che spesso viziano un’opera vigorosa, capace talvolta di raccogliersi in momenti di sommessa intimità, caratterizzata da una scrittura fluida, fantasiosa, ricca di immagini, giochi di parole, suoni».
Qui lo ricordiamo anche per i suoi rapporti con Pasolini, che in primo momento lo avrebbe voluto come interprete di Gesù nel Vangelo secondo Matteo e che, nel 1974, scrisse la prefazione alla sua raccolta di versi Le betulle nane, non mancando di tracciare un’ acuminata indagine sulla condizione dello scrittore in Urss, «ultimo stato –scrisse- tradizionalmente repressivo, che costringe la gente a mentire continuamente». In quel contesto storico, in cui la Rivoluzione è in mano al Potere, l’abilità di Evtushenko di «comiziante e istrione finisce col diventare santità straziante» [in P.P.Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, 2 voll., Meridiani Mondadori, Milano, 1999, v. II, p. 2665].
Qui di seguito, con stralci, un ritratto del poeta russo uscito su “il Fatto Quotidiano” del 1 aprile 2017.
Evgenij Evtushenko
Si è spento negli Usa a 84 anni il poeta e romanziere russo critico del socialismo reale
redazionale
www.ilfattoquotidiano.it – 1 aprile 2017
Il poeta e romanziere Evgenij Aleksandrovic Evtushenko è morto a 85 anni negli Stati Uniti per un problema cardiaco. Candidato al Nobel nel 1963, era noto anche come drammaturgo. Fu uno dei maggiori rappresentanti della generazione di scrittori sovietici che rifiutarono di aderire alla dottrina del socialismo reale. Tuttavia in seguito diventò lui stesso uno strumento di propaganda del Cremlino: nel 1962 il suo poema Gli eredi di Stalin venne pubblicato dalla “Pravda”, organo centrale del Partito comunista dell’Unione sovietica (Pcus) nel quadro della campagna di destalinizzazione voluta da Nikita Krusciov, e fu decorato da Leonid Breznev dell’Ordine della bandiera rossa. Sempre nel 1962 l’agenzia sovietica Tass diffuse il suo poema Le idee leniniste vivono e trionfano, che celebra il volo del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio.
Nato il 18 luglio 1932 nel villaggio di Zima, in Siberia, il letterato soffriva da tempo di problemi di salute: nel 2013 gli era stata amputata una gamba, mentre nel 2015 aveva subito un intervento al cuore. […] Secondo Serguéi Vínnikov, produttore di un festival che si sarebbe dovuto tenere a Mosca in onore del poeta, Evtushenko ha espresso il desiderio di essere sepolto nel cimitero russo degli scrittori Peredélkino, vicino a Boris Pasternak.
Evtushenko esordì nel 1952 con una prima raccolta di poesie, Gli esploratori dell’avvenire, grazie alla quale, a soli 20 anni, divenne il membro più giovane dell’Unione Sovietica degli Scrittori. Negli anni Sessanta fu una delle figure di riferimento degli intellettuali critici verso il sistema. Nel 1961 pubblicò il suo poema più famoso, Babi Yar, che denunciava il massacro degli ebrei di Kiev, stigmatizzando le distorsioni storiche e l’antisemitismo sovietici. E nel 1968 si schierò contro l’occupazione sovietica di Praga. Negli anni successivi verrà però accusato da altri intellettuali come Josef Brodsky di essere sempre rimasto nei limiti “accettabili” della protesta per il regime.
«E’ il poeta ufficiale di tutti i disgeli fittizi», affermava il dissidente ed ex prigioniero politico Vladimir Bukovsky. Nel 1983, in un’intervista alla stampa francese, Evtushenko affermò che non c’erano prigionieri politici nell’Urss. Nello stesso anno fu decorato da Breznev. «La sua funzione è d’indurre in errore gli stranieri», diceva di lui Nadejda Mandelstam, vedova del poeta Ossip Mandelstam, morto nei campi staliniani. «Mi si dice che sono coraggioso. Non è vero, non mai peccato di eccessivo coraggio. Non ho tentato di riformare il mondo», ha scritto lo stesso Evtushenko in un poema.
Nel 1991, deluso dal nuovo corso di Boris Eltsin che aveva inizialmente sostenuto, si trasferisce negli Stati Uniti.