Sabato 24 febbraio 2018 alle ore 21.00, al Circolo Arci di Pistoia, in corso Gramsci 52, andrà in scena lo spettacolo BigBang Orestea. Segnali di giustizia da Eschilo a Pasolini, su progetto della Coop22 Big Bang Oretea e per la regia di Stefano Luci, con la collaborazione di Roberto Carlesi. La particolarità della messinscena consiste nel fatto che, accanto ad un gruppo di attori, vi sono coinvolti i richiedenti asilo, perlopiù africani, ospitati presso le strutture CAS della Cooperativa e coinvolti non solo come interpreti ma anche come costumisti e scenografi.
Pubblichiamo qui le note descrittive e di regia diffuse dalla compagnia per questo spettacolo, che si ispira liberamente alla trilogia Orestea di Eschilo incrociata con la versione che ne diede Pasolini nei suoi Appunti per un’Orestiade africana, attraversati dal contrasto tra il mito delle culture antiche e l’omologazione della modernità.
Il progetto teatrale “BigBang Orestea”
rappresenta “Segnali di giustizia” da Eschilo a Pasolini
redazionale
www.tuttopistoia.com – 3 febbraio 2018
La tragedia tra antropologia e teatro
Il progetto della Coop22 “Big Bang Orestea” è un laboratorio e una messa in scena teatrale con i richiedenti asilo ospitati presso le strutture Cas della cooperativa. Il progetto è quindi strettamente legato alle esperienze dei profughi provenienti perlopiù dall’Africa, ma anche dal Pakistan e dal Bangladesh. Il loro percorso sarà il terreno su cui costruiremo e rinnoveremo questa antichissima trilogia.
Nel 1969 Pier Paolo Pasolini si reca in Africa e partorisce un’Orestiade, un progetto per un’Orestea cinematografica. Prendendo spunto sia dall’Orestea di Eschilo sia dalla versione pasoliniana dell’Orestea, questo spettacolo mostrerà la contrapposizione tra passato e moderno, come sia difficile la convivenza e quanto necessaria la trasformazione.
Con l’Orestea Eschilo mette in scena il passaggio dal mondo tradizionale, mitologico ed irrazionale (personificato dalle Erinni) al mondo “nuovo”, della ragione, della Democrazia, simboleggiato dall’istituzione del primo Tribunale cittadino della storia, fondato da Atena: la ragione. Quella transizione, come Pasolini avrà modo di sottolineare, non avviene attraverso la cancellazione dell’ ordine antico da parte di quello moderno, ma arriva ad inglobare il primo nel secondo, attraverso una (difficile) trasformazione.
La tragedia eschilea mostra metaforicamente la necessità di mantenere, seppur cambiata, l’istanza tradizionale nel passaggio alla modernità: le Erinni, forze primordiali che convivono con l’avvento degli Dei , non vengono disintegrate ma si trasformano in Eumenidi. Così il contesto in cui avviene la messinscena della rappresentazione teatrale tragica all’epoca di Eschilo mantiene in sé sia il lato di sacralità primigenia del teatro delle origini, sia quello di modernità propria della partecipazione collettiva a quello che, nel luogo del rito sacro, diventa un rituale sociale. Tutto l’universo tragico allora si colloca tra due mondi, quello del mito, concepito ormai come appartenente a un tempo trascorso ma ancora presente nelle coscienze, e quello nuovo, collettivo e democratico dei nuovi valori.
Da Eschilo a Pasolini
Pasolini ha sempre strenuamente difeso le identità culturali e la diversità. Aveva un sogno, quasi un’utopia descritta nei suoi Appunti per un’Orestiade africana: l’avvento di una democrazia incontaminata nell’Africa post-coloniale. Ciò non è avvenuto, non ancora. Quel grido di profetica speranza col tempo si è affievolito, prossimo a spegnersi. Ma Pasolini ha tracciato un solco, noi ne raccogliamo l’eredità rilanciando quel grido.
Per farlo partire da ancora prima, da Eschilo. Nel V sec. a.C. la società ateniese, grazie all’invenzione dello strumento del teatro, riuscì ad imbrigliare gli istinti più irrazionali dell’uomo, le forze più oscure, primordiali e arcaiche che chiamavano e amavano il sangue: le Furie o le Erinni. Non vennero deposte né annientate,
ma trasformate in divinità benevole. Furono accolte nel nuovo ordine, in una transizione tra passato e futuro. Oggi quelle furie non sono più dormienti, si sono risvegliate. Odio, rabbia e vendetta hanno trasformato il genere umano in degenere umano. È tempo di proporre un nuovo teatro che s’ispiri alle origini, che torni a quella funzione primigenia: un teatro che sia Magico e Rituale, Politico e Civile. (Stefano Luci)