Una foto inedita del giovane Pasolini nel 1941 a Bologna

Tre ragazzi sotto i portici di Bologna: uno di loro è Pier Paolo Pasolini, un altro è l’amico fraterno Ermes Parini. Entrambi studenti al Galvani. La foto che li ritrae è spuntata da poco dal cassetto della signora Maria Rosa Scardovi, nipote del compagno di liceo del poeta. La diffonde il “Corriere di Bologna” in un articolo firmato da Marco Marozzi, che rievoca anche la giovinezza bolognese di Pasolini attraversata da plumbei presagi di sventura.

Pasolini, amicizia e morte.  Storia di una foto inedita
di Marco Marozzi

www.pressreader.com/italy/corriere-di-bologna – 24 febbraio 2017

Ermes. Un nome mitico, pieno di speranze, terrori, orrori, affetto e incubi per Pier Paolo Pasolini. Guido, suo fratello partigiano nella brigata Osoppo, lo prese come nome di battaglia e con quello cadde, quando altri partigiani, comunisti, nel febbraio 1945 massacrarono lui e i suoi compagni a Porzùs. Perché non la pensavano come loro, italiani che guardavano a Tito.
Ermes era Ermes Parini, l’amico di Pier Paolo ai tempi del bolognese Liceo Galvani, il più caro, compagno di fascinazioni poetiche e di zingarate: per questo Guido, andando in Carnia a combattere, si era armato anche del suo nome, simbolo di un rapporto fortissimo con il fratello. E lui, il poeta all’epoca ventenne, prova un dolore «quasi fisico» che non riesce nemmeno a esprimere perché «è troppo vivo, violento», scrive, all’idea che la morte o la guerra possano portargli via il padre o Ermes.
Era il 1943. Pasolini non sapeva che il 19 gennaio di quell’anno il sottotenente Ermes Parini, classe 1921, volontario, Reggimento di fanteria «Vicenza», era scomparso in Russia. Di lui non si è mai più saputo nulla. Ed ecco che, seguendo un foto, di 75 anni fa, di tre ragazzi sotto un portico di Bologna nel 1941, due signore ricostruiscono un’amicizia che dalla freschezza di quella immagine viene sommersa da storie e profezie luttuose.

Da sx, Pasolini, Ermes Parini, Previati
Da sx, Pasolini, Ermes Parini, Mario Prelati

Una signora, Maria Rosa Scardovi, 86 anni in questo febbraio, abita a Casalecchio: Ermes Parini era suo zio. È lei a tirare i fili del ricordo, con indagini a vasto raggio. L’ altra, Laura Carboni Prelati, vive a Rimini, è scrittrice, è la figlia del terzo ragazzo nella foto, con Pasolini e Parini: Mario Prelati. È lei ad evocare un racconto del padre in cui Pasolini e Parini si sentono annunciare le proprie morti. Lontane, ma entrambe tragiche.
A farlo, scrive Laura Carboni, fu una zingara in via Irnerio, durante la festa delle matricole del 1941. Grande baldoria di studenti, nonostante la guerra «che prometteva allora rapida soluzione e gloriosa conclusione».
Tutti e tre i ragazzi della foto, ormai universitari, si fanno leggere la mano. Per ridere. Ma solo Prelati riderà. «Sarà per la furia di molte belve — dice la zingara a Pasolini, nel racconto paterno della signora Carboni — che tu, sicuramente dopo i 50 e prima dei 55, lascerai la luce e il respiro». Pier Paolo fu ucciso nel 1975, a 53 anni. «Ma perché molte belve, se a uccidere fu solo Pino Pelosi?» si chiedeva Mario Prelati. Lui potrà ridere di quel che gli fu pronosticato: undici figli mai avuti e una vita lunga, questa goduta.
Parini si sentì lanciare dalla zingara ben altro annuncio. «Pecca top erte, perché ti mancherà la forza di ritornare».
«Ermes,— ricordava Prelati — spedito poco dopo in Russia, non tornò più a casa. Un testimone, a guerra finita, raccontò di averlo visto, sanguinante e con una gamba maciullata, sdraiato accanto a un paracarro, impotente a muoversi, nella sacca infernale battuta dai russi, impossibilitato a ricevere soccorso dai nostri che cercavano di rompere l’accerchiamento».
Maria Rosa Scardovi ha saputo qualcosa dello zio scomparso. Una piccola storia si aggiunge al passaggio di Pasolini sotto le Due Torri, dove era nato (nel 1922) in via Borgonuovo. «Bella e dolce Bologna. Vi ho passato sette anni, forse i più belli». Le sue parole.
La città è prima di tutto l’amico Ermes, soprannominato Paria. Dalla gioia delle gite in bicicletta a Venezia e non solo. «Tre giorni fa io e Paria siamo scesi alle latebre di un allegro meretricio». Alla disperazione.
«Credo che la ragione principale del mio stato sia il continuo, crudele, insistente, penoso pensiero per la sorte di Paria. Ogni volta che dico questo nome devo mordermi le labbra e fissare forte qualcosa per inghiottire le lacrime. Di Paria la notizia ufficiale è che è prigioniero. La sua immagine, là, in Russia, distaccato dalla sua vita, come in un altro mondo dove solo si soffra e si rimpianga, mi dà un’angoscia continua». Lo scriveva Pasolini, in una delle sue lettere.