Roberta Perillo scrive una sintetica biografia artistica di Laura Betti, a novanta anni dalla nascita, avvenuta a Casalecchio di Reno il 1 maggio 1927. Attrice e regista italiana dalle mille risorse, esordisce nel mondo dello spettacolo come cantante jazz nel varietà di Walter Chiari I Saltimbanchi, ma è soprattutto nota per il sodalizio artistico e umano con Pier Paolo Pasolini, continuato con tenacia ammirevole anche dopo la morte di lui.
Laura Betti: una vita dedicata allo spettacolo
(Casalecchio di Reno, 1 maggio 1927 – Roma, 31 luglio 2014)
di Roberta Perillo
www.ecodelcinema.com – maggio 2017
Laura Betti, all’anagrafe Laura Trombetti, nasce a Casalecchio di Reno, un comune bolognese, da padre avvocato iscritto al Partito d’Azione. Nipote del glottologo Alfredo Trombetti, nel 1955 debutta in teatro con un piccolo ruolo ne Il crogiuolo di Arthur Miller, dove è diretta da Luchino Visconti, il celebre regista de Il Gattopardo.
Un’esibizione seguita da molte altre sempre più impegnative, come nell’opera teatrale Le Cid di Pierre Corneille, dove recita al fianco di Enrico Maria Salerno, e ne I sette peccati capitali di Bertolt Brecht e Kurt Weill.
Appare, invece, per la prima volta sullo schermo nel 1958, dopo una breve ma intensa esperienza nel mondo del cabaret, come cantante di brani jazz nel programma I Saltimbanchi accanto all’attore e conduttore televisivo Walter Chiari. Nel 1960 la troviamo a Milano nello spettacolo Giro a vuoto, dove la giovane Laura collabora con i più grandi letterati dell’epoca come Italo Calvino, Alberto Arbasino, Giorgio Bassani, Alberto Moravia e Pasolini.
Un recital di canzoni che ha avuto un successo tale da fare il suo ingresso a Parigi dove fu calorosamente accolto e recensito dal poeta, nonché fondatore del movimento del surrealismo, André Breton, e che le permise la notorietà soprattutto con Pier Paolo Pasolini che la volle al suo fianco per intonare La ballata del pover’uomo, un’opera tratta dal romanzo E adesso, pover’uomo? di Hans Fallada.
L’esordio al cinema di Laura Betti
L’inizio della sua passione per il cinema coincide, per Laura Betti, con la conoscenza di Pier Paolo Pasolini che la dirige in La ricotta, episodio del celebre film collettivo Ro.Go.Pa.G., che raccoglie il lavoro di quattro registi differenti: Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti. Interpreta Sonia, una diva del cinema egocentrica, spocchiosa e snob.
Nel 1966, sempre sotto la regia di Pasolini, è in Che cosa sono le nuvole? e ancora, l’anno seguente, ne La terra vista dalla luna. per arrivare al 1968 sia con l’opera teatrale Orgia che con Teorema, pellicola che le valse la Coppa Volpi come miglior attrice al festival di Venezia.
Da questo momento in poi la sua grinta e la sua versatilità le permettono di essere al centro del mondo cinematografico: richiesta dai più grandi registi dell’epoca come Bernardo Bertolucci, che la vuole nel suo Ultimo Tango a Parigi del 1975 e l’anno successivo in Novecento, e Mario Monicelli, uno dei più celebri e apprezzati registi italiani, che insieme a Dino Risi e Luigi Comencini , è stato uno dei massimi esponenti della commedia all’italiana, che la dirige in Viaggio con Anita nel 1979. Qualche anno dopo, nel 1987 lavora per Franco Ferrini in Caramelle da uno sconosciuto e negli anni ’90 la troviamo invece in Il grande cocomero di Francesca Archibugi e in Un eroe borghese con Michele Placido. La felicità non costa niente è il titolo del film che per l’ultima volta la fa apparire sullo schermo: diretta da Mimmo Calopresti, la sua interpretazione di suora le vale una nomination, nello stesso anno, al Nastro d’argento come migliore attrice non protagonista.
La direzione de “Il Fondo Pasolini”
Protagonista di molte polemiche, probabilmente per le sue battute mordaci, sarcastiche e a volte anche velenose, nel 1980, in onore del suo più grande amico, collega e collaboratore, ucciso cinque anni prima, al quale è fedele e devota, crea e dirige il “Fondo Pier Paolo Pasolini”, al quale segue nel 1996 uno spettacolo, organizzato dall’attrice stessa, costituito da un recital di poesie e testi pasoliniani, intitolato Una disperata vitalità.
Un “amore” ricambiato: infatti Pasolini amava definire Laura Betti come «una tragica Marlene, una vera Garbo con sopra il volto una maschera inalterabile di pupattola bionda»: quindi oltre che un’ottima cuoca anche una persona amabile e simpatica. Ma la Betti non si ferma qui: nel 2003 è l’ideatrice, presso la Cineteca di Bologna, del “Centro Studi-Archivio Pier Paolo Pasolini”, dove trasferisce da Roma tutto il materiale dello scrittore in sua proprietà (più di 1.000 volumi) . Ovviamente questo le causa notevoli attriti con l’amministrazione di Roma, dove il 31 luglio del 2004 si spegne all’età di 77 anni. Laura Betti riposa, però, al Cimitero della Certosa di Bologna, nella tomba di famiglia.