Il 2 novembre 2016, in occasione dei 41 anni dalla morte di Pasolini, la giovane studiosa di cinema Antonella Pozzi ha pubblicato sul suo blog una precisa analisi del film Teorema di Pasolini, che nel 1968 sottopose ad una provocatoria e radicale demistificazione il mondo borghese, nel cuore centrale della famiglia cementata dal benessere e dal perbenismo.
“Teorema”: la famiglia borghese secondo Pier Paolo Pasolini
di Antonella Pozzi
www.blackmaria.it – 2 novembre 2016
Se una famiglia borghese, la cui identità è garantita dai principi di ordine, possesso e benessere, venisse visitata da un giovane Dio, un giovane ospite portatore del sacro, che cosa succederebbe?
La suddetta ipotesi su cui si fonda Teorema è il punto di partenza del bellissimo film di Pier Paolo Pasolini. Ancora una volta il cinema è lo strumento più adatto a indagare la realtà, nella fattispecie i comportamenti di una famiglia borghese che si scontra con valori ad essa estranei. Una facoltosa famiglia della borghesia milanese composta da un padre (Massimo Girotti) possessore di una fabbrica, da una colta ed elegante madre (Silvana Mangano), da due figli (maschio e femmina) studenti e da una serva di origini contadine (Laura Betti, Coppa Volpi al Festival di Venezia), che ricevono inaspettatamente la visita di un giovane affascinante e straordinariamente intelligente. Ad uno a uno tutti i componenti della famiglia si rendono conto di provare un sentimento profondo per lui: è un amore che sconvolge la loro esistenza e cancella l’idea che avevano di loro stessi e della vita. Il giovane li ricambia avendo con tutti rapporti sessuali. Arriva il giorno della partenza e con profondo dolore l’intera famiglia deve dire addio all’ospite. Le drammatiche conseguenze che una tale visita ha prodotto non tardano ad arrivare. L’umile serva ritorna al suo paese, si ciba di ortiche, decide di farsi sotterrare e, piangendo, le sue lacrime formano una sorgente d’acqua miracolosa; la figlia si chiude in se stessa recidendo ogni rapporto con il mondo, il figlio riversa tutta la sua frustrazione e odio del mondo nella pittura; la madre si abbandona a rapporti occasionali con giovani ragazzi rimanendo continuamente delusa e il padre decide di lasciare la fabbrica agli operai, si spoglia nudo e raggiunge quel deserto che sovente vediamo tra una scena e l’altra. L’indimenticabile immagine finale mostra il padre che vaga nel deserto e si abbandona a un urlo di impotenza, simbolo del non essere.
Teorema nasce come pièce in versi ma nel 1968 diviene un film che Pasolini presenta alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film racconta come qualcosa di sacro, di autentico, manda in pezzi il sapere dei borghesi, cioè “l’inautentico”. L’ospite viene per distruggere e, quando se ne va, ognuno dei componenti della famiglia è cosciente della propria incapacità a essere autentico per, come dice il regista, “impossibilità classista e storica di esserlo”. Il film è una condanna alla borghesia che sta rivoluzionando se stessa; tutta l’umanità sta diventando piccolo-borghese e ormai la rabbia contro la borghesia classica non ha più ragione di essere. Per questo il film rimane sospeso e l’irrazionale urlo finale commentato dalle suggestive note del Requiem mozartiano, simboleggia questa sospensione, un grido d’impotenza come unica espressione possibile.
A suscitare la maggior parte delle polemiche è proprio il senso del sacro insito nel film. Prima dell’avvento della società industriale il sentimento del sacro era radicato nel cuore della vita umana, nella fattispecie nella società contadina (rappresentata nel film dalla serva); successivamente la società borghese, formatasi in contraddizione con quella precedente, lo ha perduto e sostituito con l’ideologia del benessere e del potere. Il giovane ospite dal volto angelico possiede quella sacralità, ossia la naturalezza ed estraneità a tutto ciò che lo circonda, ed è proprio questa qualità a renderlo irresistibile ai membri della famiglia. L’atto sessuale diviene il mezzo con cui il giovane distrugge i principi della famiglia borghese, esso è vissuto dall’ospite con naturalezza, non ha niente a che fare con la logica del possesso che semplicemente ignora e da cui è completamente al di fuori.
Ognuno di loro ha una crisi e la morale è come dice il regista che ”qualsiasi cosa un borghese faccia, sbaglia”. Siamo lontani dal mondo di Accattone, l’identità dell’uomo occidentale è ormai divenuta inautentica e le classi che prima erano ai margini della società industriale ora sono perfettamente integrate nel mondo borghese.
[info_box title=”Antonella Pozzi” image=”” animate=””]laureata in Storia e Critica del Cinema, diplomata in discipline Teatrali “Ribalte”, presso il laboratorio diretto da Enzo Garinei, vanta anche un diploma di canto presso la scuola Bailamos, diretta da Maria Pagano.[/info_box]