Pubblichiamo una acuta recensione di Stefano Rizzo al libro di Alberto Brodesco Sguardo, corpo, violenza. Sade e il cinema, uscito per Mimesis nel 2014. Un libro “straordinario”, secondo il critico, per l’accuratezza nella schedatura dei film che si sono ispirati direttamente o indirettamente all’opera di Sade e per la lettura interpretativa di alcune pellicole, tra le quali, immancabile, il Salò di Pasolini. Centrale è anche il parametro del “problema dello spettatore”, posto di fronte a immagini disturbanti che infrangono i tabù e mostrano in varie modalità la violazione del corpo.
“Sguardo, corpo, violenza. Sade e il cinema”. Un saggio di Alberto Brodesco
di Stefano Rizzo
www.nocturno.it – novembre 2017
La morte e la piccola morte. L’uomo che muore e l’uomo che gode nell’orgasmo: questi i limiti della rappresentazione cinematografica secondo André Bazin. Il cinema che affronta la figura e le opere di De Sade si costruisce proprio attorno a queste due interdizioni. Se, separatamente, la morte e l’orgasmo (simulati o no) sono ben presenti nel cinema contemporaneo, la compresenza dei due soggetti e la loro interazione sono cose ben più rare, sebbene abbiano dato origine a una filmografia significativa. Donatien Alphonse François de Sade è, a oltre duecento anni dalla morte, una delle figure letterarie e storiche che più hanno mantenuto influenza, forza e attualità nei molti campi in cui lo spirito dell’autore aleggia: filosofia, psichiatria, sociologia e, chiaramente, tutte le arti, non ultima il cinema. Sguardo, corpo, violenza. Sade e il cinema di Alberto Brodesco è un libro davvero straordinario e ricchissimo e riesce a raggiungere con successo diversi obbiettivi. In primo luogo, il libro è una precisa mappatura di tutti gli adattamenti dell’opera di De Sade e, inoltre, delle opere che lo hanno visto come presenza diretta nella trama del film.
In secondo luogo, il libro rappresenta un’approfondita analisi, attraverso l’opera cinematografica del Marchese, del cosiddetto “problema dello spettatore”, come dice Boltanski: ovvero quella tensione che si percepisce quando si osserva un corpo violato attraverso un media. I principali autori di cinema su cui si sofferma l’autore per mettere sotto il microscopio questo problema sono Buñuel, Brook, Franco e Pasolini (ma non vengono tralasciati moltissimi film di altri autori tra cui alcuni davvero interessanti come, ad esempio, Marquis di Henri Xhonneux, film in animatronics sceneggiato dal regista con Roland Topor che curò anche la direzione artistica e il progetto dei pupazzi). Il capitolo dedicato a Franco (certamente di interesse nocturniano) è tra i contributi accademici più interessanti a lui dedicati. L’analisi degli otto film direttamente sadiani (più altri otto con riferimenti più superficiali) che vanno dal Justine del 1968 al Gemidos de placer del 1982, è davvero piena di notazioni suggestive. Lo studio delle trame, delle figure ricorrenti, della cifra stilistica (l’uso dello zoom, del fuori fuoco), dell’importanza delle location (nel regista iberico in antitesi netta con l’atmosfera “gotica”), danno di quello che Brodesco chiama il “palinsesto sadiano” del regista madrileno una lettura davvero affascinante. Cedo solo una volta alla tentazione di riportare lunghi passi dal libro citando solamente la considerazione sulla scelta di Romina Power per la parte di Justine nel 1968:
Considerata la componente masochistica del personaggio, ci sembra che la recitazione sicuramente piatta dell’attrice italo-americana si adatti perfettamente ai caratteri essenziali del personaggio di Justine per come emergono dalle opere di Sade. Nei romanzi, Justine finisce per diventare insopportabile al lettore per motivo dell’ostinazione della stupidità con cui va incontro alle sue sventure. […] L’interpretazione puerile, ingenua e “fastidiosa” di Romina Power cattura, al di là di ogni talento attoriale, questo spirito. L’inadeguatezza alla parte ne dimostra paradossalmente la sintonia con il carattere sadiano. La sua giovinezza e la (almeno apparente) innocenza violata da un film dalle decise componenti sadico-erotiche fornisce una conferma agli errori di valutazione attribuiti al personaggio: decidendo di recitare in quel film Romina Power va in cerca della propria sfortuna, realizzando così un classico errore à la Justine.
Franco, in conclusione, viene considerato autore di una contaminazione unica di tutti i tre principali body genres come li chiama Linda Williams nel suo saggio Hard Core del 1989. Sono i generi che colpiscono il corpo e lo chiamano direttamente in causa: l’horror, il porno e il mélo. Questi generi sono stati considerati meno nobili proprio in quanto provocano reazioni fisiche manifeste (grida, erezioni, lacrime). Anche il ricco capitolo sul Salò di Pasolini riserverà molte sorprese per i cultori del capolavoro estremo e terminale del 1975. E davvero illuminante nella comprensione dell’opera sadiana anche letteraria è la rassegna che Brodesco fa delle opinioni critiche di celebri figure della cultura che sono state enormemente influenzate da Sade nei confronti dell’opera di Pasolini. A riprova che Salò non solo sconvolse lo spettatore comune ma anche coloro che avevano studiato Sade. La forza di un’opera che Pasolini voleva indigeribile viene messa alla prova anche nella terza parte del libro dedicata al cinema sadiano nel web. Uno studio capillare delle modalità di diffusione del film su youtube e dei commenti ai principali frammenti reperibili in rete mostrano i vari tipi di approcci all’opera che però, anche nel fraintendimento di essa, anche nelle opinioni più riduttive e stupide, mostrano come il film, in ragione di alcune scelte stilistiche, del cast, della sua mancanza di ironia, della sua assenza di climax, sia ancora un oggetto di difficile addomesticamento.
Sguardo, corpo, violenza. Sade e il cinema di Alberto Brodesco è uscito nel 2014 (edito da Mimesis) ma è assolutamente necessario segnalarlo anche a tre anni dalla sua apparizione per la profondità con cui analizza un tema e un autore fondamentali per chiunque sia uno spettatore cinematografico attento e che voglia confrontarsi con l’atto stesso della percezione. E a un nocturniano risulta addirittura necessario o almeno a quel genere di nocturniano cólto che sogno e auspico.