L’occasione del film La macchinazione di David Grieco invita Rosa Maiuccaro, giovane blogger e commentatrice di cinema, a stendere una rapida scheda sul romanzo postumo di Pasolini Petrolio, «l’ultimo disperato tentativo – scrive – di cambiare il volto a un Paese ritenuto senza speranze».
“Petrolio”: l’anti-romanzo di Pasolini a margine del film “La Macchinazione”
di Rosa Maiuccaro
www.gqitalia.it – 14 marzo 2016
Dalla sua morte ad oggi le affermazioni di Pier Paolo Pasolini, i suoi film e i suoi libri vengono spesso citati a sproposito, perfino da coloro che l’avrebbero dispregiato e osteggiato con tutte le proprie forze. Uno dei suoi scritti rimane tuttavia avvolto da un alone di mistero, quel romanzo si intitola Petrolio e a qualcuno potrà venir voglia di leggerlo dopo la visione de La Macchinazione, l’ennesimo film dedicato allo scrittore [di David Grieco 2016, ndr.].
Ambientato tra il 1972 e il 1974 e pubblicato postumo nel 1992, Petrolio è un testo tormentato, dichiaratamente illeggibile: non ha una trama lineare, presenta un contenuto altamente metaforico e i personaggi non sono di facile categorizzazione. Molte delle cose scritte su questo libro negli ultimi vent’anni anni sono un po’ come le citazioni di cui sopra, false o perlomeno inaccurate. E non sorprenderebbe scoprire che sono tante le persone che, pur avendolo acquistato o finto di averlo letto, non sono poi riuscite ad avventurarsi in tale impresa.
Sempre in anticipo sui tempi, Pasolini denunciò la scomparsa degli ideali politici, il dilagante conformismo e la nascita di un società completamente votata al consumismo e all’individualismo. Per esprimere la sua disillusione, politica e letteraria, lo scrittore si è affidato al personaggio di Carlo, un ingegnere petrolchimico che nel romanzo subisce una scissione. Da un lato abbiamo la mente, ovvero l’imprenditore Carlo di Polis, un cattolico appartenente alla sinistra moderata, e dall’altra la carne, alias Carlo di Tetis, totalmente votato alla perversione erotica e incestuosa.
L’autore approfitta delle torbide trame in cui sono invischiati i suoi personaggi per delineare un ritratto astratto e spietato dell’Italia del boom economico, e degli eventi che determinarono il nostro presente. Un ruolo chiave assumono l’omicidio dell’allora Presidente dell’Eni Enrico Mattei, la conseguente scalata di Eugenio Cefis, ritenuto da alcuni il responsabile dell’attentato, gli albori della trattativa Stato-Mafia, le nuove mode, «la Chiesa cattolica, il Vaticano e la loro solita criminale ignoranza».
In quella fase storica, dominata dall’ambiguità, non esisteva più una contrapposizione tra sfera pubblica e privata, tra laicismo e cattolicesimo e perfino tra politica e crimine. «La grande ipocrisia costituita» di cui scriveva Pasolini trova il suo baluardo negli interessi economici, e dunque nel petrolio «che tutto ha mappizzato» e che rimane ancora oggi protagonista di un’interminabile lotta di potere. Sia Carlo di Polis che Carlo di Tetis diventano così simbolo di quella progressiva dissoluzione dell’identità che rendono Petrolio un “anti-romanzo di formazione” unico.
Il terzo protagonista dell’opera è invece Pasolini stesso, chiaramente deluso, sofferente e impotente dinanzi a un’epoca che definisce «fintamente moderna» e che decreta «la morte della Rappresentazione e dell’orgoglio popolare». Quell’orgoglio che tanto aveva celebrato nei suoi film – Accattone e Mamma Roma in primis, nei suoi romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta, e che aveva instancabilmente ricercato nella sua vita.
Petrolio non è il capolavoro che tutti decantano e d’altronde neppure Pasolini sembrava convinto della sua validità, come s’apprende dalla lettera inviata all’amico Alberto Moravia poco dopo averne ultimato la prima stesura. Ciò che rimane del suo testo brulicante, parzialmente ispirato da I demoni di Dostoevskij e in cui si alternano storia e mito, è l’eredità di un poeta, uno scrittore, un uomo che tentò disperatamente di offrirci gli strumenti per cambiare il corso della nostra storia. Non ci riuscì, frenato dalla mancanza di umanità di un popolo mercificato, volgare e povero, tuttora assoggettato al potere e generalmente incapace di sognare.
[info_box title=”Rosa Maiuccaro” image=”” animate=””]giovane critica di cinema, è laureanda in Giornalismo e Cinematografia alla Kingston University (Londra).[/info_box]