Di fronte al disastro del terremoto che sta martoriando i piccoli paesi del cuore d’Italia, è difficile restare insensibili e insieme è difficile trovare le parole. Si rischia di cadere nell’enfasi, anche involontaria, delle emozioni. Meglio ricorrere alla voce dei poeti come Pasolini. Ne riproduciamo alcuni versi celeberrimi, spesso citati e sempre pregni di forza espressiva non logorata. Un nostro contributo allo strazio delle comunità colpite nei «borghi abbandonati sugli Appennini» e un auspicio perché il «Passato» non sia un ricordo perduto o una nostalgia dolente, ma una «forza» da cui attingere l’energia del domani. (af)

10 giugno 1962
[…]
Io sono una forza del Passato.
Solo nella tradizione è il mio amore.
Vengo dai ruderi, dalle chiese,
dalle pale d’altare, dai borghi
abbandonati sugli Appennini o le Prealpi,
dove sono vissuti i fratelli.
Giro per la Tuscolana come un pazzo,
per l’Appia come un cane senza padrone.
O guardo i crepuscoli, le mattine
su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo,
come i primi atti della Dopostoria,
cui io assisto, per privilegio d’anagrafe,
dall’orlo estremo di qualche età
sepolta. Mostruoso è chi è nato
dalle viscere di una donna morta.
E io, feto adulto, mi aggiro
più moderno di ogni moderno
a cercare fratelli che non sono più.
(P.P.Pasolini, da Poesie mondane, in Poesia in forma di rosa, in Id., Tutte le poesie, a cura di W. Siti, 2 voll., “Meridiani” Mondadori, Milano 2003, I, p.1099)