Il saggio di Roberto Carnero Lo scrittore giovane. Pier Vittorio Tondelli e la nuova narrativa italiana, recentemente edito da Bompiani, ha riacceso i riflettori sull’opera dello scrittore di Correggio, precocemente toccato dal successo con la raccolta di racconti Altri libertini (1980), esaltato quale scrittore esemplare della post-modernità letteraria e del paradigma di una nichilista “letteratura giovane”, stroncato dall’Aids nel 1991. Anche a confronto con l’opera di Pasolini, Davide Brullo riconosce meriti e limiti della letteratura di Tondelli, ispiratore di una “scuola” che, a suo dire, ha travisato il senso del padre fondatore con il deleterio epigonismo di un’inutile trasgressione.
Teniamoci ben stretto il “giovane” Tondelli (e buttiamo i tondelliani)
di Davide Brullo
www.ilgiornale.it – 19 gennaio 2018
«Vicky» non aveva la faccia tumefatta dallo sbronze di Bukowski né il volto diafano, sbrindellato da droga e zen, di Jack Kerouac. Eppure. Allampanato, occhialuto, capellone, illecitamente nerd «Vicky», cioè Pier Vittorio Tondelli, fu l’esegeta del tedio giovanilista, l’inventore degli anni Ottanta, quelli della famelica dissipazione, il profeta degli emoticon, dei «like», dei «mi piace», di va dove ti balza il cuore in gola, lo ha detto lui, «chi se ne frega che cosa è e che cosa non è, l’importante è, leggendo una storia, se ne rimani emozionato».
Esordio fulminante, da scrittore baciato dall’angelo della fama, con Altri libertini, a 25 anni, l’educazione sentimentale degli sballati dal nulla, «Vicky» passò con caustico sorriso dall’anamnesi del libertinaggio allo svacco della Riviera (è lui che ha creato il «divertimentificio» della spiaggia romagnola, con Rimini, nel 1985).
[…]Tondelli, che abita la contraddizione, impania la melma della vita con il magma del linguaggio, è uno che traduceva Il piccolo principe di Saint-Exupéry e nello stesso tempo leggeva Céline, attratto dal miracolo e dall’orrore, dalla magia nel cuore della tenebra. Ora Roberto Carnero entra, con Lo scrittore giovane. Pier Vittorio Tondelli e la nuova narrativa italiana (Bompiani), nelle viscere dell’opera di Tondelli. Lo fa senza ping pong critici. Tondelli esalta la penna dei chiosatori, tra i più bravi va citato Antonio Spadaro, direttore de «La Civiltà Cattolica» e braccio armato per la comunicazione di papa Francesco, andando al sodo (cioè, rileggendo l’opera di PVT, libro per libro) e spiegandoci chiaramente la centralità di Pier Vittorio Tondelli.
«La prima caratteristica di Tondelli è quella di essere e di apparire subito come uno scrittore moderno, anzi contemporaneo», scrive Carnero. Proprio così. Ma… l’essere un «contemporaneo» negli anni Ottanta lo rivela un po’ scaduto e a tratti kitsch oggi. Se Altri libertini mantiene ancora una forza narrativa, tellurica per quanto vintage, Pao Pao, Rimini, Camere separate si leggono come si guarda con nostalgia un treno che si perde all’orizzonte, sono torsi di un passato perduto.
Va rivalutato, invece, il Tondelli più intimo e lunare, quello di Biglietti agli amici. Gemello capovolto di Pier Paolo Pasolini: quanto PVT è accogliente, tanto PPP è esclusivo. Tondelli non ha «cannibalizzato» i suoi adepti come ha fatto Pasolini, ma ha avviato, con la mitica impresa editoriale Under 25, un allevamento in batteria di «tondellini». «In un certo senso questo progetto si situa tra un’ipotesi di sociologia culturale e un’indagine letteraria», scriveva lui. Badate ai termini. «Indagine» e «sociologia». Mica letteratura. Esito: Tondelli ha fondato il «giovanilismo» come categoria editoriale propria. Da allora, è una baby gang di giovanotti creati in batteria, tutti elencati con dovizia da Carnero. Da Silvia Ballestra, da Enrico Brizzi a Melissa P. fino agli ultimi Frankenstein editoriali, Silvia Avallone, Paolo Giordano, Alessandro D’Avenia, non è che, ad esser buoni, siano venuti fuori, chessò, dei Goffredo Parise che fu, con Il ragazzo morto e le comete, pubblicato a 21 anni, autore di feroce precocità e di precoce grandezza.
In fondo, Tondelli ha influenzato un «clima» più che uno stile, rivive nelle patetiche canzoni del primo Ligabue più che negli scritti dei suoi adepti, che di solito lo hanno travisato, abusandone. Se va bene, con un po’ di fatica rileggere Tondelli, lasciamo perdere la falange dei «tondelliani» e dei «tondellini», inutili orpelli di una letteratura screditata.