Sulla testata giornalista online www.agenziafuoritutto.com del 19 luglio 2016, Grazia Lago ricostruisce in sintesi l’amicizia tra Oriana Fallaci e Pasolini, un legame troncato dalla tragica morte del poeta. Allora, scrisse la Fallaci, si spense «una luce».
Fallaci: da una lettera a un bambino mai nato all’uccisione di Pasolini
di Grazia Lago
www.agenziafuoritutto.com – 19 luglio 2016
Negli anni Settanta il direttore dell’”Europeo” Tommaso Giglio, che aveva commissionato a Oriana Fallaci un’inchiesta sull’aborto, per quindici giorni non le rivolse la parola: Oriana infatti al posto dell’inchiesta partorì l’autobiografico Lettera a un bambino mai nato, due milioni di copie in Italia e altri due milioni e mezzo nel resto del mondo, con 22 edizioni estere. E’ un monologo drammatico effettuato da una donna contemporanea che vive la maternità come atto responsabile. Le domande fondamentali che la donna si pone, fin dal concepimento, riguardano l’accettazione della nascita da parte del bambino in un mondo ostile, violento e disonesto.
Stanotte (è l’incipit del romanzo) ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d’un tratto, in quel buio, s’è acceso un lampo di certezza: sì, c’eri. Esistevi. […] Mi si è fermato il cuore.
La Fallaci ha saputo cogliere – scrisse Carlo Bo- «un tema vitale, lo ha assunto come mezzo di trasmissione della sua anima ferita e alla fine l’ha cantato con dolore». Al contrario il libro fu odiato dall’amico Pier Paolo Pasolini perché gli rimosse il dramma dell’omosessualità.
Nonostante il successo di vendita, l’Oriana non si sentì capita.
Nel 1975 scrive così a Pier Paolo : «le donne s’indignano da una parte, gli uomini s’arrabbiano dall’altra, gli abortisti mi maledicono perché concludono che sono contro l’aborto, gli antiabortisti m’insultano perché concludono che sono per l’aborto. E nessuno o quasi s’accorge di cosa vuol dire il libro veramente.
Non considero affatto il mio libro un libro sull’aborto. Preferirei dire il dilemma di nascere o non nascere. Preferirei parlare del fatto che è la donna a pagare il conto nel dare la vita».
Nel 1975, stesso anno di pubblicazione di Lettera a un bambino mai nato, la notte tra l’ 1 e il 2 novembre Pier Paolo Pasolini fu ucciso in maniera brutale, percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Dell’omicidio fu incolpato Pino Pelosi,17 anni. Già noto alla polizia come ladro di auto e ragazzo di vita, fu fermato la notte stessa alla guida dell’auto di Pasolini.
Da subito e per prima Oriana non accettò la versione ufficiale dell’omicidio e pubblicò su “L’Europeo” una contro-inchiesta in cui sosteneva che gli assassini fossero più persone. Dopo la sua morte “L’Europeo” (14 novembre 1975) pubblicò una lettera della Fallaci a Pier Paolo:
Da qualche parte devo avere la lettera che mi scrivesti un mese fa, quella lettera crudele, spietata dove mi picchiavi con la stessa violenza con cui ti hanno ammazzato […] mi chiedo se un giorno la ritroverò. Spero di no. Vederla di nuovo mi farebbe male quanto me ne fece quando la lessi. Ecco più o meno le tue parole: «Ho ricevuto il tuo ultimo libro. Ti odio per averlo scritto. Non sono andato oltre la seconda pagina. Non voglio sapere cosa c’è dentro la pancia d’una donna, mi disgusta la maternità. Perdonami ma quel disgusto me lo porto dentro fin da bambino, quando avevo tre anni mi sembra, o forse erano sei, e udii mia madre sussurrare che …».
Non ti risposi. Cosa si risponde a un uomo che piange la sua disperazione di trovarsi uomo, il suo dolore d’essere nato da un ventre di donna?[…]. Ventiquattr’ore prima che ti sbranassero venni a Roma con Panagulis. Ci venni decisa a vederti, risponderti a voce su ciò che mi avevi scritto […] Per domenica avevamo dato appuntamento a Giancarlo Pajetta e Miriam Mafai in piazza Navona: prendiamo un aperitivo e poi andiamo a mangiare. Ti telefonammo più volte ma s’inseriva sempre una voce che scandiva: attenzione a causa del sabotaggio il numero non funziona. A piazza Navona andammo senza di te. Era una bella giornata piena di sole. Seduti al bar Tre scalini ci mettemmo a parlare di Francisco Franco che non muore mai e io pensavo: mi sarebbe piaciuto sentir Pier Paolo parlare di Franco che non muore mai. Poi s’avvicinò un ragazzo che vendeva “l’Unità” e disse a Pajetta: «Hanno ammazzato Pasolini». Lo disse sorridendo quasi annunciasse la sconfitta d’una squadra di calcio. Pajetta non capì. «Chi hanno ammazzato?». E io, assurdamente: «Pasolini chi?». E Panagulis disse: «Non è vero». E Miriam Mafai disse: «E’ uno scherzo». Però allo stesso tempo s’alzò e andò a telefonare per chiedere se fosse uno scherzo. Tornò quasi subito col viso pallido. «E’ vero, l’hanno ammazzato davvero».
In mezzo alla piazza un giullare coi pantaloni verdi suonava un piffero lungo. Suonando ballava alzando in modo grottesco le gambe fasciate di pantaloni verdi e cantava: «L’amore è morto, virgola, l’amore è morto, punto. Così io ti piango, virgola, così io ti piango, punto».
Non andammo a mangiare. Pajetta e la Mafai s’allontanarono con la testa china, io e Panagulis ci mettemmo a camminare senza sapere dove […]. Nella televisione d’un bar apparvero i due popolani che avevano scoperto il tuo corpo. Dissero che da lontano non sembravi nemmeno un corpo tanto eri massacrato. Sembravi un mucchio d’immondizia e solo dopo che t’ebbero guardato da vicino s’accorsero che non eri immondizia, eri un uomo. Mi maltratterai ancora se dico che non eri un uomo, eri una luce, e una luce s’è spenta?