L’eterno presente di Pasolini. Una riflessione di  Riccardo Antoniani

In un recente intervento, lo studioso e docente Riccardo Antoniani si interroga sulla permanente attualità di Pasolini, che continua ad essere oggetto vistoso di interesse e studio, in Italia come  all’estero dove le sue opere sono mediate da costanti iniziative di traduzione. Capofila di questo fenomeno è soprattutto la Francia, dove Pasolini è autore di culto, mentre intanto in Italia pare in dirittura di arrivo la auspicata commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del poeta e sugli oscuri retroscena che l’hanno decisa.

Pier Paolo Pasolini e il lutto impossibile
di Riccardo Antoniani

www.huffingtonpost.it – 8 novembre 2016

Negli ormai 41 anni dalla notte all’Idroscalo in cui a Pasolini si prese la vita, il corpo insepolto del poeta è stato più volte oggetto di contenziosi e omaggi «spesso discutibili e inutili, finendo così col ricevere – come scrisse Guido Santato, direttore dei prestigiosi “Studi pasoliniani – più atti d’amore, non sempre disinteressati, che seri contributi allo studio della sua opera e della sua vita».
Suona ancora attuale quanto 20 anni fa scrisse Enzo Golino: «Sul vuoto che ha lasciato permane la difficoltà di cancellarne l’ombra, e più si tenta di cancellarla più essa si proietta nella realtà che stiamo vivendo. Una continua altalena fra uccisione perpetua e richiamo in vita sulla spinta di pulsioni quasi medianiche, tanto la sua voce postuma s’impone. E s’interroghi onestamente chi crede che tutto ciò sia soltanto l’insulso spaccio di una memoria contesa».
Così come le circostanze tutt’oggi non chiarite dell’omicidio fan sì che in seno alla società italiana per la morte di Pasolini non si sia ancora giunti «a quel punto terminale in cui si può considerare estinta l’elaborazione del lutto», una suggestiva aderenza tra opera e vita è all’origine di un’inesauribile esigenza di rivisitarne la produzione e riattualizzarne il pensiero.
Negli Stati Uniti dove, a eccezione dell’antologia In Danger della ferlinghettiana City Lights, l’intellettuale corsaro è soprattutto conosciuto per i suoi film, l’University of Chicago Press ha da poco pubblicato The selected Poetry of Pier Paolo Pasolini tradotta da Stephen Sartarelli e s’appresta a dare alle stampe Pasolini Requiem: Second Edition di Barth David Schwartz che, a distanza di 15 anni, torna sulla sua monumentale biografia arricchendola di una lunga postfazione incentrata sulle recenti risultanze giudiziarie e il mancato exploit di Marcello Dell’Utri su l’Appunto 21 di Petrolio.

"PPP Ultimo inventario prima di liquidazione" di ricci/forte. Foto di Piero Tauro
“PPP Ultimo inventario prima di liquidazione” di ricci/forte. Foto di Piero Tauro

In Italia, con PPP ultimo inventario prima di liquidazione Ricci/Forte, i nostri enfants terribles di casa nei teatri di mezz’Europa, restituiscono sulle scene «il bisogno d’etica che Pasolini denunciava» a partire dalla programmatica frammentarietà che ne caratterizzò l’estrema narrativa. «Scavando nel nostro deposito emozionale – spiega Gianni Forte – abbiamo esplicitato l’ombra che Pasolini ha proiettato sulla nostra drammaturgia fin da Troia’s discount. Questo inventario è un conteggio delle macerie, una resa dei conti con una pasoliniana consapevolezza del fallimento dell’esser artista oggi e insieme un omaggio alla forza evocatrice della sua scrittura, del suo stupore poetico come possibile via di fuga e salvezza, quale antidoto a quanto di più umiliante ha comportato per la nostra generazione quel progresso senza sviluppo che lui accusava».
In corso di stampa per Marsilio, Pasolini, Foucault e il “politico” è il volume a cura di Raoul Kirchmayr che raccoglie – tra gli altri – i contributi di Marco A. Bazzocchi, Furio Colombo, Angela Felice e Gianfranco Pasquino, ponendo «l’interrogazione sugli effetti di significato che la sperimentazione poetica in Pasolini e i percorsi genealogici in Foucault hanno prodotto circa il termine politico, mostrando le linee di uno strano dialogo, avvenuto a distanza, che i testi dell’uno e dell’altro hanno intrattenuto in un’epoca di transizione, la loro, che continua a essere ancora la nostra». Su un altro incrocio si imperniano i sedici studi di Pasolini e Volponi editi da Mucchi in cui Santato ritorna sul dialogo tra i due maggiori romanzieri del nostro Novecento, mentre Silvia De Laude – curatrice insieme a Walter Siti dei “Meridiani” pasoliniani – uscirà a giorni per i tipi della risorta Libreria Utopia di Milano con La rondine di Pasolini, prezioso saggio sulla creaturalità, con una prefazione di Alessandro Zaccuri.
In Francia Jean Paul Manganaro, roi des traducteurs dall’italiano al francese (e viceversa), sta terminando una nuova traduzione di Une vie violente, dopo aver restituito ai lettori d’Oltralpe la ricchezza incandescente de Les Ragazzi lo scorso marzo e La nébuleuse. E se Actes Sud pubblica il catalogo Dans la lumière déchirante de la mer che ripercorre il “compagnonnage” lungo tre decadi tra Ernest Pignon e le sue icone pasoliniane, Mimesis esce nei prossimi giorni con Porno-Teo-Kolossal integralmente tradotto per la prima volta da Davide Luglio che nell’introduzione evidenzia per l’ultimo Pasolini – per Sciascia «stretto tra delusioni storiche nuove e tentazioni metafisiche vecchie»- un inedito orizzonte fondato sulla «volontà del poeta di insegnare, come un nuovo Socrate, a reperire le risorse d’una vita radicalmente altra, che si potrebbe dire paressiastica».

"Frocio e basta" di Benedetti e Giovannetti. Copertina seconda edizione
“Frocio e basta” di Benedetti e Giovannetti. Copertina seconda edizione

Di Luglio e Laurent Lombard la traduzione per Mimesis di Frocio e basta di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti che a partire dalla centralità di Eugenio Cefis nella trama di Petrolio, così come in quelle d’altri eventi traumatici del nostro recente passato, evocano il ruolo del manager ENI nella morte del regista, in una nuova edizione arricchita dai tre discorsi cefisiani in possesso di Pasolini e che per volontà dell’autore dovevano essere acclusi al romanzo incompiuto. Il rinnovato interesse nel mondo francofono per l’omicidio del regista e i suoi eccellenti mandanti è provato dal successo di critica e pubblico ai festival di Gent e Annecy de La macchinazione di David Grieco, che sulle note dei Pink Floyd sapientemente rilegge alla luce delle recenti inchieste la licenza d’uccidere il poeta, dalla longa manus del Clausewitz della chimica alla manovalanza di  «quell’incontrastata agenzia del crimine» che fu – ha scritto Aldo Colonna – la Banda della Magliana.
Le indagini di Piazzale Clodio su Mafia capitale e il reportage de “l’Espresso” sul furto mirato al caveau della Banca di Roma di documenti riservati di giudici, PM e diversi avvocati – tra cui Guido Calvi e Nino Marazzita, legali di Parte civile al processo di primo grado sull’omicidio Pasolini – sullo sfondo del quale si staglia l’ombra di Giulio Andreotti, potrebbero confermare la correità della malavita romana nella notte all’Idroscalo.
Su questi nuovi elementi punta anche Paolo Bolognesi, deputato indipendente del PD, Presidente dell’Associazione 2 Agosto 1980 e primo firmatario della legge per istituire la Commissione monocamerale Pasolini, extrema ratio per stabilire «dei punti fermi, una verità politica e storica». Bolognesi si dice assai ottimista sulla sua prossima istituzione che avrebbe una durata iniziale di un anno e che metterebbe in relazione il delitto Pasolini con l’omicidio Mattei e De Mauro fino a stabilire il ruolo che, almeno fino al 1977, Cefis ebbe nell’oltranzismo atlantico.
Meno fiducioso sull’esito di tale Commissione è Marazzita, al centro d’una nuova polemica pasoliniana a seguito d’una recente intervista rilanciata da “Dagospia” in cui affermava che «la procura di Roma temeva che nell’omicidio potesse essere coinvolta in qualche modo la politica» e che l’avv. Mangia «ricevette 50 milioni dalla Dc per diventare il legale» del diciassettenne omicida.
All’accusa di rivelare solo oggi questi retroscena, l’avvocato di Palmi ribatte: «La sentenza del Tribunale dei Minori presieduto da Carlo Alfredo Moro dava per certa la presenza d’ignoti. La Procura Generale l’impugnò il giorno dopo che venne depositata senza leggerla. La paura era che potesse essere un delitto politico: la Procura di allora era nota per non volersi mettere contro i fascisti, i comunisti ma soprattutto la Dc. Quanto all’avv. Mangia, l’episodio va sdrammatizzato. Durante il processo soleva stare in sala stampa e una volta gli sentii dire: “D’altronde io sono pagato dalla DC, mi ha dato 50 milioni”. Non fu una dichiarazione ufficiale ma forse qualche cronista dell’epoca la riportò. Tentai di sapere come e da chi ma non me lo volle dire. I famigliari e gli amici di Pasolini erano convinti che vi fosse una superdirezione politica affidata alla Dc e il “se l’è cercata” di Andreotti all’indomani dell’omicidio faceva ben intendere l’indirizzo che si voleva dare all’inchiesta. La Dc interveniva nei processi politici. A me offrirono una cifra simile quando difesi Francesco Pazienza a New York: fui contattato da qualcuno della Direzione centrale che voleva pagarmi i voli, una suite all’Hotel Pierre ed altre spese perché volevano notizie fresche, seguire da vicino l’inchiesta. Ovviamente declinai». Marazzita precisa poi che «nessuna delle nostre tre cassette alla Banca d’Italia venne truffata nel 1999» e quanto alla responsabilità di Cefis nell’omicidio Pasolini dice: «è l’unica ipotesi per me attendibile, sebbene molto difficile da dimostrare».

"Petrolio" di Pier Paolo Pasolini. Copertina
“Petrolio” di Pier Paolo Pasolini. Copertina

Se sono acclarate le fonti di Pasolini all’Eni quando scriveva Petrolio, poco si sa dei suoi incontri con Andreotti: sebbene pubblicamente negati – «perché era omosessuale e questo allora dava scandalo» – in un documento del ’93, ricordando il violento scambio con intellettuale sul quotidiano di Via Solferino, il Presidente annotava: «All’incontro che avemmo qualche mese dopo sembrò contento che io non me la fossi personalmente presa a male per le sue censure. E ci ripromettemmo di instaurare un confronto non forzatamente pubblico come era stato lo scambio del Corriere». Avvenuto tra la primavera e l’estate del 1975, lo scambio tra il Divo – sodale di Sindona ed anticefisiano – e il Corsaro fu forse funzionale alle sue pagine più politiche? Fu allora che Pasolini ricevette, come scrisse Dario Bellezza, «dei documenti compromettenti su un notabile Dc»? Per ora solo altri elementi di una vasta cartografia del potere che la Commissione promossa da Bolognesi s’appresta a compilare.

[info_box title=”Riccardo Antoniani” image=”” animate=””]ricercatore all’Università di Padova e all’Université Paris-Sorbonne, presso il cui Dipartimento di Italianistica attualmente insegna, studioso di letteratura, arte e cinema, è autore di una raccolta poetica e di un saggio sull’ultimo Pasolini di prossima pubblicazione in Francia. Collabora con “Il Sole 24ore” e  “Satisfiction. Nel volume Pasolini, Foucault e il “politico” (a cura di Raoul Kirchmayr), di prossima uscita per Marsilio-Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa, è autore del saggio L’insostenibile improduttività per una lettura biopolitico-resistenziale dell’ultimo Pasolini.[/info_box]