Recenti, terribili fatti di cronaca hanno portato all’evidenza il fenomeno della pornografia in rete, in cui moltissimi video mostrano donne trattate peggio degli oggetti: soffocate, martoriate o vendute come schiave. Con allarme esente dal moralismo, il regista David Grieco e la giovane scrittrice Irene Gianeselli si interrogano su queste nuove frontiere virtuali della mercificazione sessuale che riguarda problematiche di natura non solo umana ed esistenziale, ma squisitamente culturale, pedagogica e politica. Sullo sfondo, inevitabilmente, il pensiero di Pasolini, che fu demistificatore del perbenismo ipocrita degli italiani, ma fu anche analista critico della società permissiva dei consumi, anche sessuali, e del potere devastante della televisione. Si legga al riguardo l’articolo dal titolo Troppa libertà sessuale e si arriva al terrorismo, uscito su “Tempo” del 16 luglio 1972 [oggi in Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, “Meridiani” Mondadori, Milano, 1999, pp. 237-241]. (af)
La pornografia non fa male ma ci ucciderà
di David Grieco
www.globalist.it – 4 agosto 2017
È in corso un dibattito estivo che ha per argomento la pornografia. La pornografia che dilaga in rete. La pornografia che si può vedere e gustare ovunque, anche seduti in aereo accanto a una ragazza minorenne, come ha fatto giorni fa un attempato passeggero nella speranza di circuire la sua occasionale compagna di viaggio.
Gli esperti sentenziano che la pornografia non fa male alla salute. Quali esperti? Illustri professori, medici, forse veterinari. Forse tutti questi esperti non hanno mai guardato i milioni di video porno che circolano su Internet e che hanno per protagoniste milioni di donne giovanissime, giovani e persino anziane che vengono strapazzate, soffocate, trapanate, martoriate, sbattute a destra e a manca da gruppo di uomini che le trattano neppure come oggetti, ma piuttosto come strofinacci per lavare il pavimento.
Queste donne spesso sembrano vittime di stupri inimmaginabili. Ma ancora più spesso sembrano provare piacere ad essere trattate in questo modo. Non ho idea se ricevano un compenso, non ho idea se lo facciano per noia, non ne ho proprio idea. Qualcuno dovrebbe indagare. A me, confesso, manca il coraggio di farlo. Come giornalista, rischiare la vita per indagare su qualunque ingiustizia mi pare necessario, ma davanti a un simile orrore non mi vergogno a dire che questo è troppo anche per me. Perché non si tratta di bestialità. Non ho mai visto nessuna specie animale praticare il sesso in questa maniera.
Quando penso che bambini e bambine di 7, 8, 10 anni possono facilmente accedere a queste immagini, mi chiedo cosa ne sarà poi delle loro prime, reali, esperienze sessuali e della loro vita in generale. Credo che vi sia un nesso fin troppo diretto tra questa pornografia e il moltiplicarsi di stupri e femminicidi. Ma non sono un medico. Sono soltanto un giornalista, uno scrittore, un regista. E non potrei mai trovarmi dietro la macchina da presa a filmare ciò che vedo in questi milioni di video porno.
Come giornalista, so e posso dimostrare che la pornografia in rete ha avuto un ruolo non indifferente nella degenerazione della cosiddetta Primavera Araba, quando il web si spalancò di colpo iper più di un miliardo di cittadini islamici.
Come essere umano ateo, ritengo che il lavaggio del cervello praticato attraverso le nuove tecnologie può esserci fatale.
Come individuo di una certa età, ricordo i nostri rapporti spontaneamente paritari tra uomini e donne negli anni Sessanta e Settanta. Anche allora si consumavano e si subivano tradimenti e adulteri. Anche allora si provava dolore. Si parlava, si litigava, ma qualunque forma di violenza era bandita perché non si riusciva nemmeno a concepirne il pensiero.
Mi sono battuto per tutta la vita contro la censura e non la invocherò certo adesso. L’unico rimedio, a mio avviso, è la cultura. Ma dove è finita la cultura in questo post consumismo ancor più barbaro del consumismo dove si consuma ormai solo carne umana?
Una simile deriva non era riuscito ad immaginarla neppure Pier Paolo Pasolini.
La pornografia online e il perbenismo marcio
di Irene Gianeselli
www.globalist.it – 4 agosto 2017
L’Italia senza amore, senza comizi. Quando Pasolini girò da nord a sud Comizi d’amore intervistando gli italiani sulla sessualità e l’erotismo, la dimensione fisica coincideva con quella materica e spirituale, umana. Era il 1965 e Pasolini incontrava delle persone che si fermavano, si staccavano dalla loro quotidianità per discutere con lui. Un intellettuale riusciva a mostrare con estrema purezza tutte le contraddizioni, la misoginia (sostenuta anche dalle stesse donne) e la menzogna della parità sessuale tra uomini e donne, e ribadiva che il corpo e la sua mercificazione sono una questione politica e culturale. In quelle risposte, date anche con il sorriso, si nascondeva un radicale e tradizionale conformismo, era un mondo di scandalizzati, ma questi scandalizzati venivano smascherati con grazia.
Questo Paese nel 2017 non può più fare comizi né sa più cosa significhi discutere sull’amore e temo non sia un problema solo italiano. Oggi non si incontrano le persone, si incontrano gli schermi dei tablet, degli smartphone, dei pc. Pasolini intervistava anche i giovani, ma oggi tra i giovani di sessualità non si parla se non con il solito cameratismo. Temo che anche tra gli adulti spesso si tratti di una pratica da sbrigare in solitudine davanti ad uno schermo. Perfino i bambini possono accedere alla pornografia online.
Perché non si parla di sessualità ma la si propone distorta a chi si affaccia alla vita? C’è un profondo baratro tra l’individuo che deve amare e l’immagine a cui l’individuo deve adattarsi per essere accettato dagli altri. Chiusi nelle scatole elettromagnetiche scegliamo di adattare la nostra vita alla virtualità anche nella nostra intimità. Dubito che i miei figli e i figli dei miei coetanei potranno avere fantasie erotiche autonome, senza cioè lo stimolo di un video o di un robot preimpostato, a meno che, certo, non saprò essere una buona madre e non li proteggerò da questo cancro che anestetizza l’anima: spiare e non incontrare gli altri.
C’è un perbenismo marcio che si copre il volto, le orecchie e chiude la bocca quando si tratta di spiegare ad un bambino come è possibile che due persone si amino al punto da unirsi fisicamente e mettere al mondo un figlio o quando bisogna spiegargli cosa significa che una donna è stata stuprata o sfregiata dall’acido, ma quello stesso perbenismo marcio si permette di alludere, ammiccare, proporre l’immagine di un corpo che viene mercificato e abusato e di rendere questa violenza accessibile e peggio, praticabile. Quante volte sentiamo dire dagli adulti che quando il branco si sfoga sul corpo di una adolescente lo fa per divertisti, una bravata innocente? Quante volte gli adulti minimizzano sui figli che si impasticcano per sballarsi nella mischia dei corpi delle serate in discoteca invece di proteggerli e discutere con loro? Quante volte gli adulti violentano e i bambini guardano o subiscono?
La pornografia online è forse una delle tante piaghe che suppurano nelle menti dei giovani: c’è la pornografia dei sentimenti in televisione, la pornografia dei giornali e pare un controsenso ma esiste anche una pornografia libresca e del resto è pornografico a volte anche l’uso che si fa dei social. Potrebbe sembrare che io esageri, ma c’è una pornografia anche per la strada. Però i giornali, un libro, la strada possono essere messi in discussione. La televisione, un social e un canale di video no. «Perché lo fanno tutti, lo usano tutti, si sa». Nessuno ne parla, ma è così e la discussione non sussiste.
Sappiamo che il sesso è la migliore forma di propaganda e di marketing, forse non ci ricordiamo che i giovani sono votati ad essere le cavie migliori per scoprire fino a che punto si può mercificare il corpo e che cosa si può ottenere da questo lavoro di bassa macelleria. Ma la propaganda e il marketing non sono mestiere di ragazzini e ancora una volta torno a chiedere: dove sono gli adulti e perché fanno determinate scelte?
Se non esiste più un intellettuale che possa andare per l’Italia a smascherare i benpensanti scandalizzati, forse un genitore dovrebbe mettersi in discussione e cominciare a fare un comizio d’amore al proprio figlio invece di abbandonarlo da solo davanti ad uno schermo dove un altro adulto ha postato il video di uno stupro ammiccante. Perché l’amore è prima di tutto coscienza dell’amore.
[info_box title=”Irene Gianeselli ” image=”” animate=””]è critico cinematografico e frequenta Lettere – Cultura Teatrale all’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. Ha scritto Lo spazio intorno (Stilo Editrice, 2015), nel 2017 è per la terza volta semifinalista del Premio Campiello Giovani con il racconto dedicato a Pier Paolo Pasolini. Ha fondato l’Associazione Culturale “Felici Molti” ispirata a Il mondo salvato dai ragazzini di Elsa Morante per diffondere arte e cultura.[/info_box]